Domenica 1 agosto 2021, a Tito (in Largo Municipio), la presentazione delle opere realizzate per la prima edizione della rassegna dedicata alla street art che ha assunto la suggestiva denominazione di «ArtiTonanti».
La manifestazione ha visto la collaborazione tra l’Amministrazione comunale, l’associazione culturale «Sotto il Castello» e la concittadina Giuliana Sabia, che da anni ha lasciato la Basilicata, ma che ha voluto mettere a disposizione la sua professionalità nel settore artistico e ha inteso dare un contributo alla sua comunità contattando alcuni degli artisti coinvolti in questa prima edizione, lavorando per la buona riuscita della manifestazione, come da lei stessa dichiarato.
«Abbiamo deciso di inaugurare questo percorso dedicato alla street art partendo dal tema della rinascita – ha spiegato l’assessore alla cultura, nonché vicesindaco del Comune di Tito Fabio Laurino –, sia per dare un segnale di speranza che guardi al futuro, in modo particolare per questo periodo complicato che stiamo vivendo, sia per rigenerare luoghi della nostra città. L’auspicio è di creare, in futuro, un vero e proprio percorso cittadino, che possa avere un richiamo molto più ampio. L’obiettivo è quello di dare seguito a degli intenti già condivisi da questa Amministrazione con l’approvazione di un apposito regolamento sulla street art e di creare le basi per un confronto artistico su temi specifici che individueremo annualmente».
«Quando è nata l’idea di questa manifestazione l’abbiamo accolta immediatamente con grande favore – ha commentato il presidente dell’associazione Sotto il Castello Giulia Viggiani –. Abbiamo pensato di intitolare questa rassegna ArtiTonanti perché credo che l’arte abbia un potere deflagrante quando vuole lanciare un messaggio. È come un tuono che colpisce e fa riflettere. Come associazione amiamo diffondere iniziative culturali, declinate in vario modo, e portarle alle persone. Non siamo un’associazione chiusa in questo. Assolutamente. Speriamo che questa manifestazione possa essere reiterata anche nei prossimi anni».
«La mia opera è composta di nove immagini con una donna incinta – è intervenuto Vincenzo Iodice, tra gli artisti impegnati nella rassegna – e di una decima con una donna con un bambino, finalmente portato alla luce. Accanto a queste immagini c’è una cifra, che equivale al numero dei nati in Italia da marzo a dicembre. Mentre i telegiornali contavano tristemente le vittime della pandemia, io ho voluto dare contezza dei nuovi arrivi, diciamo così. Per me questo è un bel simbolo di rinascita».
«Le mie opere possono inizialmente risultare un po’ forti agli occhi di un qualsiasi osservatore, in quanto ritraggo donne comuni nelle vesti di madonne – ha spiegato la responsabile del progetto Ogni Donna una Madonna –. Ho voluto questo accostamento per esplicitare che la Madonna, in ogni caso, era anche una donna in carne ed ossa, per ciò che ci testimoniano varie documentazioni sull’argomento. E per dire che ogni donna comune è a sua volta una Madonna, in quanto il loro diritto a non essere disturbate in un Mondo che chiede alle donne di scoprirsi sempre di più dovrebbe essere sempre garantito. Sono stata vittima di un tentativo di violenza, so cosa significa. I tribunali ancora oggi chiedono alle vittime di violenza come erano vestite al momento del reato. Questo per me non ha senso. La sensualità di un abito non autorizza comportamenti scorretti o violenti nei confronti delle donne».
«Il concetto della rinascita è rappresentato dal bonsai nella mia opera – ha raccontato Fabio Kebo –, con il Maestro Miage realizzato in uno stile più caricaturale per dare una sfumatura più ironica al tutto. Il bonsai si trova sul cocuzzolo di una montagna ed è un po’ difficile da raggiungere, il Maestro Miage ci riesce e lo trova quasi morente. Ogni giorno, da quel momento in poi, il bonsai sarà oggetto delle cure del Maestro. Nelle difficoltà per raggiungere ogni giorno questa pianta e nelle attenzioni prestate affinché questa cresca rigogliosa c’è il mio senso di rinascita».
«La mia opera è innanzitutto un gioco di colori – dichiara Massimo Sirelli – e rappresenta un grande cuore. Ognuno, in questo cuore, può vederci ciò che vuole. Credo che l’arte sia anche e soprattutto libera interpretazione di chi la osserva, ma qui il messaggio è abbastanza chiaro. Il mio è un messaggio d’amore che non si esaurisce in due soggetti innamorati, ma che vuole essere un po’ universale. Credo che senza amore non ci possa essere rinascita. Questa è la mia rinascita».
Ago 02