“Sto preparando un fumetto sugli zombie'”, ha svelato ieri sera il celebre sceneggiatore Nicola Guaglianone durante la masterclass che l’ha visto protagonista alla quarta edizione del Festival del Cinema di Potenza “Visioni Verticali – Ambiente e Territori”.
Durante la serata, presentata dall’attrice Alessandra Ferrara e dal direttore del CeSAM, Marcello Foti, lo sceneggiatore ha ripercorso alcune tappe cruciali della sua carriera, dalla formazione presso la scuola di Leo Benvenuti al viaggio alla volta degli States. “In realtà è stato l’amore a portarmi a Los Angeles – ha iniziato Guaglianone –, era il 1999, arrivai in America senza parlare una parola di inglese ma con un grande mito: Bukowski. Il rapporto con i miti è un tema molto importante per me e ricorrente in tutto ciò che scrivo. Ed è stato proprio lì, dopo una sorta di pellegrinaggio alla scoperte dei luoghi di Bukowski, che ho capito che arriva un momento nella vita in cui è necessario staccarsi dai propri miti”.
Il successo non ha tardato molto ad arrivare per Nicola Guaglianone che, dopo circa un anno e mezzo negli Stati Uniti in cui aveva iniziato a scrivere, si apre per lui il mondo della tv: “decisi di tornare in Italia perché lavoravo tanto, era un periodo molto florido per gli sceneggiatori grazie alle fiction televisive”, ha continuato Guaglianone.
Ma nonostante il successo nel mondo televisivo, sognava il cinema, quello con cui era cresciuto e che tanto aveva amato, da quello americano alla grande Commedia all’italiana. E così è arrivato l’incontro con Gabriele Mainetti: “Lui voleva dirigere, io scrivere. Abbiamo iniziato a lavorare insieme facendo dei cortometraggi. Facevamo quello che ci piaceva”. E da quell’unione nacque Lo chiamavano Jeeg Robot – “Scrivemmo il film insieme ma i produttori non capivano che tipo di film fosse realmente. Per me era una commedia romantica, i super poteri e tutto il resto sono solo un pretesto”.
Una volta finito il film, però, nessuno lo voleva distribuire. Fino a che non arrivò Andrea Occhipinti: “Dopo aver fatto vedere il film a tantissimi distributori, incontrammo Occhipinti e venne a vedere il film. Decise immediatamente di distribuirlo. È stata la nostra fortuna”, ha continuato lo sceneggiatore.
Lo chiamavano Jeeg Robot è stato infatti il film che l’ha consacrato al successo e da cui è nato poi il sodalizio con Gabriele Mainetti, con cui ha realizzato poi anche un altro grande successo, Freaks Out. “Ricordo che andai in ufficio da Gabriele con alcune idee. Tra i vari spunti ne avevo uno molto piccolo. Volevo raccontare di mostri che agivano come uomini e uomini (che sono poi diventati i nazisti) che agivano come mostri”, ha spiegato Guaglianone, ripercorrendo la genesi del film e raccontando di queste lunghissime conversazione con Mainetti con cui discutevano ogni singola scena per molte ore.
Lo stesso che ha riportato un’altra celebre sceneggiatrice, Silvia Scola, anche lei ospite della kermesse potentina assieme al regista Nicola Ragone per presentare il video mapping La figlia di Vlad. “Le sceneggiature sono un lavoro di gruppo, necessitano di uno scambio continuo”, ha dichiarato la Scola, spiegando come “il punto di forza di un lavoro cinematografico si trovi proprio nel contrasto”.
Un elemento che certo non è mancato nel rapporto con il regista e con tutta la squadra dell’ambizioso progetto (Dario e Michelangelo Toma della Power Creative che l’hanno prodotto, Giulio Giordano autore dei disegni, Lorenzo Bruno autore delle animazioni e Federico Leo autore della musica).
La Figlia di Vlad è, infatti, un racconto al femminile, una fiaba nera che indaga sul dissidio interiore di una donna, divisa tra razionalità umana e irrazionalità animalesca, quella caotica e selvatica di un vampiro. Una profuga, scappata e sfuggita dalle sue origini per mettersi in salvo dall’invasione ottomana, nascosta nella stiva di una nave diretta verso l’Italia, verso una nuova identità, un nuovo essere.
Un racconto disegnato, fumettistico, noir o nero, in cui si mescolano visioni, allucinazioni, ricordi e surrealismo.