“Non dirmi che hai paura”, di Giuseppe Catozzella, ha vinto il Premio Strega “Giovani” nel 2014. Una storia impreziosita dal reportage fotografico del materano Gaetano Plasmati.
“Non dirmi che hai paura” è una di quelle storie memorabili che non ci si può esimere di conoscere perché coinvolge tutti, perché è un sintomo dei nostri tempi, perché è stata raccontata, con fermezza e candore, da un giovane autore italiano. E, ancora, perché la struggente vicenda di Samia, un’eroina dei nostri tempi, è troppo umana per essere dimenticata.
Dal 1° gennaio al 31 dicembre 2014 sono arrivati 169.215 stranieri, di cui 120.150 in Sicilia. Questi sono veri e propri numeri da esodo biblico che non consentono più di parlare di emergenza: è quotidianità, è (purtroppo) normalità. E ancora i freddi numeri ci riferiscono di un dramma immane: nel 2014 potrebbero essere scomparse in mare oltre 2.000 persone.
Ma il racconto di Catozzella non parla esclusivamente di emigrazione, non solo.
Era il 2008 e le Olimpiadi di Pechino erano un mezzo per dimostrare che in un paese comunista, con retaggi ideologici molto forti e una strana forma di capitalismo spinto, i due modelli di governance globali potevano convivere.
Ma a Samia queste cose non interessavano minimamente: lei era lì per correre. Un metro e sessantadue per quarantaquattro chilogrammi di ferrea volontà, contro le star planetarie della velocità.
Corse nella batteria dei duecento metri e arrivò ultima. Ma l’immagine di quella corsa (indossava una semplice t-shirt e una fascia bianca per raccoglierle i capelli) e le sue lunghissime gambe sottili, attrassero i media di tutto il mondo. Quella gracile antilope che correva insieme ad atlete del calibro di Veronica Campbell-Brown, spavalde e vincenti, diventò un’icona per il popolo femminile dei paesi musulmani.
I giornalisti le si accalcarono intorno per intervistarla. Disse poche parole: “Avrei preferito essere intervistata per essere arrivata prima, invece che venire intervistata per essere arrivata ultima.”
Samia però aveva la corsa nel sangue. E una volta rientrata a Mogadisho continuò ad allenarsi e nel 2012 decise di raggiungere l’Europa e trovare un allenatore per partecipare alle Olimpiadi di Londra 2012.
Teresa Krug, giornalista di Al Jazeera, a lungo in contatto con lei, ha raccontato che Samia avrebbe viaggiato attraverso l’Etiopia, il Sudan e la Libia e all’inizio di aprile del 2012, mentre attraversava il Mediterraneo su una di quelle carrette del mare cariche di speranze, sarebbe scomparsa assieme a tutti i suoi compagni di viaggio.
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