Letizia Gaeta, docente di storia dell’arte moderna presso l’Università del Salento, ha inviato la sua recensione per la mostra d’arte “Racconto di un popolo di statue” di Pietro Guida nelle chiese rupestri di Madonn delle Virtù e San Nicola dei Graci nei Sassi di Matera.
A ripercorrere le cose scritte sui giornali e dette nelle numerose trasmissioni radiofoniche e televisive dedicate alla mostra su Pietro Guida ai Sassi di Matera si ha l’impressione che il successo di critica e di pubblico sia motivato da una sorta di agnizione individuale e collettiva ad un tempo. Il riconoscimento del valore e della qualità artistica di uno scultore che ha attraversato quasi per intero il “secolo breve”, appare all’improvviso un fatto tangibile, un’operazione di scavo archeologico che nello svelare le coordinate di arte e vita di un uomo di 96 anni ci pone di fronte alla sua copiosa produzione fatta di statue a grandezza naturale, piccoli e grandi bassorilievi che fino al 7 gennaio potranno essere esperiti nella mostra allestita nel complesso rupestre di Madonna delle Virtù e di San Nicola dei Greci a cura di Tommaso Strinati. L’esposizione rientra nello storico progetto delle “Grandi Mostre nei Sassi” portato avanti dal circolo “La Scaletta” e in particolar modo dal suo presidente Ivan Focaccia al quale va anche il merito di aver saputo stabilire con Pietro Guida una singolare intesa umana e culturale. Al di là delle informazioni sul percorso dell’artista che il visitatore può recuperare nell’elegante e maneggevole catalogo, agile ausilio durante la visita alla mostra, la storia di questo maestro è tutta nella consistente letteratura critica che lo accompagna, a partire dagli esordi nell’Accademia di belle arti di Napoli negli anni quaranta del ‘900. Di ciò dà conto l’intervento di Raffaele Nigro che rievoca le atmosfere dei vecchi compagni d’armi di Pietro Guida nell’immediato dopoguerra; ritesse la trama delle amicizie con artisti e scrittori: da Gino Montesanto a Michele Prisco e ricorda le mostre personali e collettive con nomi altisonanti, restituendoci così il profilo di un grande maestro mai dimenticato. Eppure in occasione dell’attuale mostra non sono mancate le voci, rare in verità, di chi ha registrato proprio con la mostra di Guida ai Sassi l’interruzione di una gloriosa tradizione di esposizioni di arte contemporanea. In effetti, la scultura contemporanea oggi è altro, come non ha mancato di sottolineare Strinati, e a ragione, in più circostanze (soprattutto nelle interviste). E dunque quelle Leda, quei Prometeo, quegli Orfeo ed Euridice; quelle donne che ballano e guardano e suonano e fumano di Guida esposti ai Sassi a quale tempo appartengono? Sotto quale etichetta vanno fatti convergere? Sono il risultato di un’ostinazione operativa o c’è una tensione creativa, una ricerca formale in corso? Sono fuori o dentro la postmodernità liquida o gassosa che sia? Una prima risposta che circoscrive i quesiti posti è recuperabile nella considerazione del giovane Strinati quando afferma che le opere di Guida starebbero bene nei luoghi dove è conservata la scultura storica. Nella Galleria di Arte Moderna, ad esempio dove “riposano” in pace Martini, Marini e tanti altri che costituiscono un anello di congiunzione imprescindibile per il nostro Guida. Eppure Guida non ci sta. Il vecchio maestro, saggio, colto e in invidiabile stato di salute (da napoletano farà gesti scaramantici) come talvolta viene descritto, è in realtà un uomo dalla pronunciata irrequietudine (non inquietudine, si badi). Questa condizione dello spirito include teoria e prassi del fare arte che mette al centro “il giusto criterio di realizzare le cose”. Sicché lo scultore nel rivendicare l’importanza del momento realizzativo, non cela l’insofferenza per l’arte furba che costruisce consensi entro i circuiti del mercato e spesso dei vuoti ammiccamenti della critica. È una posizione pugnacemente legittima che in parte condividiamo perché sostenuta da una disciplina intellettuale che onora il lavoro dell’uomo e dispiega un pensiero retrospettivo sull’arte trascorsa e su quella in transito. Lo ha ben espresso lui stesso in una sorta di involontaria lectio improvvisata durante l’inaugurazione della mostra che gli abbiamo dedicato nel rettorato dell’università del Salento a luglio del 2014. Furono quaranta minuti di notevole comunicazione dinanzi ad una folla di persone che, accorsa a vedere le Salomè esposte per l’occasione, si ritrovò nel bel mezzo di una lezione di storia delle arti e della critica ( parte di quella folla rimpianse Guida qualche mese dopo quando invitammo Michelangelo Pistoletto il quale circonfuse di sé l’uditorio che tuttavia non sembrò del tutto disposto ad annuire compiaciuto agli equilibrismi concettuali del celebrato artista. Per inciso, ad essi Guida sembra contrapporre la scultura l’Equilibrista che a Matera è stata ubicata in posizione spettacolare (a p.41 del catalogo). Le statue a Matera sono collocate negli antri e negli anfratti; giocano con l’ombra e la luce in un connubio arte e natura che bandisce ogni infingimento. Perché è il senso di appartenenza al luogo che suggestiona e avvolge lo spettatore. Sentirsi parte di un trascorrente presente umanizzato e profondamente colto. Bonito Oliva, nel recensire la mostra di Kapoor al Macro di Roma, ha scritto con consueta efficacia linguistica che la scultura è un genere che “vuole essere perdonato” perché occupa e invade lo spazio. Nel caso di Guida nei Sassi di Matera diremmo che le sculture non invadono e non occupano lo spazio, sembrano cresciute assieme e questo il visitatore lo avverte con emozione. In fondo l’arte contemporanea non deve essere sempre e solo provocazione; “inciampo”. Se la “forma” dei ricordi, del mito nelle sue declinazioni letterarie prende il sopravvento, restituendoci finanche gli affondi nell’arte dei maestri di un passato lontanissimo, lo spettatore si dispone ad imparare volentieri (prassi da non disdegnare). L’inaspettato successo di pubblico ha indotto gli organizzatori a prorogare la mostra fino al 7 gennaio e ad allestire nella sede de “La Scaletta”, anche una mostra di disegni dello scultore. Pertanto, il viaggiatore che sceglierà Matera come meta di Capodanno (è quanto consiglia la guida Lonely Planet) oltre a vedere il popolo di statue, potrà soffermarsi su un’inedita formella raffigurante la Natività che Guida ha realizzato circa un mese fa su richiesta di Ivan Focaccia (nessuno prima di lui era riuscito ad ottenere dallo scultore un “presepe”!). A “scoprire” l’artista negli ultimi tempi sono stati anche alcuni ottimi giornalisti come Carlo Vulpio, vero indagatore di luoghi della penisola italiana non necessariamente alla moda, che hanno riconfermato il respiro ampio e nazionale dell’arte di Guida, mai in verità obliato. Chi per mestiere ha il vizio della storia, non può non rammentare che lo scultore è stato celebrato in una grande mostra presso il Monastero degli Olivetani sede dell’università del Salento per il settore di Beni Culturali nel 2008 a cura di Massimo Guastella, responsabile scientifico anche del catalogo. La coscienza storiografica impone, inoltre, di ricordare che lo spirito di quella ricerca permise la realizzazione a Napoli, a cura di Francesco Abbate, nella sede di Castel dell’Ovo, nel 2012,di un’altra esposizione di Guida che ritornava con un carico di opere mature nella sua città di formazione umana ed artistica, quando ragazzino di belle speranze eseguiva nella Napoli rosselliniana di Paisà ritratti di soldati americani. Perché nella poetica dello scultore c’è l’intramontabile urgenza di imitare il dato di natura. La sequenza include anche la mostra nel rettorato dell’università di Lecce nei caldi mesi del 2014 durante i quali i commissari, che avrebbero dovuto decidere tra Matera e Lecce per il titolo di capitale della cultura 2019, si aggiravano per le stradine della bella ed effimera Lecce, votata ad un barocco perenne e vagante (escludiamo che venissero condotti a visitare nel chiostro del rettorato la mostra di Pietro). Le sculture esposte ai Sassi hanno un’ampia cronologia: vanno dagli anni quaranta del Novecento ai nostri giorni. La donna in rosso, languida e proterva, lancia boccate di fumo. La stilizzazione delle forme; l’essenzialità di un panneggio che piega una materia non gentile come il cemento, sono parte della ricerca di Guida che conosce la scultura antica e moderna e che negli ultimi tempi dimostra un insolito interesse per l’audacia del colore. Il 7 gennaio arriverà presto; prima che tutto svanisca, come il volto di Euridice nella suggestiva ambientazione dell’antro in cui si trova, direi che una mostra che ponga al centro l’uomo e il suo rapporto con il tempo e lo spazio possa a buon diritto essere considerata una imperdibile esperienza estetica, anche per chi invoca ai Sassi un ritorno alle sperimentazioni più ardite della scultura contemporanea.
Letizia Gaeta, docente di storia dell’arte moderna (Università del Salento)