“Popoli e terre della lana. Tradizioni, culture e sguardi sulle vie delle transumanze tra Iran e Italia”. E’ il tema della mostra inaugurata questa sera negli Ipogei Motta di Matera. A mostra è organizzata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, attraverso la Soprintendenza Archeologia dell’Abruzzo, in convenzione con l’associazione no-profit Abruzzo Avventure e con la Regione Abruzzo.
Il progetto fotografico è a cura di Mauro Vitale (autore delle foto, SABAP Abruzzo), Paola Riccitelli, archeologa, e Antonio Corrado, project manager associazione no-profit Abruzzo Avventure, con il contributo di antropologi iraniani e di Adriana Gandolfi per la parte italiana.
La mostra, attraverso l’allestimento di Lucio Rosato, racconta le culture pastorali, transumanti e nomadi di Iran e Italia, istituendo un parallelismo inedito, seppur contrassegnato da differenti momenti cronologici e identitarie peculiarità, tra queste aree geografiche. Un percorso di avvicinamento, di scoperta e di riscoperta di due culture separate da migliaia di chilometri di distanza eppure così profondamente affini in quel complesso di usi, attività, tradizioni e cultura rappresentato dalla pastorizia: l’Iran dei nomadi Talysh e Qashqai da una parte, e l’Italia della transumanza tra Abruzzo, Molise e Puglia dall’altra.
Al vernissage ha partecipato anche l’Officina Popolare Abruzzese, compagnia di canti e balli della tradizione popolare d’Abruzzo.
Sono intervenuti l’autore delle foto, Mauro Vitale, il project manager Antonio Corrado, il direttore dell’Istituto di Cultura Iraniano, Akbar Gohli e il coordinatore dell’Istituto di cultura iraniano, Mohsen Yazdani.
La mostra resterà aperta fino al 24 novembre 2019 e sarà visitabile dalle ore 10:00 alle 13:00 e dalle ore 16:00 alle ore 19:00 tutti i giorni. Ingresso gratuito.
Gli scatti di Mauro Vitale sono arrivati nella capitale europea della cultura 2019, dopo le esposizioni organizzate a Pescara, Castelvecchio Calvisio (AQ), Capestrano (AQ), MUCIV Pigorini Roma, Museo “La Civitella” Chieti, Villetta Barrea (AQ) e Tehran (Iran).
Nella realizzazione del progetto le relazioni con l’Istituto di Cultura Iraniano, partner fin dal primo momento, sono state di altissimo livello e non hanno eguali in tempi recenti tant’è che, prendendo spunto dalle ricerche su Antonio Raffaele Giannuzzi da parte del giornalista Pasquale Doria, sono culminate con l’avvio di un gemellaggio tra le città di Matera (Capitale Europea della Cultura 2019) e la città di Tus – Masahhd (Capitale Islamica della Cultura 2017). Gemellaggio che ha visto, in questa prima fase, Matera intitolare una Via a Khorasan, analogamente a Tus – Masahhd verrà intitolata una Via a Matera.
Già Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana, la Mostra è patrocinata dal Circolo La Scaletta, dal Comune di Matera, dalla Fondazione Matera 2019 e dall’Istituto di Cultura Iraniana
Scheda della mostra
Lungo la fragile, eppure persistente, rete dei tratturi che segna i paesaggi del meridione d’Italia, scorrono centinaia di anni di storia del nostro paese, attraverso la muta epopea dei pastori e delle greggi transumanti che seguendo i ritmi della natura, a settembre e a maggio, si muovevano dalle montagne al mare e viceversa, alla ricerca del proprio sostentamento. La pastorizia è fenomeno antico ed è stato in passato un formidabile volano economico per i territori interni, così importante da aver avuto regolamentazione legislativa a partire dal 1447 quando re Alfonso I d’Aragona istituisce laDogana della mena delle pecore in Puglia, con cui si rendeva obbligatoria la transumanza per chi avesse più di 20 pecore. Da allora la civiltà pastorale ha costruito se stessa con la fatica, l’eterna ripetizione di atti, gesti, riti, e ha costruito unsistema economico, culturale, di insediamento territoriale, complesso e articolato, spesso in dialettico contrasto con l’agricoltura, cui finirà per soccombere solo all’inizio del ‘900 quando i pascoli del Tavoliere di Puglia verranno affrancati dai vincoli che ne avevano impedito la coltivazione. Il mondo pastorale in centinaia d’anni ha lasciato impronte sulle terre che le greggi attraversavano, ha generato usi, costumi, gerarchie sociali, filiere produttive connesse alla lana e ai derivati del latte, procedure giuridiche, oggetti, culti e rituali sacri con figure di santi veneratissimi, come Michele Arcangelo, e un sistema di saperi ricco e multiforme del quale siamo tutti eredi e custodi. Se la transumanza vera e propria non esiste più, esiste però la pastorizia, per la quale oggi più che mai dobbiamo parlare di impresa armentizia, tenacemente voluta da imprenditori, pastori, operatori che con scelta consapevole e fortemente identitaria continuano antiche tradizioni con i modi
e i mezzi della contemporaneità, dando luogo a produzioni d’eccellenza. Questa nuova generazione di pastori “resilienti” sta riportando in vita anche luoghi e distretti territoriali che la globalizzazione economica e culturale trascura e che invece possono essere inseriti in circuiti turistici alternativi in grado di valorizzare la nostra regione in tutti i suoi aspetti.
La civiltà pastorale che in Italia ha assunto le forme peculiari della transumanza, lo spostamento stagionale di pastori e greggi sostanzialmente in due limitati periodi dell’anno, tra i monti dell’Appennino e i pascoli del Tavoliere di Puglia, in Iran, l’antica Persia, è ancora oggi, come nei secoli passati, autenticamente nomade. In un paese sterminato, grande 5 volte l’Italia, finora isolato dal resto del mondo per vicende politiche e storiche ma oggi impegnato in un processo di apertura nel quale l’Italia è un protagonista precoce e attento, convivono aspetti culturali, modi di vita, tradizioni, usi, modi di pensare, ancora profondamente antichi, ma anche straordinari lieviti di modernità, soprattutto nelle grandi realtà urbane, dove vivono milioni di persone di diversa etnia. Negli altopiani centrali semidesertici o sulle montagne del nord, spesso ricche di vegetazione e acqua, si muovono ancora nelle terre dei loro avi, secondo gli ancestrali ritmi della Natura, i nomadi Qashqai e Talysh, due dei gruppi migranti che popolano ancora l’Iran moderno. Entrambe le etnie allevano pecore, il loro principale mezzo di sostentamento, dalle quali ricavano latte e lana. Con quest’ultima le donne realizzano tessuti e i tappeti che hanno reso la Persia nota in tutto il mondo. Tenacemente attaccati alle loro tradizioni e ai loro costumi, i popoli migranti si spostano in comunità compatte, uomini, donne, bambini, vecchi, talvolta sulle blu car, mezzi indistruttibili sui quali caricano tutti i loro averi, che di recente hanno affiancato gli animali da trasporto. I Talysh del nord costruiscono capanne in legno, pietre e fango per protreggersi dai rigori del clima montano, e in alcuni casi diventano coltivatori stanziali di riso e di the, i Qashqai erigono tende scure foderate all’interno con i loro multicolori tappeti e tessuti. Entrambi i “popoli della lana” hanno mantenuto la loro fisionomia peculiare e la loro identità culturale anche all’interno dell’Iran moderno.
La fotogallery della mostra d’arte “Popoli e terre della lana. Tradizioni, culture e sguardi sulle vie delle transumanze tra Iran e Italia”. (foto www.SassiLive.it)