“Siamo nati dall’argilla e con questa mostra d’arte proviamo a raccontare oltre 140 anni di storia che riguardano la nostra famiglia”. E’ toccato a Franceschino Niglio inaugurare nel pomeriggio presso lo Studio Arti Visive a Matera l’evento culturale “Famiglia Niglio. Dalla fornace di via La Croce. 1874 – 2016”. Dopo aver raccontato la storia della la famiglia Pentasuglia attraverso le opere d’arte di Michele, Francesco e Giovanni, lo “storytelling” avviato dallo Studio Arti Visive continua nell’attività di recupero della memoria collettiva e della valorizzazione della produzione artistica locale attraverso una mostra di foto e opere d’arte che ricostruisce le vicende biografiche e la produzione della famiglia Niglio. Attiva a Matera da oltre un secolo, i Niglio si sono fatti apprezzare nel corso degli anni per la lavorazione dell’argilla, che consentiva di realizzare i tradizionali “fischietti” e “cucù”, colorati “oggetti suonanti” dalla funzione apotropaica, e non solo.
In mostra diversi capolavori artistici realizzati da Giuseppe Niglio, il primogenito di Michele Niglio: una scena della Natività, una Madonna della Bruna del 1977, una statua di San Francesco da Paola del 1920 e un cucù ispirato ad un foto d’epoca della Matera contadina di inizio secolo, nel quale un grande asino è adagiato sul cucù mentre il basto accoglie una donna con il tamburello e un uomo con una fisarmonica. Variegata e variopinta anche la produzione di numerosi fischietti e cucù che ricordano il periodo in cui la famiglia Niglio si trasferiva a Picciano per esporre i prodotti nella prima domenica e il 25 maggio di ogni anno. Tra le foto spiccano due scatti relativi al carro realizzato da Giuseppe Niglio nel 1056 in collaborazione con Raffaele Pentasuglia e un bozzetto del 1952. La vena artistica della famiglia Niglio emerge con Giuseppe Niglio già all’età di dieci anni. Suo figlio Michele, nato nel 1957 e morto alla prematura età di quasi 60 anni, ha avuto dalla moglie otto figli: Franceschino è circondato dall’affetto dei fratelli Tommaso, mitico musicista dell’orchestra “hot jazz”, Pietro e Benito mentre Domenico, Domenica, Giuseppe e Giacita sono defunti.
“Il rapporto con l’argilla – ricorda Franceschino Niglio – dura nella mia famiglia da almeno 140 anni. Nella fornace situata in via La Croce, dove oggi c’è il palazzo dell’avvocato Ruggi, mio nonno Giuseppe fino alle soglie degli anni trenta del XX secolo lavorava e depurava a mano tonnellate di argilla “vergine” per la produzione di laterizi utilizzati nell’edilizia urbana materana e in quella delle città limitrofe di Altamura, Santeramo, Gravina, Laterza. Negli anni Trenta la fornace fu venduta ma il rapporto con l’argilla non si è mai fermato e così durante e dopo la seconda Guerra Mondiale questo materiale è stato manipolato da papà, dai miei fratelli Peppino e Tommaso e oggi anche da me, per la creazione di oggetti fra i più diversi ma che in qualche modo sono legati alla produzione dei fischietti e dei Cucù da vendere, in particolare, a Picciano. Una tradizione che è stata conservata almeno fino ai primi anni sessanta del secolo scorso. Durante la festa della prima domenica di maggio sul Colle Picciano accorrevano centiania di pellegrini dalla fede “popolare e semplice” ed i “fischietti”, dalle fogge più diverse, fungevano da strumenti apotropaici. Ai figli maschi i genitori regalavano il cucù che rappresentava il gallo, mentre per le ragazze era sempre pronto un fischietto.
Con l’argilla si è perpetuata una tradizione familiare di produzione di “oggetti suonanti” tra i quali, a quanto mi si racconta, particolarmente “raffinati” risultavano quelli manipolati da papà e dalla sorella Maria. Oggetti suonanti, dunque, ma insieme a pregevoli sculture raffiguranti la Madonna di Picciano, San Francesco da Paola, taumaturgo particolarmente caro alla città di Matera, “pupette” a cavallo, carabinieri, piccoli animali e pesci.
Si lavorava con lena, intorno ad un braciere, nella serena intimità della numerosa famiglia, durante i lunghi mesi invernali, quando languivano i lavori di pitturazione degli ambienti domestici: si producevano anche fino a 2 mila esemplari che, dagli anni cinquanta, i miei fratelli cuocevano in una fornace costruita in una grotta dei Sassi. Vi racconto un aneddoto. IO ho cominciato a creare cucù circa tredici anni fa quando un giorno mio fratello Tommaso mi impose di cominciare a lavorare l’argilla. Dopo aver realizzato il primo cucù mi presentai nel suo laboratorio con l’oggetto realizzato e lui non solo non apprezzò la mia buona volontà ma disse che il cucù aveva un becco che impediva l’emissione di una nota musicale corretta”.
I cucù sono oggetti suonanti, che pur esprimendo l’antica tradizione, si presentano oggi “evoluti” nelle forme e negli impasti cromatici tanto da costituire oggetti d’arredo.
Nella esposizione figurano tracce di manufatti di papà Michele, di Peppino, Tommaso, Franceschino e Antonietta, figlia di Tommaso, probabile erede della tradizione familiare.
Di Peppino sono presenti bozzetti di Carro della Bruna mai realizzati e foto di un “Carro” del 1952 realizzato da Peppino e Tommaso in collaborazione con il maestro Raffaele Pentasuglia, zio dei due più famosi, Francesco e Raffaele. Di Peppino, ancora, una Madonna della Bruna in cartapesta del 1971.
L’esposizione è dedicata alla memoria di quel fragile, prodigioso fratello da me visceralmente amato, il “maestro” vero della mia famiglia: Peppino”.
Alla cerimonia inaugurale ha partecipato anche il noto ceramista materano Peppino Mitarotonda, uno degli amici della famiglia Niglio. E Mitarotonda ha colto l’occasione per sottolineare il problema della conservazione della memoria nella città di Matera e il grande valore culturale che la famiglia Niglio è riuscita a trasmettere anche con la terza generazione: “Per quanto mi riguarda credo ho sempre considerato i fratelli di Franceschino quelli più evoluti dal punto di vista culturale mentre Peppino riusciva a racchiudere in un oggetto realizzato con le sue mani ottomila anni di storia della nostra città. E’ lui che ha rappresentato nel corso degli anni la cultura materana”.
Cosimo Damiano Di Pede, che sostiene l’attività culturale avviata dallo Studio Arti Visive grazie all’infaticabile attività svolta da suo padre Franco, ha precisato le finalità di questo ciclo di appuntamenti che riguardano le famiglie materane: “In inglese queste iniziative si chiamano storytelling, a noi piace ricordare che in questo luogo si raccontano delle storie di vita materana e attraverso la narrazione vogliamo far riscoprire la città di Matera attraverso le storie delle sue famiglie e dei suoi abitanti, che hanno contribuito ad arricchire il patrimonio culturale e artistico di Matera. Non vogliamo sostituirci agli antropologi ma semplicemente vogliamo narrare la storia di questa città in modo particolare”.
Franco Di Pede ha ricordato a margine dell’inaugurazione della mostra della famiglia Niglio il viaggio in Giappone avvenuto 30 anni per promuovere a Tokio, presso l’Architectural Institute of Japan numerosi progetti di recupero dei Sassi di Matera, foto e opere di sei artisti lucani. Oggi, a distanza di trent’anni, la città di Matera è capofila della rete di imprese Mirabilia e promuove attraverso la Camera di Commercio il nostro patrimonio nel Sol Levante.
Michele Capolupo
La fotogallery dell’inaugurazione della mostra dedicata alla famiglia Niglio (foto www.SassiLive.it)