Inaugurata nel pomeriggio negli spazi della Fondazione SoutHeritage nei Sassi di Matera la mostra collettiva “Riguardare forme chiamate arte contemporanea” con gli artisti Nathalie Rao; Ian Wilson; Leonardo Sinisgalli; Laure Provost. La mostra sarà aperta dall’1 marzo al 22 aprile 2023 dal mercoledì al sabato dalle 17 alle 20. Ingresso gratuito.
“Riguardare forme chiamate arte contemporanea” è in progetto promosso da Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea, redatto da Angelo Bianco Chiaromonte e coordinato da Roberto Martino e Francesca De Michele.
Di seguito i particolari. Fondazione SoutHeritage, quale istituzione animata dalla volontà di contribuire allo sviluppo culturale per produrre sapere espanso e narrazioni multidisciplinari attraverso i valori dell’arte e della cultura contemporanea, promuove il progetto espositivo: “Riguardare forme chiamate arte contemporanea”.
Nell’ambito della sua ricerca sulla realizzazione di mostre quali luoghi ospitanti di conoscenza e sulla partecipazione del pubblico, la fondazione ha rivolto la sua attenzione al dialogo tra contenuti espositivi e la ricezione della creazione contemporanea ritenendo l’arte elemento fondamentale per lo sviluppo dell’alfabetizzazione visiva e del pensiero critico poiché, sebbene viviamo in una società pervasa dalle immagini, mai come oggi si presta così poca attenzione alla loro lettura significativa e critica.
L’esposizione, pensata con opere atte a interagire tra loro e in dialogo con le peculiarità dell’attuale spazio espositivo della fondazione (una cappella gentilizia facente parte di un complesso edilizio del XVI-XVIII sec. – Palazzo Viceconte, ubicato nell’antico centro economico, sociale e religioso della città di Matera e riaperta come padiglione espositivo della fondazione dopo 60 anni di chiusura), è dedicata dunque a questionare il ruolo delle opere e del pubblico dell’arte contemporanea, insieme al loro percorso di fruizione, con l’obiettivo di creare un momento di dialogo sull’accesso all’arte contemporanea e ai suoi valori, sullo spettatore dell’arte visiva dei nostri giorni e sul formato mostra come organizzazione di un contesto di esperienza per il pubblico.
A comporre il progetto espositivo e a offrire una rilettura degli ambienti e delle loro atmosfere, sono stati scelti i lavori degli artisti: Nathalie Rao (1968, Versailles. Vive e lavora a Parigi); Ian Wilson (Durban, 1940 – New York, 2020); Leonardo Sinisgalli (Montemurro PZ, 1908 – Roma, 1981); Laure Provost (1978, Lille. Vive e lavora a Bruxelles). Con le loro opere tenute insieme da una scenografia aperta, la mostra, attraverso gli universi di ciascun artista e senza dettare un tema specifico o collegare artificialmente le loro pratiche artistiche, mette al centro il punto di vista del fruitore non più chiamato a comprendere solo un sistema di rappresentazione come la “storia”, l’”arte” o la “storia dell’arte” ma anche le singole opere quali “meccanismi di significato” che legittimano la loro presenza nel contesto della mostra. In questo ambito interrogandosi sul ruolo dell’informazione culturale, la fondazione ha inteso fare del visitatore un partecipante attivo e critico pensando al progetto espositivo come strumento di inclusione e conoscenza che accompagna il pubblico in un percorso multidirezionale che trasforma la mostra in una sorta di “spazio critico”.
Sulla base di un concetto di campionatura di alcune forme di visualizzazione alla base di numerose produzioni artistiche contemporanee (pittura, installazione, performance), le opere mirano alla strutturazione di una mostra non solo intesa come ostensione di lavori e riflessione su vari linguaggi, ma soprattutto come esperienza di autoformazione del pubblico, un catalizzatore che impegna il fruitore a ricercare nuove strutture di conoscenza e nuovi orizzonti d’interpretazione che rimandano ad una visione più aperta e consapevole della proposta culturale.
Grazie alle opere esposte e all’interazione che queste hanno tra di loro in una configurazione non gerarchica e a-cronologica che esplora collegamenti e discrepanze, il progetto si presenta come un formato espositivo che, partendo da alcune opere-testimonianza già rubricate e/o storicizzate, diventa il terreno per promuovere una maggiore comprensione dell’arte e per instaurare un rapporto con una cittadinanza che necessita di essere documentata sui linguaggi del contemporaneo. In quest’ottica di riflessione sul “formato mostra” come organizzazione di un contesto di esperienza per il pubblico, il progetto espositivo, nell’ambito del programma di mediazione della fondazione denominato “Le (d)istanze del pubblico”, prevede supporti alla fruizione e un programma di mediazione e coinvolgimento dei visitatori che propone nuovi modelli di concezione della diffusione pubblica. In questo quadro, oltre a una serie di attività di mediazione che utilizzano il potere creativo e generativo dell’arte contemporanea e che offrono un’occasione di scambio, relazione, espressione e consapevolezza attraverso l’arte stessa, la mostra, come tutti i progetti culturali della fondazione, è costruita sulle linee guida della “Carta dei Valori SoutHeritage” (www.southeritage.it/carta-dei-valori) che prevede in dettaglio le direttive per una buona fruibilità: dalle informazioni “in italiano facile” con testi e icone integrate nel rispetto delle esigenze del “pubblico più debole”, all’organizzazione di un programma di mediazione e di accompagnamento del pubblico (non guida) che in chiave performativa cerca di adattare modi e dialoghi sull’esposizione interpretando i diversi interessi e tensioni del pubblico, fino alle soluzioni di allestimento più idonee per una diffusa e ampia accessibilità.
Con questo progetto espositivo, in cui la mostra cessa di essere solo vetrina per diventare soprattutto luogo di relazioni con le opere che tornano a essere segni comunicanti e non solo elementi paradigmatici da analizzare, la fondazione SoutHeritage persegue uno degli obiettivi alla base del suo mandato e cioè quello di mettere in primo piano l’accesso gratuito alla cultura grazie a nuovi modelli di diffusione pubblica, considerando la mostra e la storia dell’arte come pretesto per aprire un dialogo sull’”osservazione partecipante”, per stimolare la crescita collettiva e discutere sulla cultura artistica contemporanea, poiché non c’è un pubblico specifico dell’arte contemporanea, siamo tutti pubblico in quanto contemporanei.
La fotogallery della mostra “Riguardare forme chiamate arte contemporanea” (foto www.SassiLive.it)