Armando Lostaglio, presidente CineClub Vittorio De Sica – Cinit” di Rionero in Vulture, in una nota traccia un ricordo dello scrittore e saggista rionerese Beniamino Placido a dieci anni dalla sua scomparsa.
Sono 10 anni che lo scrittore e saggista rionerese Beniamino Placido ci ha lasciato, era il 6 gennaio del 2010, in Inghilterra. E a commemorarlo a Roma c’erano gli amici di sempre, come gli intellettuali Massimo Cacciari e il Cardinale Gianfranco Ravasi, che del saggista aveva profonda stima. Un grande uomo di cultura, non credente, che scriveva di letteratura e di cinema, per cui il CineClub “Vittorio De Sica” – Cinit di Rionero in Vulture ha proposto all’Amministrazione Comunale di intitolare una strada dalle parti del Ponte di Ferro, quartiere che lo aveva visto crescere e che talvolta riportava nei suoi articoli, in Nautilus del quotidiano Repubblica sul quale pubblicava articoli memorabili. Diverse sono state le sue pubblicazioni nei decenni scorsi come “Eppur si muove” scritto a quattro mani con Indro Montanelli (Rizzoli 1995), “La televisione col cagnolino” riprendendo Cechov, (Il Mulino 1993), “La riscoperta dell’America” (Laterza 1994) che è una discussione a più voci fra Placido, Umberto Eco e Gian Paolo Ceserani. Sono saggi di elevata valenza culturale, come lo erano pure “Le due schiavitù per un’analisi dell’immaginazione americana” (Einaudi 1975) e “Tre divertimenti. Variazioni sul tema dei Promessi sposi, di Pinocchio e di Orazio” (Il Mulino 1990), che hanno fatto dello scrittore lucano un punto di riferimento imprescindibile nelle analisi e nelle comparazioni delle società occidentali, in particolare con quella americana. Beniamino Placido era nato a Rionero in Vulture (Basilicata) nel 1929; tutt’ora, in alcuni ambienti letterari, continua ad aleggiare la sua pungente ed ilare critica al sistema, ai mezzi di comunicazione, all’arte. La Rai ha dedicato un programma ai 90 anni del critico, la stessa Rai cui aveva collaborato in anni di intenso confronto dialettico. Memorabili resteranno Serata Marx, Serata Garibaldi, Serata Manzoni, come i cammei in film di Nanni Moretti (Io sono un autarchico) e Paolo Pietrangeli (Porci con le ali). Placido (cugino al padre dell’attore e regista Michele), prima di collaborare con il quotidiano romano, è stato funzionario della Camera dei deputati, e quindi giornalista e conduttore televisivo. Indimenticabile rimane quel suo Sedidicietrentacinque dei primi anni ’80, pura lezione di critica cinematografica spiegata come meglio non si potrebbe. In occasione del suo settantasettesimo compleanno, i suoi amici – fra cui Tullio Kezic, Massimo Cacciari, Tullio Pericoli, Giovannino Russo – gli avevano fatto un regalo davvero originale: la pubblicazione di un libro scritto a più mani, dal titolo “Caro Beniamino. Scritti per una festa di compleanno” nel quale si riportano aneddoti, curiosità e testimonianze che lo hanno reso celebre negli ambienti culturali non soltanto romani. Placido lanciava provocazioni come su Garibaldi, asserendo che se avessero avuto la meglio i Borboni, oggi brigante sarebbe stato definito Garibaldi, mentre eroe nazionale Carmine Crocco, il brigante originario proprio della sua cittadina, Rionero in Vulture. I ricordi di Mimino, come lo chiamavano parenti ed amici rioneresi, sono davvero tanti. Bruno Vorrasi (gestore storico del cinema della sua città) ricorda che a scuola era il più brillante. Al liceo potentino si distingueva pure perché impartiva lezioni di greco e latino agli studenti più giovani, ma non era di quelli che oggi si definirebbero secchioni, tutt’altro. Amava molto leggere i classici, la letteratura francese e russa (conferma il cugino Federico), e da adulto parlava e traduceva correntemente dall’inglese, dal francese e dal tedesco. Ma la lingua madre cercava di custodirla gelosamente, parlandola abitualmente nella sua casa romana e fra i parenti. Rimarrà infatti proverbiale la sua cadenza lucana nelle brillanti dissertazioni televisive, ove appariva come un nostrano Woody Allen. Beniamino Placido è di quei personaggi di cui si avverte la mancanza in questo “tempo sbandato”, assenza come quella di Pasolini, di Eco, di Montanelli, di Sciascia e di pochi altri, per una rilettura dell’epoca e magari l’indicazione della rotta. Questo scriveva Placido in occasione del trapasso del suo amico e collega lucano Orazio Gavioli: “Mi pare di capirla meglio, adesso quella frase. Il mondo diventa un deserto grigio, e si sente male un po’ dappertutto (un po’ dappertutto) quando scompare un amico così prezioso.” Un amico colto e prezioso è stato Beniamino Placido (li ricorda con stima entrambi Irene Bignardi), per quanti ameranno il confronto nel segno della cultura e della crescita collettiva.