Inaugurata questa sera al MUSMA Museo della Scultura Contemporanea in via San Giacomo nel Sasso Caveoso di Matera la mostra “That I Could Fear a Door: storie di case e di vento, la prima personale in Italia dell’artista hazara Elyas Alavi, curata dal collettivo Exo Art Lab e da Simona Spinella. Il vernissage è stato impreziosito da una performance dell’artista Elyas Alavi. La mostra resterà aperta fino al 14 settembre 2024.
Il titolo “That I Could Fear a Door” (“che io possa temere una porta”) è un verso estratto dalla poesia di Emily Dickinson I Years had been from Home (Io – Anni – ero stata – via da Casa). Una “risata di legno” – scrive la poetessa – è l’unico suono che può riecheggiare in un petto reso cavo dagli anni lontano da casa. Quando la propria casa diventa estranea, quando ci si sente in essa come – aggiunge Emily – “ladri” che devono celarsi e muoversi “con dita di vetro”, si diviene irrimediabilmente un po’ stranieri anche a se stessi. Prendendo in prestito il verso della Dickinson, gli spazi di Palazzo Pomarici si aprono quindi a un’intima riflessione sui concetti di casa, appartenenza e sradicamento, in una connessione che accomuna spiritualmente l’esperienza dell’artista alla storia di Matera.
Elyas Alavi, afghano hazara attualmente attivo in Australia, è un artista multidisciplinare che pone al centro della propria ricerca le complesse relazioni tra individuo e società, in rapporto a tematiche come l’appartenenza etnica e culturale, la religione, l’orientamento sessuale, la diaspora e il significato della parola “casa”. Attraverso neon, video e poesia, Elyas utilizza il proprio vissuto come punto di partenza per indagare gli effetti di un allontanamento forzato dal proprio paese e dai propri affetti, osservando lo spaesamento di fronte a una terra che si fa inospitale per chi è costretto all’esilio
Matera si offre dunque come casa ideale per questa mostra, divenendo parte dell’istallazione.
La stanza, con le sue superfici, diventa mezzo espressivo, il luogo del pensiero per chi legge e per chi ascolta, il luogo degli incontri e della vita, racconta la malinconia della lontananza dalla propria terra, lo spostamento, l’appartenenza.”E il muro in calcarenite, fatto di sedimenti, è memoria viva: non poteva esserci altro luogo del percorso del museo a cui affidare le parole scritte, disegnate e raccontate per immagini da Alavi”racconta Simona Spinella, curatrice del Museo.
L’inaugurazione si arricchisce di una performance poetico-musicale dell’artista, con il desiderio di proseguire la conversazione sulla pluralità di storie che provengono da questi Paesi.
Alavi decide di accompagnare il visitatore dentro lo spazio espositivo attraverso un viaggio performativo sulla Via della Seta, simbolo di connessione, scambio tra culture diverse, del legame tra l’Italia e l’Afghanistan. Un percorso tra gli spazi del museo in cui Alavi, con il sostegno delle sue poesie e dei suoi gesti, traccerà un nuovo sentiero sulla rotta tra l’Italia e l’estremo Oriente.
La fotogallery della mostra (foto www.SassiLive.it)