“Il 16 febbraio Istituto Luce Cinecittà propone due film molto diversi fra loro ma che bene rappresentano la mission della nostra società. Il Filo dell’Alleanza coniuga arte figurativa, cinema della realtà e la possibilità di essere entrambi strumento di “ricucitura” di politiche, paesi e generi diversi con al centro la forza e l’umanità delle donne. Notarangelo -Ladro di Anime ci fa conoscere non solo un fotografo capace di raccontare l’anima di un territorio attraverso le persone che lo abitano, ma anche la politica che lo attraversa e la cultura che lo rivela. Una bella giornata per noi e un modo per ringraziare David Grieco, i fratelli Notarangelo, Daniela Papadia, Francesco Miccichè, il gruppo musicale dei Soballera e gli illustri ospiti che accompagnano le due proiezioni, per averci affidato due importanti testimonianze della ricchezza culturale del nostro paese”: così sottolinea Roberto Cicutto, AD e presidente di Istituto Luce Cinecittà, questa giornata di testimonianza culturale.
E la giornata di domenica 16 febbraio sarà un viaggio (e breviario) mediterraneo: da Matera alla Terra Santa, via Palermo.
Il film documentario Il filo dell’allenza è un viaggio da Palermo a Gerusalemme, con l’arte che vuole ricucire le differenze.
Il film documentario Notarangelo-Ladro di anime è un viaggio nell’arte della fotografia in bianconero e tra i Sassi con Pasolini, cioè in quelle caverne scavate nella roccia, che le rendono molto simili alle zone attorno a Gerusalemme e rendono Matera sede spirituale di Gerusalemme al cinema (Il vangelo secondo Matteo, King David, La Passione di Cristo, The Nativity Story, ecc. )
Programma
(con ingresso libero, fino ad esaurimento dei posti)
CINEMA NUOVO SACHER, Largo Ascianghi, 1, 00153 Roma
Ore 11: proiezione del film documentario Il filo dell’Alleanza di Francesco Miccichè e dell’artista Daniela Papadia (durata: 56’), preceduta da una presentazione.
Ore 12: incontro : “L’arte ricuce le differenze”. Con: Francesco Miccichè, Daniela Papadia, Carolyn Christov-Bakargiev, scrittrice e storica, direttrice del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Milena Santerini della Comunità di Sant’Egidio, nominata di recente Coordinatrice nazionale per la lotta all’antisemitismo. Partecipa: Lorenzo Angeloni, direttore generale per la Promozione del Sistema Paese del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Moderatore: Filippo Ceccarelli, giornalista de la Repubblica e scrittore.
CASA DEL CINEMA, Largo Marcello Mastroianni, 1, 00197 Roma
Ore 17:30 : proiezione del film documentario Notarangelo ladro di anime di David Grieco (durata : 85’), preceduta da una presentazione.
Saranno presenti: David Grieco, Manuel Grieco, Peppe Notarangelo, Raffaello De Ruggeri, sindaco di Matera, Salvatore Adduce, presidente della fondazione Matera-Basilcata2019 , Giampaolo D’Andrea, assessore alla cultura del comune di Matera, Lorenzo Netti, sindaco di Sammichele di Bari (paese d’origine di Domenico Notarangelo), Patrizia Minardi, ufficio cultura della regione Basilicata, Felice Laudadio, presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, Diego Mormorio, storico della fotografia, Aldo Patruno, ufficio cultura della regione Puglia.
Ore 19:00: concerto dei Soballera, gruppo di musica popolare del Sud, curatori della colonna sonora del film documentario.
Notarangelo – ladri di anime, un film documentario di David Grieco
Fotografia Antonio Notarangelo
Montaggio Manuel Grieco
Musiche originali: Soballera
Una produzione Jumping Flea
Una distribuzione Istituto Luce-Cinecittà
Italia 2019. Durata: 84 minuti.
Notarangelo, reporter e testimone del Sud d’Italia per mezzo secolo. Un tesoro smembrato da preservare. Ci sono i Cristi in croce di Matera. Le facce bellissime e anonime dei contadini. I bambini che giocano tra i Sassi. Un mondo al tramonto eppure vivissimo. (Fabio Ferzetti, l’Epresso)
Partiamo da questa foto
Pochi sanno che è di Domenico Notarangelo la famosissima foto di Enrique Irazoqui e Pier Paolo Pasolini sul set de Il Vangelo secondo Matteo, durante le riprese nei Sassi di Matera nel 1964.
E non solo quella, naturalmente. Fotografo e corrispondente a Matera per l’Unità, Notarangelo era uno di quelli che non smetteva mai di scattare e documentare, non smise nemmeno quando diventò segretario di Federazione del Pci a Matera. Pasolini lo aveva individuato come utile ‘guida alla città’, diciamo così. Un contatto prezioso per trovare i volti adatti a fare da comparsa nel suo film. Notarangelo glieli trovò nella sezione del Pci, tra i braccianti dai volti scuri, duri e con le rughe. Pasolini li prese tutti e prese anche lui, il fotografo, che, quando era libero dal suo ruolo di centurione, scattava.
Lo raccontava prima di morire: “Ho un archivio di 100mila scatti più o meno in bianco e nero…”. E lì dentro c’è un vero e proprio tesoro che ora il film di David Grieco Notarangelo-ladro di anime, presentato quest’anno al Bifest a Bari, riporta alla luce almeno in parte. Domenico Notarangelo è uno di quei fotografi poco conosciuti, che però ha lasciato una mole di materiale (non solo foto, ma anche libri, molti pubblicati in vita, altri già pronti da dare alle stampe) degno delle migliori cronache nazionali. Pierpaolo Pasolini, Carlo Levi e tutti i ‘gioielli’ della Basilicata degli anni 60-70, di Matera e i suoi Sassi: nelle foto di questa specie di incrocio nostrano tra Cartier-Bresson e Salgado ci sono le persone celebri e quelli che mai avrebbero pensato di poterlo diventare, i contadini, le loro feste e i funerali, le manifestazioni di protesta o le scene di vita quotidiana nei quartieri antichi, quando erano solo miseria e non patrimonio mondiale dell’Unesco, ‘anni luce’ prima che Matera diventasse capitale europea della cultura 2019.
Mimì se ne è andato via domenica 4 dicembre 2016. Mimì sta per Domenico e a Matera, città di adozione, non occorre altro per capire che si parla del fotografo, scrittore, giornalista battagliero, studioso di storia locale, che di cognome faceva Notarangelo.
Grande uomo d’altri tempi, capace di conciliare rigore politico, pacatezza signorile, umanità profonda e garbata, che in lui, uomo del sud dimenticato, era velata da un filo di malinconia. Ha lavorato al fianco di tanti artisti, ma nel cuore gli brillava soprattutto il ricordo di Pasolini. Da quella esperienza ricavò una serie di straordinarie fotografie “rubate” sul set, dove Mimì, che, da capo comunista, doveva limitarsi a organizzare solo il servizio di protezione del regista, finì invece anche per fare la parte di un centurione. Fu occasione fortunata, comunque, che gli permise di aggirarsi indisturbato in mezzo alla troupe e di scattare foto stupende, che poi hanno fatto il giro del mondo e ora sono parte di un preziosissimo archivio.
Di Pasolini, però, gli erano rimaste anche altre cose, tutte legate alla cultura popolare dell’amata Lucania. Ad esempio, amava ricordare l’acceso dibattito politico con Pasolini, che in qualche raro momento libero ritagliato dal lavoro non mancava di mettere in guardia lui e i giovani del posto dal rischio del “progresso senza sviluppo” che avrebbe potuto deturpare irrimediabilmente l’antico scrigno contadino di Matera e stravolgerne i valori in nome di un benessere economico di facciata. Mimì, allora, aveva vivacemente contrastato quella ipotesi, contrapponendo al poeta le “magnifiche sorti” del futuro che si sarebbero invece aperte anche per il sud più diseredato e lo avrebbero potuto liberare dall’atavica miseria. «Altro che – disse in seguito con l’amarezza del senno di poi e la coscienza di ben altre delusioni- aveva ragione lui».
Mimì era una miniera di racconti, episodi, aneddoti, riflessioni, ed era anche un gran signore della conversazione. La sua casa era ospitale, piena di libri, quadri, fotografie, carte.
Ma naturalmente non c’è solo il set con Pasolini. L’archivio è incredibilmente vasto, un pezzo di storia che il film di Grieco cerca di seguire e svolgere nei suoi numerosi rivoli. C’è Matera, naturalmente, la sua povertà e la sua evoluzione negli anni ’50, dopo la visita di Palmiro Togliatti e poi di Alcide De Gasperi, l’etichetta di “vergogna nazionale”, la decisione da Roma di intervenire, l’interessamento di Adriano Olivetti per la realizzazione dei nuovi quartieri rurali a ‘La Martella’, borgo fuori città. E poi i progetti – falliti – di industrializzazione di una città del sud, a vocazione quasi esclusivamente agricola.
Ma soprattutto, la politica. “La politica ti abitua a una cosa straordinaria: la scoperta del rapporto umano”, diceva Notarangelo. E nel film c’è la storia straordinaria di Maria Ippolito Santomassimo, dirigente dell’Azione cattolica catapultata a guidare la lista del Pci per le comunali di Aliano nel 1973. Che c’entra? Lei lo racconta nel film: “Fu Notarangelo e mio fratello a mettermi capolista e io accettai”, nonostante la contrarietà del genitori. Una donna sindaco, a quei tempi, in un paesino della Basilicata più profonda, Aliano, dove Carlo Levi fu spedito in confino dal regime fascista, lo stesso Levi che naturalmente Notarangelo frequentò, intervistò, fotografò. Non si pensi che la presenza di Levi avesse lasciato strascichi nella piccola società di Aliano: “I comunisti erano 3-4…”, racconta Notarangelo nel film. Ma Maria vinse le elezioni, una delle prime donne sindaco d’Italia. Per festeggiare tornò anche lo stesso Levi, che ne approfittò per scegliersi il posto al cimitero: due anni dopo morì e fu sepolto lì. Ai suoi funerali, Aliano fu invasa da migliaia di macchine e persone che mai aveva visto e mai rivide più.
Con la scusa di raccontare Notarangelo, il film di Grieco, nato dalla preziosa collaborazione con i figli di Domenico – Tony, Peppe e Mario ( presidente dell’associazione “Pasolini Matera”)- racconta un bel pezzo di storia del sud. E lui, Mimì, come lo chiamavano tutti, non potrebbe desiderare altro. Anzi no, forse un’ultima cosa la desidererebbe: che il suo archivio sia sistemato per bene da qualche parte, valorizzato e fruibile a tutti, dagli scatti sulla miseria a patrimonio per una cultura comune.
Domenico Notarangelo, come nessun altro prima di lui, ci racconta come eravamo e perché siamo diventati come siamo diventati in un momento chiave della nostra storia come quello che in questo momento stiamo vivendo. Descritto così, Domenico Notarangelo potrebbe sembrare un megalomane. Ineffetti lo era. Era un megalomane dell’altruismo. E tutti noi coinvolti in questo progetto abbiamo cercato di imitarlo.
Speriamo di non aver commesso troppi errori. Potevamo soltanto sbagliare noi. Perché non ci sono parole per descrivere ciò che è riuscito a fare in vita questo Domenico Notarangelo, fotografo e antropologo dilettante. Più di Salgado, più di Cartier-Bresson, più di Malinowski, più di Levi Strauss.
[dalla nota di regia di David Grieco]
Domenico Notarangelo nasce il 6 marzo 1930 da una famiglia contadina in Puglia a Sammichele di Bari. A Bari entra in seminario nel 1943 e lì vive l’esperienza dei bombardamenti del 1945. Ritorna al paese nel 1946 dove la Curia lo allontana dal seminario a causa delle sue simpatie per il Comunismo.
Dopo un periodo di studio ad Amalfi giunge in Lucania nella seconda metà degli anni cinquanta stabilendosi a Matera, la sua città di adozione. Nella Città dei Sassi ha scoperto le affinità elettive che hanno dato senso ed ispirazione ai suoi molteplici impegni.
A Matera Domenico Notarangelo si è dedicato all’attività politica e di operatore culturale. È stato giornalista e per molti anni corrispondente dalla Basilicata per il quotidiano L’Unità. In tempi più recenti è stato caporedattore di emittenti televisive.
Ha sempre accompagnato l’interesse professionale alla ricerca e allo studio della civiltà contadina, delle tradizioni popolari e della devozione, oltre alla storia politica del territorio e del giornalismo periodico delle regioni meridionali. Fino agli ultimi mesi di vita ha continuato a pubblicare saggi antropologici e libri di fotografia oltre a volumi di carattere storico.
Appassionato di fotografia ha raccolto e documentato testimonianze di costume e di tradizioni popolari e religiose in un archivio di centomila immagini fotografiche e centinaia di ore di filmati super8 e 16mm oltre ad una larga messe di documenti che oggi costituiscono uno dei più importanti archivi privati del Mezzogiorno.
L’Archivio Domenico Notarangelo è stato nel 2011 dichiarato Bene storico di interesse nazionale dal ministero dei beni culturali.
David Grieco è nato a Roma nel 1951. Sedicenne, viene scelto come attore da Franco Zeffirelli per Romeo e Giulietta, da Pier Paolo Pasolini per Teorema e da Bernardo Bertolucci per Partner. A diciassette anni, diviene assistente alla regia di Pasolini e Bertolucci. A diciannove anni, entra a L’Unità come critico di cinema e musica in Italia e corrispondente estero. A trent’anni, torna nell’industria cinematografica come sceneggiatore, scrivendo serie televisive come Sogni e bisogni interpretata da Giulietta Masina, e grandi successi cinematografici come Caruso Pascoski di padre polacco, diretto e interpretato da Francesco Nuti, Mortacci e I magi randagi per Sergio Citti e molti altri progetti. Nello stesso periodo, diviene produttore. A quarant’anni, si dedica alla scrittura di alcuni saggi e romanzi: Il comunista che mangiava i bambini, Fuori il regista, Parla Greganti, Funari è Funari. Contemporaneamente, è autore e conduttore di svariati programmi radiofonici e televisivi, creando Hollywood Party e Radio City Cafè per la RAI e Il Giornale del Cinema per Tele+. Per Tele+ e Canal+ (Francia), gira oltre 100 documentari sui grandi registi e attori della nostra epoca, tra cui Clint Eastwood, John Woo, Robin Williams, Rod Steiger, Liv Ullmann, Spike Lee, Philippe Noiret, Elliott Gould, Daniel Auteuil, David Lynch, Jean Jacques Annaud, Ettore Scola, Mario Monicelli e tanti altri. Superati i cinquant’anni, scrive, dirige e produce, insieme a Mario Cotone il suo primo film da regista, Evilenko, tratto dal suo romanzo ‘Il comunista che mangiava i bambini’ e interpretato da Malcolm McDowell. Evilenko è stato distribuito in tutto il mondo (compresi Stati Uniti e Cina) ed è stato nominato a 18 premi, tra cui il Nastro d’Argento Internazionale a Malcolm McDowell.
Nel 2016 è uscito nelle sale italiane La macchinazione, protagonista uno straordinario Massimo Ranieri, nella ricostruzione degli ultimi tre mesi di vita di un gigante della cultura del XX secolo, e amico di Grieco, Pier Paolo Pasolini. Il film è stato presentato in decine di Festival internazionali.
I Soballera nascono nel 2005 dall’incontro di Stefano De Dominicis, di origini lucane e Salvatore Simonetti, biscegliese d’adozione ma di sangue napoletano.
La band, nel corso dei primi anni, ha visto avvicendarsi al suo interno numerosi musicisti concentrando il lavoro di ricerca sulla musica popolare pugliese.
Dal desiderio di allargare il campo d’indagine a tutta la musica tradizionale del sud Italia e dall’incontro con il tamburellista Francesco Savino, salentino di nascita e il fisarmonicista terlizzese, Giuseppe Volpe, la formazione si stabilizza.
La diversità delle origini dei componenti, amalgamate armoniosamente attraverso la passione per gli strumenti musicali che con dedizione e rispetto suonano, diviene il tratto distintivo della band che riesce a spaziare tra i colori della musica popolare del Sud.
I Soballera (tradotto dal dialetto ostunese, significa “sopra all’aia”) da oltre dieci anni, animano con le loro tarantelle, tammurriate, canzoni d’amore, ritmi e balli sanguigni, festival di musica popolare (Radicazioni, Cantinando, Taratatatà, Irno folk Festival, Suoni della Murgia, Ragnatela Folk Festival, Li Ucci Festival), feste di piazza, sagre e manifestazioni di strada. L’impegno nell’ambito della canzone popolare ha, inoltre, avuto una consacrazione con la scrittura di brani di protesta (“Pizzica avvelenata”, un manifesto No Triv) e la rielaborazione originale di canti e filastrocche tradizionali appulo-lucane.
Lo spettacolo che propongono, accompagnato da una coppia di danzatori tradizionali professionisti, è un viaggio musicale tra i ritmi, i suoni, le voci e le danze della musica tradizionale meridionale: pizziche, tarantelle, tammurriate, canti rituali e canti d’amore, canti di fatica e canti di passaggio, canti di popoli in partenza e in arrivo ma, soprattutto, balli e ritmi di un popolo in festa.
Dopo il primo cd “Avast” (Digressioni Music) vincitore del premio nazionale Folk and World 2018, il 29 aprile è uscito il cd “Luce ‘na stella” (Radici Music), colonna sonora del film documentario “Notarangelo ladro di anime” del regista David Grieco, presentata al Bifest di Bari a maggio 2019.
Attualmente, la formazione è composta da:
Stefano De Dominicis (voce e chitarra battente)
Francesco Savino (voce e tamburi)
Salvatore Simonetti (chitarre e cupa cupa)
Giuseppe Volpe (fisarmonica)
Giovanni Emanuele Gelao (strumenti a fiato)
Il filo dell’alleanza, Un film documentario di Francesco Miccichè e Daniela Papadia
Regia Francesco Miccichè
Scritto da Daniela Papadia
Una produzione R-Reporter in associazione con Istituto Luce Cinecittà
Con: Daniela Papadia, Abraham Yehoshua, Roberto della Rocca, Michal Avissar Cohen, Letizia della Rocca, Ali Qleibo, Eti Livne, Fatima Faroun, Darin Sibak Abu Khalia, Antoniette Knesevich, Daniel della Rocca, Naama El Saneea, Layla Nazal
Montaggio Paolo Vanghetti
Musica Francesco Cerasi
Fotografia Gioacchino Castiglione
Missaggio Matteo Del Vecchio
Lingua: Italiano, Inglese, Ebraico, Arabo (sott italiano)
Italia, 2018
Una distribuzione Istituto Luce Cinecittà
Il Filo dell’Alleanza è un gruppo di donne tra Israele e Palestina. Una tela da ricamare. Un tentativo di ricucire gli strappi in un territorio in guerra.
Il Filo dell’Alleanza, film documentario di Francesco Miccichè e dell’artista Daniela Papadia, è una storia di donne del Medio Oriente che ricamando ricuciono gli strappi della guerra: sessanta donne di varie etnie e religioni della Terra Santa tessono insieme un arazzo che rappresenta il Mediterraneo e il sangue dell’uomo. Il doc racconta questa storia d’incontri, di trame che intrecciandosi creano nuove alleanze, superando le reciproche paure.
Il Filo dell’Alleanza è il racconto di un viaggio straordinario, quello di un’opera di Daniela Papadia da Palermo alla Terra Santa, e un reportage umano e intimamente politico nelle vite di donne comuni, impegnate a vivere in terre non comuni attraversate dalla guerra. Un viaggio scritto in una mappa speciale, quella del nostro genoma che disegna il mediterraneo.
Il Filo dell’Alleanza è il racconto della creazione e della realizzazione di un grande arazzo, lungo quasi sei metri, concepito da Daniela Papadia con l’intento di farlo ricamare alle donne delle comunità di etnie diverse, israeliane e palestinesi, druse e beduine, stanziate tra Israele e Palestina. Il disegno dell’arazzo è quello del genoma, la mappa dentro il nostro sangue che integra e definisce l’unicità e la somiglianza di ogni persona. L’arazzo è la mappa nautica del mediterraneo, rappresentata al suo interno da una serie di dodici geni, che hanno un ruolo fondamentale nella funzione del sangue, scelti per evidenziare il forte ruolo che il sangue ha sempre giocato nel mondo come simbolo di alleanze, rotture o accettazione. La mappa del genoma, nella sua complessa elaborazione, ci mostra gli elementi comuni che appartengono all’umanità intera.
Daniela Papadia ha scelto il ricamo come mezzo espressivo perché è l’arte della riparazione. La metafora dei fili e della tessitura è stata utilizzata in tutte le tradizioni dei vari popoli della terra. Il filo è l’immagine della vita stessa e del destino al quale tutti siamo invisibilmente legati.
Il gruppo di donne prova a ricucire gli strappi della propria esistenza ricamando i geni del sangue, metafora del sangue versato in una terra martoriata da guerre fratricide. Il sangue simboleggia la vita, è un legame non solo di natura relazionale ma anche biologica.
Il filo del ricamo unisce mani, occhi, vite differenti. Un gesto semplicissimo, che ci mostra come di là degli incroci della storia, della politica, degli interessi nazionali, delle propagande, proveniamo tutti da una donna, un mare, un sangue, e dobbiamo ricordarci di un destino comune, e della necessità di un comune vivere.
Il Filo dell’Alleanza diventa così un viaggio visionario e commosso in luoghi toccati da inesausta bellezza, dentro volti indimenticabili, voci e racconti di donne che hanno sofferto e che sanno ancora sorridere. Un viaggio compiuto su un’opera d’arte, come un tappeto volante. E nella geografia esterna (il mare Mediterraneo) e interna (il genoma) delle nostre vite. Nelle credenze diverse, nelle comuni radici.
A impreziosire il film, la presenza partecipe dello scrittore di fama mondiale, romanziere, saggista Abraham Yehoshua, che porta al film il suo pensiero sulle possibilità di pace nei Territori, e lo ha già definito “un documentario che aiuta a costruire la pace”.
Il documentario-prodotto dalla R-Reporter in associazione con Istituto Luce Cinecittà, che lo distribuisce, è stato in concorso a: Alberta International Women’s Film Festival, FilmArte Festival di Berlino e al SalinaDocFest. L’arazzo de Il Filo dell’Alleanza è stato esposto a Gerusalemme, Palermo e a Bruxelles.
DANIELA PAPADIA
E’ nata a Palermo, attualmente vive e lavora a Roma. E’ un artista Italiana che ha esposto le sue opere in Italia, Europa, Stati Uniti, Svizzera, Israele e Palestina, presso Gallerie (Sergio Tossi, Firenze, Barbara Davis Gallery, Huston, Ernest Hilger Gallery, Vienna e Parigi, Generous Miracles, New York) e istituzioni (Fondazione Hardhof, Basilea, American Accademy in Rome, Palazzo delle Esposizioni, Roma, Fondazione Marzotta, Milano, Galleria Civica, Instabul, Citizens Columbus Fundation, New York, Museo Pino Pascali, Bari, Fundus Fundation, Kassel, Museo d’arte Moderna di Palermo e Museo PAN di Napoli). Nel 2006, il Museo d’Arte Moderna di Palermo ha organizzato una sua personale, dove sono stati presentati gli ultimi cinque anni della sua attività artistica. Nello stesso anno la Fondazione Hardhof di Basilea ha presentato una sua personale con gli ultimi anni della sua attività. Nel 2014 ha ricevuto la medaglia d’oro di rappresentanza dal Presidente della Repubblica Italiana per l’opera La Tavola dell’Alleanza. Nel 2018 il Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione Internazionale ha patrocinato e supportato il progetto Il Filo dell’Alleanza.
Riconoscimenti
2001 Fulbright Fellowship – American Academy in Rome
2002 Fundus, Bateaubleu, Kassel Documenta
2010 Magmart – International Videoart Festival, Museo PAN di Napoli e CAM di Casoria
2014 Medaglia d’oro di rappresentanza del Presidente della Repubblica Italiana.
Francesco Miccichè
Francesco Miccichè è un regista e sceneggiatore italiano. Ha diretto film, serie televisive, miniserie, cortometraggi e documentari.
A gennaio 2019 esce il suo terzo film Compromessi Sposi, commedia con Vincenzo Salemme e Diego Abatantuono, prodotto da Camaleo e Vision. E’ dell’anno precedente, prodotto da IIF e Raicinema, Ricchi di fantasia con Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli. Mentre del 2015 è Loro chi?,con Edoardo Leo e Marco Giallini, che Miccichè dirige assieme allo sceneggiatore Fabio Bonifacci. Coprodotto da Picomedia e Warner Bros. Entertainment Italia, il film ottiene la candidatura al David di Donatello 2016 nella categoria Miglior Regista Esordiente.
Il 12 dicembre 2020 va in onda in prima serata su Raiuno la sua docufiction Io Ricordo, Piazza Fontana, con Giovanna Mezzogiorno, mentre del gennaio 2019 è Figli del Destino, che ha firmato con Marco Spagnoli. Altre sue regie sono Aldo Moro il professore, con Sergio Castellitto, e Paolo Borsellino: Adesso tocca a me con Cesare Bocci. Del 2016 Io sono Libero, scritto e diretto con Giovanni Filippetto, racconta la storia dell’imprenditore siciliano Libero Grassi, ucciso dalla mafia nel 1991.
Come documentarista ha collaborato con La Grande Storia e curato la regia dei primi tre anni di Sfide, programma culto di Raitre, con il quale ha vinto il Premio Flaiano (2002). Del 2014 è il documentario La Tavola dell’Alleanza, su una performance dell’artista Daniela Papadia, insignito della Medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica per l’alto valore artistico e sociale. Mentre del 2019 è Il Filo dell’Alleanza, coprodotto dall’Istituto Luce. Nel 2013 ha partecipato alla 70a Mostra del Cinema di Venezia con il documentario Lino Miccichè, mio padre. Una visione del mondo che racconta la vita del padre, noto critico, storico e organizzatore culturale. Il documentario vince il Premio del Pubblico al Terre di Siena Film Festival, il Premio “Melhor Pesquisa” al ReCine di Rio De Janeiro e ottiene una Menzione Speciale ai Nastri d’Argento 2014.
Miccichè è regista di serie televisive e Miniserie per la Raifiction: Liberi di giocare (Miniserie con Pierfrancesco Favino, Isabella Ferrari), La Squadra 7 (con Massimo Bonetti, Tony Sperandeo), Medicina Generale 2 (con Nicole Grimaudo, Andrea Di Stefano), La Nuova Squadra (con Rolando Ravello, Marco Giallini), Un posto al Sole. Per Canale 5-RTI, ha diretto la prima serie di Benvenuti a Tavola! (2012), con Fabrizio Bentivoglio e Giorgio Tirabassi, storia di un conflitto tra due chefs nel mondo della ristorazione. Ha poi curato sempre per Canale 5 la regia delle serie tv I Liceali 3, RIS Roma 2 e RIS Roma 3, queste ultime in onda anche in Francia su 13éme Rue Universal.