Giovedì 18 aprile 2019 alle ore 18 nel Museo di Palazzo Lanfranchi è in programma l’inaugurazione della mostra d’arte “Rinascimento visto da sud. Matera, l’Italia meridionale e il Mediterraneo tra ‘400 e ‘500” a cura di Marta Ragozzino, Pierluigi Leone de Castris, Matteo Ceriana e Dora Catalano.
In proposito si registra l’intervento di Giovanni Caserta: “Una mostra sul Rinascimento visto da sud con poco Rinascimento nel Sud e per il Sud”.
Non oso dir nulla sulla iniziativa, finalmente di gran livello, qual è quella dedicata al Rinascimento visto da Sud. In realtà – e tra le righe lo si legge anche nel comunicato – se c’è molto Rinascimento visto dal Sud, c’è poco Rinascimento visto nel Sud, tranne che a Napoli, e comunque spesso per arrivo di artisti dal Nord o per acquisto di opere al Nord. Ma così è nella storia. L’Italia meridionale, come tutti sanno, non ebbe i Comuni, non ebbe le Signorie e non ebbe le corti, luoghi di grande attrazione e fortemente ambiti da artisti di ogni genere, compresi i letterati. Da noi non si ebbero centri culturali laici, ma religiosi. Voglio dire i vescovadi, i seminari e i conventi. Questi ultimi avevano anche il gran vantaggio di offrire ai frescanti, e artisti in genere, vitto e alloggio gratuito. Sostituivano bene alberghi e ristoranti inesistenti. Ma frescanti e artisti, spesso uomini di Chiesa essi stessi, soprattutto monaci, se venivano ospitati in conventi, vescovadi e seminari, per giunta chiamati dalla Chiesa, avevano soggetti obbligati e necessariamente di propaganda (fides). In genere, furono attivi soprattutto nella seconda metà del Cinquecento, a partire dal Concilio di Trento. Rifulsero nel Seicento e ancora per tutto il Settecento, facendo barocco e controriforma per oltre centocinquant’anni, quando già altrove maturavano altri stili. Non per nulla il barocco è il meglio che Matera può esprimere.
Ma non è questo che importa segnalare. Non starò a dire che un progetto di tal genere è necessariamente costosissimo, dovendosi trasportare ed esporre opere che vengono da terre lontane, anche da Paesi europei. Lascio immaginare quanto costino il solo trasporto e le assicurazioni. Viene persino da pensare che un impegno di tal genere è esuberante ed eccessivo, cioè pretenzioso, rispetto ad una città che non ha collegamenti rapidi col resto dell’Italia e dell’Europa, e non ha un ricco bacino di utenza nell’immediato del territorio. Si è pur sempre nella lontana provincia. Si dirà: maforse che i piccoli debbono rinunziare a fare cose grandi? Accetto l’ obiezione. Invece molto c’è da dire, ancora una volta, su come è stata organizzata una così grande e impegnativa operazione.
Mentre si può accettare che anche i piccoli hanno il dovere e il diritto di “pensare in grande”, perplessi, invece, si rimane quando si leggono i nomi dei curatori. Oltrequello, imprescindibile, di Marta Ragozzino, si legge il nome di Pierluigi Leone De Castris, dell’ Università di Napoli;c’è Matteo Ceriana, storico dell’arte, direttore della Galleria Palatina di Firenze; e c’è Dora Catalano, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro. Sono notizie che ho tutte apprese su Google. Ignoranza mia, naturalmente, che non significa che tali personalità non siano di grande prestigio. E tuttavia mi devo permettere delle osservazioni da cittadino lucano e materano.Devo registrare, come dato oggettivo, che, ancora una volta,si è andati ben lontano da casa e dalla città, forsesenza prima guardarsi intorno. O meglio senza girarsi, contemporaneamente, a guardarsi intorno e inserire nel gruppo. E’ storia antica, di tutta Matera 2019.Non si può trascurare il fatto, per esempio, chel’Università di Basilicata non c’è, in verità anche per colpa sua,essendo essa silente, troppo silente in questioni di natura regionale.
Lo so che, in una piccola regione, è difficile parlare, perché si vive in ambiente contaminato da molto familismo politico e non politico;lo so cheètanto difficile scegliere quanto è difficile protestare;ma non posso non meravigliarmi che nessun esperto o docente dell’Unibas compaia tra i curatori della mostra o accanto ad essi. Non ce ne sono? Non so; non credo.Non ci sono docenti di storia, di storia dell’arte, di storia della letteratura italiana, di filosofia, di latino e greco? Di certo, ancora una volta si opera dimenticando un impegno o dovere molto importante, e cioè che Matera 2019 deve innanzitutto servire a Matera 2020 e anni seguenti. E ciò può accadere solo in due modi: 1. lasciando opere e realizzazioni stabili; 2. investendo sulle persone, soprattutto giovani, che, formati, se non sono “opere” stabili, possono diventare “operai” stabili (forse più utili che le “opere stabili”). Credo non sia difficile scoprire che, a Matera e provincia, ci sono giovani laureati in Lettere, Filosofia e Storia dell’arte, tutti in attesa di una occupazione nel proprio settore, che, forse, non arriverà mai, soprattutto da quando son chiuse tutte le porte della scuola. Tre borse di studio a 10.000 euro ciascuna, si potevano assegnare. Fanno, in un anno, 30.000 euro, goccia d’acqua fresca rispetto alle ingenti somme spese per una arrampicata su una facciata di chiesa di cartone (200.000 euro), per un’ars excavandi, che mi dicono non scava niente e costa 800.000, e per la realizzazione di una ragnatela sulla Gravina,di autore al solito lontano dalla città, che, mi dicono, costerebbe 700.000 euro. Può darsi che per le cifre mi sbagli. Ma mille euro in più mille in meno non fa differenza. Su una cosa, però, non mi si potrà contraddire, e mi rende dolente. Purtroppo, smontata la mostra in data 18 agosto, Matera non si ritroverà nulla, né in “opere” né in “operai”. Il vuoto. E’ come dire che, ancora una volta, non avremo seminato… nemmeno nel nostro, glorioso seminario.
Giovanni Caserta
Il costo dell’iniziativa, pubblico su web se si fa una ricerca attenta, sembrerebbe pari a 1.781.012,90 euro per 91 giorni, ossia circa 19572 euro al giorno. Poi il velo sul tutto, nulla resta ai cittadini residenti e temporanei dopo i 91 giorni. E’ stato calcolato il ROI (Ritorno dell’investimento)? E’ stato redatto un Business Plan? Un privato avrebbe investito soldi suoi in tale iniziativa? E una banca avrebbe dato crediti a privati per una tale iniziativa?
Su Stato Quotidiano del 1 dicembre 2018 Nino Sangerardi tra l’altro scrive”….. Il dott. Paolo Verri, direttore generale della Fondazione Matera-Basilicata, è stato designato dalla medesima Fondazione referente per la gestione della convenzione mentre per il Polo museale sono state nominate la dott.ssa Marta Ragozzino e la dott.ssa Antonietta Giacoia. Il 4 ottobre 2018 la dott.ssa Marta Ragozzino in qualità di direttore del Polo museale della Basilicata ha decretato che la Commissione di valutazione – prevista nell’ambito della selezione comparativa pubblica per il conferimento dell’incarico di Direttore dei musei statali e luoghi della cultura non aventi qualifica di uffici dirigenziali non afferenti al Polo della Basilicata – è composta dalla dott.ssa Marta Ragozzino come presidente, dott.ssa Mariella Utili (segretario regionale per il Ministero Beni e attività culturali della Campania) componente e il dott. Paolo Verri(direttore generale Fondazione Matera-Basilicata 2019) componente………
Un gruppo sparuto di camionisti appulo-lucani semianalfabeti riuniti in una trattoria situata
nei pressi della SS Basentana a un certo punto chiedono all’oste e all’unico cameriere
presente: “La dott.ssa Ragozzino e il dott. Verri che organizzano e gestiscono la Grande
Mostra sul Rinascimento del Sud per Matera 2019 possono entrambi far parte della
Commissione di valutazione per il conferimento dell’incarico di Direttore eccetera?”.
“Domanda interessante”, rispondono i due.