Un’eco dal passato che risuona nel presente, nei ricordi e nelle voci di anziane donne e singolari figure. È il binomio che anima il “Rapone Fiaba Film Festival”, evento nato al termine di un percorso ispirato da un’azione della Regione Basilicata e dell’Apt che ha favorito l’intuizione del piccolo comune lucano: puntare sulla tradizione delle favole popolari tipiche del borgo. Ne parla Felicetta Lorenzo, giovane sindaco del comune lucano, che ha presentato “Fiaba d’Autunno”, il cortometraggio vincitore del Festival, all’Isola Tiberina, a Roma, dove è stato ricordato il primo anno di vita della Lucana Film Commission.
Come nasce Il “Rapone Fiaba Film Festival”?
Bisogna riavvolgere il nastro fino al 2010, quando attraverso i Piot (Pacchetti Integrati di Offerta Turistica) fu chiesto ai comuni lucani di presentare progetti che dessero impulso al turismo. Il comune di Rapone pensò di difendere la propria identità culturale puntando sul patrimonio orale delle fiabe. Abbiamo bandito prima un concorso letterario, al quale sono state candidate più di cento fiabe da tutta Italia, poi raccolte nel volume “Rapone paese delle fiabe”. Successivamente abbiamo puntato sulla musica, con un concorso che richiedeva la realizzazione di “colonne sonore” che facessero da sottofondo alle fiabe già esistenti, quindi abbiamo ampliato il nostro progetto con il Festival.
Attorno a quali temi ruotano queste fiabe?
Sono quelle che i nostri nonni ci raccontavano davanti al camino e che ci facevano scoprire personaggi misteriosi, come il lupo mannaro o la masciara: figure dal valore antropologico ma anche educativo, utilizzate anche per riuscire a gestire l’educazione dei figli.
Cosa si aspetta come giovane primo cittadino di un paese così piccolo?
Voglio suscitare curiosità e attirare gente. Solo noi possiamo tenere accesi i riflettori e rendere visibili i paesaggi fantastici, i prodotti genuini, l’aria salubre che li caratterizza. Mi aspetto che tante altre persone possano innamorarsi del nostro territorio come siamo innamorati noi.
Quanto pensa l’identità popolare sia importante per un paese come Rapone?
È fondamentale, perché se noi per primi non conosciamo la nostra cultura, non riusciremo mai ad apprezzare quella di altri territori, né a rispettarla fino in fondo.
Definire Rapone un “piccolo” paese della Basilicata costituisce un valore aggiunto?
Credo sia un patrimonio inestimabile. In questa “piccolezza” risiedono i buoni rapporti di vicinato, il fatto di conoscersi tutti. Di questo dobbiamo fare tesoro e lavorare per ottenere i risultati migliori, attirando l’attenzione dall’esterno non solo in estate…
Di qui a qualche anno cosa immagina per il suo comune?
Bisogna fare molto e noi non ci fermiamo. Stiamo indirizzando il progetto sulle fiabe verso le arti figurative, raccontandole attraverso fumetti.
Qual è il suo ricordo di bambina che ascoltava storie di masciare e lupi mannari davanti al camino?
Noi siamo gli ultimi testimoni di questa cultura orale. Ricordo che i miei nonni ci credevano molto, la signora che compare in “Fiaba d’Autunno” vive ancora, è una di loro. Ricordo l’esistenza di un mondo tutto magico costruito grazie a quei racconti. Ad esempio, le anziane ci invitavano a non avvicinarci ai pozzi, altrimenti “la mano longa” – un altro personaggio fantastico delle nostre fiabe – ci avrebbe portati via. Ovviamente, quell’insegnamento serviva a farci capire che i pozzi erano luoghi pericolosi, e un bambino doveva starne lontano. Era un modo per trasmettere messaggi di educazione e obbedienza. E noi vogliamo continuare a tramandare queste tracce del passato.