Cosa resta della vecchia cava del sole
a firma di "Mutamenti a Mezzogiorno", di Michele Morelli.
Che sarebbe andata così non vi erano dubbi, tutto era abbastanza chiaro a partire dalla fine degli anni ottanta, quando, l’amministrazione, in tutta fretta, approvava il progetto di recupero e valorizzazione di alcune aree e manufatti siti nell’attuale parco regionale della murgia materana.
L’ipotesi di intervento prevedeva una serie di opere da realizzare in una parte consistente del territorio periurbano noto per la presenza di emergenze ambientali, archeologiche, storiche monumentali e testimoniali di eccezionale valore. All’epoca dell’approvazione del progetto, tutta l’area interessata ai lavori era sottoposta a norme di tutela urbanistica ambientale (vincolo paesaggistico, P.R.G. Piccinato, legge 771/86 e norme tecniche di attuazione allegate al Primo Programma Biennale). L’iniziativa promossa dall’amministrazione comunale si inseriva dunque in un contesto normativo di elevata protezione.
In seguito, con l’approvazione della legge regionale n. 11 del 1990, tutta l’area entrerà a far parte del territorio del Parco Regionale della Murgia Materana. Ma prima di entrare nel merito della vicenda della Cava del Sole, è opportuno ricordare il contesto politico culturale di quegli anni. Un periodo storico fortemente contraddittorio. Alla crescente domanda di tutela si contrapponeva una politica di forte crescita urbanistica e di abusivismo diffuso. Non mancarono tentativi di trasformare l’area a ridosso delle cave in un quartiere residenziale. Un piano di lottizzazione di edilizia convenzionata e agevolata pronto per essere discusso e approvato dal consiglio comunale. La colata di cemento fu evitata anche grazie alla protesta di alcune associazioni ambientaliste. Nel 1986 la Legambiente presentò alla procura della repubblica un rapporto sulle discariche abusive di tutta la zona. L'unico ad essere condannato fu la calcestruzzi in località San Vito che scaricava abusivamente nella Gravina gli scarti cementizi. Nello stesso periodo la chiesa di San Gregorio, sita a ridosso delle vecchie cave di tufo, fu abbattuta di notte con le ruspe. L’amministrazione comunale naturalmente non denunciò mai nessun episodio di quelli appena raccontati alla magistratura (per fare un esempio, l’ordinanza sindacale di ripristino ambientale per la calcestruzzi fu emessa solo dopo la condanna da parte del tribunale e non prima). In questo quadro di non governo del territorio, le vecchie cave di tufo incominciarono a colmarsi, a partire dalla metà degli anni ‘80, senza interruzione, di rifiuti. Rifiuti derivanti per lo più da attività edilizie di natura privata e pubblica. Il tema della bonifica delle cave di tufo e della loro valorizzazione fu posto nell’89, in occasione dei finanziamenti della legge per lo sviluppo del mezzogiorno L. 64/86. Lo scontro con l’amministrazione fu proprio sulla bonifica e sulla filosofia degli interventi da privilegiare. La legambiente ha sempre sostenuto che la valorizzazione avrebbe avuto senso solo attraverso un progetto di bonifica dell'area.
Asserito il finanziamento, l’opera pubblica fu approvato definitivamente nel 1992, in Variante al Piano Regolatore Generale, con delibera di consiglio comunale n. 58. Delibera di controdeduzioni alle “OSSERVAZIONI” presentate da Legambiente che naturalmente furono totalmente respinte dal consiglio comunale e in particolare dall’ex sindaco. Il progetto originario prevedeva numerosi interventi (oltre la misura, se consideriamo le risorse a disposizione) a partire da Porta Pistola, passando per lo Jurio, a Madonna di monte verde, Madonna degli Angeli, Madonna delle Vergini ecc., fino ad arrivare a Cristo la Gravinella. Il tutto, sarebbe stato realizzato tramite affidamento dei lavori con la formula “chiavi in mano”, per un investimento pari a 2.800.000.000 di lire. A distanza di quasi venti anni poco se non addirittura pochissimo è stato realizzato. Per quanto riguarda l’ambito delle “cave settecentesche”, site lungo la vecchia via Appia, Legambiente chiedeva il restauro ambientale dell’intera zona e maggiore attenzione al tema conservativo ( in quanto i Beni culturali vanno prima di tutto restaurati e resi fruibili al godimento pubblico). Si invitava in sostanza l’amministrazione ad acquisire le aree al patrimonio pubblico (non solo la cava del sole); a bonificare le discariche abusive diffuse sull’intero territorio, a partire dallo svuotamento delle vecchie cave; a restaurare le chiese, le strutture rupestri e subdiali esistenti; a ripristinare i muretti a secco (in particolare lungo i confini delle cave) e i percorsi pedonali dei cavatori; a riattivare i percorsi d’acqua, gli orti e giardini; ad acquisire ed abbattere gli edifici abusivi non ancora condonati (ex falegnameria); ad acquisire e restaurare le “aie” di Colangiulli a monte delle cave. Tutte queste informazioni si possono riscontrare nella delibera di c.c. n. 58/92. Rileggendo la documentazione di quegli anni e osservando attentamente le bellissime storiche foto di Mario Cresci, non si può non prendere atto del malinconico nonché triste risultato e denunciare il modo caricaturale e grottesco di interpretare i segni del territorio, la tutela, la valorizzazione dei Beni Culturali. Dell’antico “sistema antropico ambientale delle cave di tufo” rimane ben poco di autentico, non resta che riflettere sull’ennesima occasione perduta. Ancora una volta si è voluto investire sulla improbabile funzione (di spazio dedicato a manifestazioni dal vivo 365 /365 giorni all’anno) e non sulla fruizione del Bene Culturale in se. L’invadenza del politico del momento, ieri come oggi, così come l’assenza se non la complicità delle soprintendenze locali e degli uffici regionali preposti alla tutela, hanno probabilmente contribuito in modo definitivo a questo pessimo, deleterio e diseducativo risultato. Le foto di Mario Cresci per fortuna sono li a testimoniare la vera storia di questi luoghi e notificare cosa la città è stata privata.
Riportiamo anche la nota diffusa da Franco Vespe che replica al comunicato diffuso da Michele Morelli per conto di "Mutamenti a Mezzogiorno".
Caro Michele,
non sono affatto d’accordo con quello che tu scrivi sulle modalità di conservare un luogo di interesse storico-culturale e ambientale: Nel nostro caso la cava del sole. Io credo che non tutti i luoghi di quel genere debbano essere destinati alla “fruizione del Bene Culturale in se” come tu dici e..la cava del Sole è uno di quelli che si deve sottrarre alla “regola” da te suggerita. Io credo anzi che la regola debba essere capovolta: prima di tutto pensare a dare una funzione ad un luogo di tale interesse …poi – se ciò non fosse possibile – pensare di farla fruire come cosa bella in se. Se il tuo ragionamento fosse applicato “tout cour” avremmo dovuto mummificare i Sassi, avremmo dovuto chiudere in una teca l’area portuale di Genova o l’area paleo-industriale di Torino. Uno dei problemi più gravi di Venezia fra l’altro è il suo spopolamento e la sua trasformazione proprio in luogo da “fruire come bene culturale in se”. Ciò comporta inevitabilmente maggiori spese ed una inevitabile maggiore incuria nelle manutenzioni e nella salvaguardia. Si continua ad ignorare che più il bene artistico-culturale e “attraversato” dal fluire della nostra vita quotidiana maggiore è la probabilità che sia preservato e più efficace sarà la sua azione culturale ed educativa sulla vita delle persone. Ovviamente ciò deve essere accompagnato da una adeguata (in)formazione culturale e da un rigoroso controllo capace di salvaguardare l’”invariante artistico e storico-culturale” di un bene. Abbiamo a riguardo l’esempio straordinario dei trulli di Alberobello e della Valle dell’Itria
Poi non vorrei involgarire l discussione ma mi pare che destinare la cava del Sole ad eventi artistici e culturali sia una soluzione di gran lunga migliore rispetto a quella di abbandonarla a se stessa (ovvero di trasformarla in discarica!!) come fatto fino ad oggi dalle ultime amministrazioni materane (alle quali certamente chi scrive non ha partecipato!!) o, quel che è peggio, cercar di stendere su di essa un piano edilizio come cercarono di fare le amministrazioni del passato remoto.
Franco Vespe
Il Presidente dell’Ente Parco, Roberto Cifarelli, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
CAVA DEL SOLE, ASSICURARE CONTENUTI CULTURALI ALLA GESTIONE
“E’ stato piacevole ed emozionante partecipare alcune sere fa al concerto di Nicola Piovani che inaugurava il teatro all’aperto realizzato nella Cava del Sole, nel Parco della Murgia Materana, e vedere la numerosa presenza dei materani incuriositi dall’evento.
Non intendo in questa sede ritornare sulla necessità di realizzare urgenti opere provvisionali atte a preservare la delicatissima “cripta del Sole” in occasione degli eventi, in attesa di un suo restauro finalizzato ad una ottimale fruibilità, e sulla esigenza, allorquando il teatro all’aperto avvierà l’esercizio definitivo, di uno studio approfondito sui pericoli per l’avifauna derivanti dal possibile inquinamento acustico e luminoso.
E non intendo neanche oramai inutilmente domandarmi, col senno di poi, di come sarebbe stato possibile valorizzare la cava in altro modo rispetto alle opere materialmente realizzate ed alla destinazione d’uso realmente oggi attribuita. In quasi vent’anni di distanza tra la progettazione ed i lunghissimi tempi di realizzazione degli interventi ci sarebbe stato tutto il tempo e lo spazio per decidere ed operare diversamente.
Si potrebbe obiettare, piuttosto, che, anziché attardarsi inutilmente a sindacare su cosa si poteva fare e non è stato fatto, sarebbe stato opportuno terminare i lavori e contestualmente avere una idea chiara di come assicurare allo straordinario scenario naturale della Cava del Sole una adeguata gestione al fine di evitare di allungare il già lungo elenco di opere realizzate ed abbandonate perché ingestibili.
Ritengo l’opera pubblica strategica nel quadro delle iniziative volte alla individuazione di spazi dove poter fare esprimere le realtà culturali materane ed i giovani talenti artistici per una produzione culturale autoctona.
Un vero e proprio laboratorio culturale.
Certo, l'acustica del luogo va migliorata, alcuni aspetti fortemente impattanti anche (il manto verde), ma l'opera in sé merita rispetto ed attenzione. Adesso bisognerà riempirla di contenuti.
Non è sufficiente un contenitore, per quanto bello e prestigioso per essere da solo una attrazione.
E’ necessario lavorare da subito a più mani (Comune, Parco, Apt, Regione) coinvolgendo strutture private (culturali ed imprenditoriali) per garantire continuità e contenuti alla gestione.
Personalmente immagino la realizzazione di un grande spettacolo di teatro, luci, suoni da ripetersi sistematicamente a vantaggio almeno dei circa 700-1000 turisti che pernottano in città nei fine settimana per sei mesi da aprile a settembre, che abbia forti contenuti culturali di identificazione con la nostra storia ed il nostro territorio. Sarebbe un modo per allungare la loro permanenza visitando poi Matera di sera.
E poi un festival permanente delle nostre produzioni culturali e concerti occasionali di grande rilievo. Il fabbricato dove oggi c'è la Seat, opportunamente ristrutturato, potrebbe diventare un albergo, ristorante, bar al servizio della cava.
La “Cava del Sole” offre la possibilità di consolidare il ruolo già riconosciuto di “Matera città della Cultura” attraverso la realizzazione di eventi strutturati nel tempo tali da diventare attrattore turistico/spettacolare complementare alla fruizione dei Beni Culturali e paesaggistici dei Sassi e del Parco.
Occorre puntare in alto, all'eccellenza, procedendo con pragmatismo, affermando la cultura del fare (bene), e sconfiggendo le voci (poche) che puntualmente in queste occasioni si alzano per sottolineare le cose che (forse) non vanno (che pure ci sono).”