La cellula e il dna. La scuola media “F. Torraca” di Matera ha promosso un incontro con Rosa Marmo, ricercatrice materana di biologia nucleare, che ha acquisito le metodiche per la manipolazione e la coltura di cellule staminali e ha sperimentato metodi innovativi e privi di implicazioni etiche per la produzione di staminali a partire da cellule adulte.
Le classi terze della scuola secondaria di primo grado Torraca, quattro della sede di Piazza degli Olmi e otto della centrale di via Aldo Moro, il dirigente scolastico Leonardo Iannuzzi e i rispettivi docenti di scienze matematiche hanno portato a termine un ciclo di attività educativa relativo allo studio della cellula e in particolare del DNA, con la dottoressa Rosa Marmo, ricercatrice lucana, del Laboratorio di Biologia cellulare “Gian Franco Lupo” dell’Ospedale Madonna delle Grazie.
Il laboratorio “Gian Franco Lupo” è una struttura avviata di recente nell’Ospedale “Madonna delle Grazie” di Matera e al momento rappresenta l’unico laboratorio per la coltura e la manipolazione di cellule umane a scopo di ricerca presente nella Regione Basilicata. Fino a qualche mese fa, infatti, bisognava spostarsi fuori regione per poter acquisire specifiche tecnologie scientifiche; al contrario oggi questo è possibile anche sul nostro territorio grazie alla sensibilità di associazioni, come quella intitolata a “Gian Franco Lupo”, e soprattutto grazie a comuni cittadini pronti a sostenere anche economicamente iniziative che promuovono la ricerca, e quindi il progresso scientifico.
Alla dottoressa Marmo chiediamo quale è stata l’attività di studio e di formazione post-laurea che le ha permesso di diventare una giovane ricercatrice lucana?
“Ho intrapreso la mia carriera professionale lasciando per alcuni anni il mio paese natale, Pisticci, e frequentando l’Università degli Studi di Napoli dove mi sono laureata in Biotecnologie Mediche con 110 e lode. Ho 28 anni ed ho appena concluso il Dottorato di Ricerca in Biologia e Medicina della Rigenerazione presso l’Università degli Studi di Padova, finanziato dalla Metapontum Agrobios; negli ultimi anni mi sono occupata principalmente di ricerca in campo biomedico, ho acquisito le metodiche per la manipolazione e la coltura di cellule staminali ed ho sperimentato metodi innovativi e privi di implicazioni etiche per la produzione di staminali a partire da cellule adulte”.
Nel presentare tematiche scientifiche molto complesse (l’organizzazione cellulare, il DNA, ecc..) con i ragazzi di terza media è stato possibile utilizzare un linguaggio scientifico semplificato oppure ha preferito avvalersi di una terminologia specifica?
“Credo che sia possibile rendere accessibile a chiunque molti dei contenuti scientifici, anche quelli considerati più ostici e articolati; è chiaro che per fare questo è essenziale utilizzare un linguaggio semplice, ma efficace ed esaustivo. Prima di esporre tali argomenti è fondamentale provare a vestire i panni dell’interlocutore per capire fino in fondo quali siano le sue competenze di partenza. Quindi, in virtù di questa premessa, ho provato a affrontare i temi con un linguaggio adatto ai ragazzi senza, però, rinunciare alla specificità dei contenuti”.
Quali sono le attività di ricerca svolte nel Laboratorio “Gian Franco Lupo” e quali sono gli sviluppi previsti in ambito clinico?
“Il laboratorio di Biologia Cellulare “Gian Franco Lupo” è stato allestito grazie al finanziamento messo a disposizione dall’omonima associazione ed è parte integrante della Unutà operativa Centro Regionale Trapianti. La principale attività svolta riguarda la messa a punto di una metodica innovativa che permette di ottenere cellule pluripotenti (cioè capaci di dare luogo a tessuti di diversa origine) a partire da precursori del tessuto adiposo. Tale ricerca acquista notevole importanza poiché consentirebbe di ottenere tessuti “in vitro” di tipo osseo, muscolare, connettivo. a partire da cellule adipose autologhe, cioè di uno stesso paziente che manifesta un danno tissutale. Questa attività rappresenterebbe un’importante soluzione al problema della scarsità dei donatori e consentirebbe di accedere ad una fonte inesauribile di cellule pluripotenti autologhe di facile reperibilità e di alcuna problematicità etica”.
In che misura la conoscenza e la manipolazione del DNA può contribuire all’avanzamento della ricerca e alla sua applicazione in ambito medico?
“Sicuramente tanto maggiore è la conoscenza dei fenomeni, tanto più è possibile intervenire su di essi. E direi che la scoperta del DNA e delle tecnologie biologiche (dette anche biotecnologie) ha promosso l’individuazione di varie patologie e la scoperta di farmaci sempre più avanzati e selettivi. Direi che questo è certamente un valido esempio di come la ricerca possa tradursi in applicazione clinica”.
L’attenzione dei ragazzi l’ha dunque soddisfatta. E’ possibile, secondo lei, proseguire in questa direzione, portando conoscenza scientifica avanzata nelle scuole allo scopo di responsabilizzare i discenti e di stimolarne l’interesse verso argomenti specifici?
“Le nozioni apprese dai ragazzi nelle scuole sono importantissime e costituiscono il substrato necessario alla comprensione di argomenti di più recente scoperta. Tuttavia questi ultimi fanno ormai parte integrante della realtà in cui viviamo e, pertanto, è fondamentale che le scuole abbiano la lungimiranza di attrarre non solo figure professionali che impartiscono la conoscenza (i professori), ma anche chi, con una continua attività di ricerca, “crea nuovo sapere”; solo in questo modo è possibile, a mio parere, formare completamente nuovi giovani dotati di senso critico e capaci di costruire una società più cosciente”.
Grande soddisfazione per i temi affrontati e l’interesse mostrato dagli studenti è stata espressa dai docenti della scuola media “Torraca”.
Carlo Abbatino