Sabato 5 settembre 2020 alle ore 20 presso lo SpazioSculptureArt in via Via Madonna delle Virtù 81/83 è in programma l’inaugurazione della mostra d’arte “Gabbie – Istruzioni per l’uso” con le opere degli artisti Antonella Gandini – Armida Gandini – Franco Piavoli – Margherita Serra. La mostra resterà aperta fino al 30 settembre 2020, nei giorni di venerdì, sabato domenica dalle 18.00 alle 20.00 e su appuntamento. Per informazioni margherita.serra@libero.it
Questo periodo di parziale isolamento ci ha consentito di riflettere e mettere in luce le contraddizioni che tutti noi abbiamo di volta in volta vissuto. Dall’incontro e dallo scambio di esperienze ha preso corpo un progetto dal titolo GABBIE: istruzioni per l’uso, che trova il suo spazio di realizzazione nella galleria SpazioSculptureArt, sita nel centro storico della città di Matera.
Quattro personalità artistiche differenti per ambiti d’interesse, per età anagrafica, ma in sintonia nella ricerca degli aspetti più intimi dell’animo umano, propongono una interpretazione del luogo che si avvantaggerà di pratiche dell’arte diverse; fotografia, scultura, installazione e cinema saranno le cifre guida per lo spettatore che, in un ambiente immersivo di sicura suggestione, potrà godere di una doppia prospettiva di visita, interna ed esterna allo spazio.
Un insieme di esperienze dove non sarà definita una categoria d’indagine artistica, bensì uno scopo: interpretare l’intima essenza dello sguardo attraverso le sue modulazioni. L’insieme, pensato come opera “site specific”, suggerisce di utilizzare lo spazio come un involucro di percezioni sinestetiche. Dall’esperienza scultorea di Margherita Serra al cortometraggio di Franco Piavoli, attraverso le installazioni visive e sonore di Antonella Gandini e Armida Gandini, si analizza il tema della reclusione dell’individuo e della sua liberazione nelle distinte forme personali, introspettive, inconsce e collettive. Il progetto includerà la possibilità di vedere a ciclo continuo il cortometraggio Evasi del pluripremiato regista Franco Piavoli, drammatico e attuale documento della condizione umana.
ANTONELLA GANDINI
INGANNI, Fotografia/installazione, dimensione d’ambiente, 2020
Il rapporto tra pubblico e privato, è spesso caratterizzato dal conflitto e dalla sopraffazione. Si configura una “messa in scena”, intima essenza dello sguardo, disvelamento della condizione umana, che si espone alla distratta visione collettiva.
In questa proposta di Antonella Gandini, è indagato il concetto d’identità e di memoria. Indagine condotta sul genere ritrattistico, esplorazione psicologica che espone i volti di anonime figure alla “pubblica piazza”. Sono immagini per lo più femminili, a rimarcare come spesso le donne siano inconsapevoli protagoniste dell’esposizione del corpo e del volto, a una lettura che da intima e privata si fa pubblica. Il riferimento a una penalità rituale del passato, quando gli accusati e i colpevoli venivano esposti alla gogna, ritorna ancora oggi per l’esposizione mediatica cui siamo continuamente sottoposti a nostra insaputa dall’abuso d’immagini anonime. Come per un viaggio simbolico ma reale, per quanto riguarda l’origine – che in questo caso, è il rinvenimento di cliché d’epoca – il ritratto fotografico si fa garante, nella postura e nella scelta dei luoghi, delle aspettative sociali.
Queste immagini fermano uno sguardo sulla nostra condizione interiore che passa attraverso le vite di altri, persone sconosciute in atteggiamenti sospesi nel tempo.
Sono espressioni congelate che c’inducono a riflettere sulle paure e le attese, dove ci trattiene la “gabbia” delle consuetudini e degli stereotipi che condizionano lo sguardo.
ARMIDA GANDINI
GEOGRAFIE UMANE, sagome di tappeti ritagliati, dimensione d’ambiente, 2019
Il lavoro è costituito da un’installazione di sagome di tappeti distribuite sul pavimento che dialogano tra di loro: le opere ruotano attorno ad un progetto che ha a che fare con il concetto di confine. Molto si è parlato nel periodo appena trascorso di confinamento, di chiusure, di frontiere. Le sagome sono tratte da dettagli di opere d’arte o disegni di bambini profughi in campi di accoglienza. Hanno confini definiti e ben delineati, sono territori chiusi, ma la campitura che ritagliano è una zona fluida, vibrante, in movimento. Il fluire del pensiero nella materia transita nello spazio chiuso, ma se c’è movimento i confini sono porosi e non creano attrito. La gabbia obbligata dettata dalla pandemia ci ha costretti a osservare distanziamento sociale e a non superare la barriera delle pareti della nostra casa; ma lo scorrere della vita, pur adeguandosi al perimetro delle forme che delimitano i corpi, non si arresta e si nutre di speranze, di desideri, di visioni. I corpi dei viaggiatori ritagliati nei tappeti, metafora della casa e del vivere la quotidianità stanziale, indicano una possibilità oltre le rigide geografie che li limitano; c’è un tentativo di oltrepassare le forme chiuse, abbattere le frontiere, confluire una nel perimetro dell’altra in un’installazione corale.
FRANCO PIAVOLI
EVASI, 1964
Documentario – B/N – sonoro – durata 12.17 min
Una folla di tifosi durante una partita di calcio. Nessuno distoglie lo sguardo dal campo. Poi scoppia una rissa. «L’obiettivo è solo sul volto dei tifosi. Volevo far vedere le reazioni di questi uomini che durante la settimana sono oppressi dal lavoro, alienati, e vanno allo stadio per sfogare le energie imprigionate liberando il loro istinto di aggressività» (Franco Piavoli).
Il cortometraggio Evasi ribalta la prospettiva dello spettatore: chi osserva (il pubblico) è il vero protagonista, mentre quello che è il soggetto dello sguardo diventa, mediante la macchina da presa, il punto di vista dal quale si assiste alle azioni mostrate nel documentario.
MARGHERITA SERRA
Caveis secreto. Gabbie segrete, scultura \ installazione
Le installazioni di Margherita Serra rimandano alla condizione tutta femminile per la quale i confini, i limiti, le gabbie vengono costruite e distrutte o superate dalla mente. Queste gabbie sono antri dello spirito nei quali ci si addentra e dai quali si riemerge più forti e consapevoli. Cos’è un abito se non un involucro attraverso il quale comunichiamo la presenza di un corpo? L’abito, il corsetto, la gonna, nell’immaginario collettivo si presentano come elementi associati all’universo femminile, inducono a riflettere su una doppia motivazione del “coprirsi”: chiudere il corpo quindi nasconderlo ma anche vestirlo di nuovi significati.
Le sagome vuote in ferro, di numero variabile in base allo spazio, disposte in ordine a suggerire una silenziosa sfilata alla quale si può partecipare inserendosi nelle strutture che giocano con le trame di luce e d’ombra. Queste gabbie simboliche nelle quali il nostro corpo è intrappolato o protetto, rimandano dunque a significati contrastanti. Da un lato evidenziano l’assenza del corpo, e dall’altro richiamano la necessità di entrarvi, di vestire con inconsueti panni il proprio corpo: le gabbie infatti, prima strutture vuote e fredde, si arricchiscono di un corsetto in marmo o ceramica diventando concavità che sostengono una scultura vuota che ribadisce l’assenza straniante dell’abitante, del protagonista. Un contenitore nel quale lo spettatore è invogliato ad entrare ed uscire.
Gabbie su misura? gabbie mentali? Le stesse che quotidianamente siamo indotti a vestire? quelle della consuetudine, delle abitudini, delle opinioni condivise o quelle inconsce che “ci abitano”? con le nostre ossessioni, frustrazioni, o la gabbia d’oro aspirazione di molti a preservare la propria intimità oltre che la propria identità?
Antonella Gandini, Monzambano, Mantova, 1958 www.antonellagandini.it
Il percorso artistico di Antonella Gandini si è svolto all’insegna di una personale ricerca che l’ha portata a esplorare connessioni e strutture di linguaggio liminari tra pittura, fotografia e video arte. La sua personale al Florence Dance Art Center 1997 inaugura una stagione artistica orientata sempre più
alla contaminazione dei generi. “Presenze”, il suo primo video, vince il premio Round ’97, XVI Rassegna di film e video, Cineteca Comunale di Rimini, ed è segnalato come opera finalista al Concorso Nazionale Video Produzioni Indipendenti, Cagliari. Dopo aver utilizzato la pittura richiamandosi a certi procedimenti surrealisti e privilegiandone l’aspetto meditativo e orfico, Antonella Gandini approda alla fotografia utilizzando principalmente il metodo analogico, più vicino alle sue necessità di manipolazione secondaria dell’immagine in camera oscura. Nel 2009 presenta la personale “Lunanera” a Palazzo Te, Mantova. Si interessa ad argomenti di stretta attualità e partecipa a diverse iniziative finalizzate alla sensibilizzazione sulle problematiche di genere, fa parte dell’associazione Donne Fotografe Italiane. Il suo libro “Diario intimo”, ironico e mordace sguardo sulla relazione maschile – femminile, inserito nella collana “Memorie d’artista”, edizioni Peccolo, Livorno, verrà presentato in varie sedi fra cui Palazzo Re Enzo, Bologna, Librairie Lecointre-Drouet, Parigi e al Centro Ricerca Arte Italiana di Taranto. Nel 2019 partecipa alla mostra “Bookworks”, Studio Expurgamento, Londra e a Visuali italiane, Roonee Gallery Tokyo. Per l’aspetto metamorfico delle sue immagini e l’esplicita contaminazione dei linguaggi è invitata nel 2019 al 70°Premio Michetti, Attraversamenti fra arte e fotografia, Francavilla a Mare, Chieti.
Armida Gandini, Verolanuova, Brescia, 1968 www.armidagandini.it
Da sempre il lavoro di Gandini è trasversale e si sviluppa mediante linguaggi diversi come il disegno, la fotografia, l’installazione e il video. Indagare una tematica attraverso prospettive diverse è un modo congeniale per attuare una riflessione che diventa allestimento nello spazio. Rimane costante, fin dal progetto Il bosco delle fiabe (2000), il rapporto con la letteratura e con il cinema, che ha rappresentato nel tempo una suggestione importante e dialettica. Immagini tratte dalla storia dell’arte e, in generale, della cultura diventano il punto di partenza per una rivisitazione contemporanea che gioca sulla stratificazione dilatata nel tempo e nello spazio.
Le sue opere sono state presentate in gallerie private e istituzioni pubbliche come Pianissimo Contemporary Art (Milano), Fabio Paris artgallery (Brescia), 41 artecontemporanea (Torino), Galleria dell’Incisione (Brescia), l’Ozio (Amsterdam), Galerie KOMA (Mons), Galeria Mà Arte (Aveiro), Zentrum (Varese), Red Stamp Art Gallery (Amsterdam), UnimediaModern Contemporary Art (Genova), Art Center della Silpakorn University (Bangkok), Mart (Rovereto), Biennale di video fotografia (Brescia\Alessandria), Palazzo Ducale (Genova), Assab one (Milano), Collezione Paolo VI (Concesio, BS). Sono presenti in alcune collezioni private e pubbliche tra cui Skironio Museum Polychronopoulos (Atene), MAGA (Gallarate), Fondazione Boccaccio (Certaldo), Premio Combat (Livorno), MAC (Lissone), Musinf (Senigallia). I video di Gandini sono stati selezionati in vari Festival internazionali di videoarte anche in collaborazione con Visualcontainer (Milano). Ha vinto numerosi Premi tra cui il recente Premio Paolo VI per l’arte contemporanea, 2018.
Franco Piavoli, Pozzolengo, Mantova, 1933
https://zefirofilm.it/
Laureato in legge, esercita per alcuni anni la professione di avvocato.
Realizza il documentario Stagioni nel 1961; in seguito abbandona l’avvocatura per insegnare in un istituto tecnico e dedicarsi al lavoro di documentarista.
Dopo aver realizzato altri documentari (Domenica sera, Emigranti, Evasi), si mette in luce nel 1982 quando presenta Il pianeta azzurro, suo lungometraggio d’esordio, in concorso al Festival del cinema di Venezia. La realizzazione di quest’opera fu resa possibile grazie all’interessamento dell’amico Silvano Agosti il quale (come ci racconteranno in diverse interviste) un giorno del 1979 si presentò da Piavoli a Pozzolengo con una cinepresa ed un pacco di bobine dicendogli che era ora che realizzasse il suo primo lungometraggio. Per tutto l’anno a seguire Piavoli lavorò alle riprese di questo che Andrej Tarkovskij definirà un capolavoro, in assoluta solitudine. Negli anni seguenti realizza altri tre lungometraggi (Nostos – Il ritorno, 1989; Voci nel tempo, 1996; Al primo soffio di vento, 2002). Nel suo cinema Piavoli non dà molta importanza alle parole (nei suoi film, in generale, sono poche le parole pronunciate dai protagonisti), concentrandosi principalmente sull’immagine, rivelando la sua passione per la fotografia.
Nel 2007 l’associazione culturale Centro Coscienza di Milano ha dedicato a Franco Piavoli una retrospettiva intitolata Franco Piavoli. Il dono dei sensi, esponendo le sue fotografie giovanili scattate nei primi anni cinquanta, i dipinti a olio del 1978 in preparazione a una sequenza del Pianeta azzurro ed un’ampia scelta di fotogrammi tratti dai suoi cortometraggi e dai lungometraggi.
Margherita Serra, Brescia, 1943 www.margheritaserra.com
E’ presente nel campo dell’arte dalla metà degli anni Sessanta. Vive e lavora a Brescia e Carrara. Ha conseguito la maturità presso il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Carrara e la laurea in architettura al Politecnico di Milano.
Nel 1987, per le Edizioni Bora (Bologna) è uscita una sua monografia a cura di Elda Fezzi, nel 1990 per Angelus Novus Edizioni (L’Aquila) è stato edito un catalogo monografico a cura di Antonio Gasbarrini. Ancora per le Edizioni Bora, nel 1993, viene stampata una monografia curata da Luciano Caramel. Nel 1997, Giorgio Segato, presenta il catalogo dell’esposizione presso la Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Termoli (CB). Nel 2000 in occasione della mostra antologica alla Civica Galleria d’Arte Moderna a Gallarate, viene presentato il catalogo monografico curato da Luciano Caramel. Nel 2004, in occasione dell’esposizione presso Villa delle Rose a Bologna con la collaborazione della G.A.M. è stato edito un catalogo monografico dall’Editrice Compositori (Bologna) a cura di Martina Corgnati con testi critici di Luciano Caramel e Gillo Dorfles. Nel 2008 in occasione dell’esposizione presso il Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma è stato pubblicato dalla Biblioteca Cominiana (Padova) un catalogo monografico a cura di Luciano Caramel con testi critici di Paolo Bolpagni e Luciano Caramel.
Margherita Serra è presente in innumerevoli mostre e simposi che l’hanno portata ad essere conosciuta in campo nazionale ed internazionale. La città di Matera le ha concesso nel 1993 uno spazio demaniale nei Sassi affinché potesse svolgere e divulgare la propria arte in un ambito di così grande suggestione attraverso mostre e scambi culturali. Le è stato assegnato a Trebisacce (CS) l’ambìto riconoscimento, Eunomia 2004 che vede premiate le donne impegnate nei diversi campi del sociale. Dal 2008 è inserita come artista, rappresentante dell’Associazione Nazionale Le Donne del Marmo con sede a Verona. Nel 2010 è entrata a far parte dello Sculptors Guild of New York, una società di scultori che si sono uniti per promuovere l’interesse pubblico nella scultura contemporanea fondata nel 1937.