Il cinema è come l’agricoltura, prima semini e poi raccogli. E a 4 anni dalla nascita della Lucana film commission i progetti nati in Basilicata che si propongono su scenari internazionali tendono ad aumentare.
E’il caso di “Urli e risvegli” scelto dal direttore Felice Laudadio come “evento speciale” del Bif&st Bari international film international dove sarà presentato in anteprima il prossimo 28 aprile. Il documentario finanziato dal “Bando alla crisi” della regione Basilicata per la start up Cuffish del giovane produttore lucano Ivan Brienza ha attuato appropriata scelta per autore e tema. Nicola Ragone, originario di Salandra, vincitore di un Nastro D’Argento e
allievo di Ettore Scola ha ricostruito la storia del poeta di Grassano Carmine Donnola, ex alcolista, in un significativo biopic esistenzialista. Al film partecipa anche il cantautore Eugenio Bennato che da quando ha incontrato Donnola a Potenza alcuni anni fa, spesso e
volentieri lo ospita nei suoi concerti sul palco allo scopo di fargli recitare le sue intense liriche. Nel progetto coinvolto anche il direttore della fotografia Ugo Lo Pinto, da tempo garanzia di qualità per la creatività locale lucana.
E il Docufilm di Ragone gia’ attira significative attenzioni critiche sui media nazionali. Nell’ultimo numero de” La lettura”, autorevole inserto culturale del Corriere della Sera, due pagine di approfondimento sono state dedicate a “Urli e risvegli” al poeta che
l’ha ispirato e alle sue liriche.
E per rimanere a storie cinematografiche che riguardano Grassano, il documentario “Mio cugino è il sindaco di New York” di Vincenzo Lerose, filmmaker torinese ma di origini lucane, sostenuto dalla Lucana Film Commission, è stato selezionato in concorso al New York indipendente festival e il prossimo Primo maggio aprirà la manifestazione.
Urli e Risvegli, Un documentario di Nicola Ragone.
Con Carmine Donnola e con la partecipazione di Eugenio Bennato.
Ci sono scene della nostra vita che si stampano nella nostra mente e restano lì per sempre, e nel ricordo assumono l’evidenza plastica di un dipinto d’autore di scuola verista, la nitidezza pensata e realizzata da un occulto regista che messo insieme colori, volti, luci, sfondi.
Questo è il fotogramma che conservo nella memoria, quello del primo incontro con il poeta Carmine Donnola.
Eugenio Bennato
Regia: Nicola Ragone
Produzione: Ivan Brienza per Cutfish, con la collaborazione della Lucana Film Commission
Ufficio Stampa: Daniela Bendoni,
Fotografia: Ugo Lo Pinto
Montaggio: Dario Indelicato
Presa diretta: Gianfranco Sforzin
Musica: Angelo Vitaliano
Aiuto regia: Giuliano Braga
Assistente operatore: Salvatore Landi
Durata: 50 minuti
Sinossi.
Il ritratto di Carmine Donnola, uomo barbuto e silenzioso, con gli occhi vispi e pieni di vita vissuta. Da giovane avrebbe voluto fare l’attore, ma nessuno ha mai creduto nel suo talento. Oggi ha circa sessant’anni e vive nel suo paese di origine, Grassano, piccolo comune dell’entroterra lucano. Qui fa il bidelloin una scuola media. Il suo passato è stato caratterizzato da una lunga dipendenza dalla “bottiglia”, problema superato attraverso la poesia: un vernacolo “grezzo” e rugoso che ancora oggi nutre Carmine nel suo cammino errante.
Appunti di viaggio tra panorami, lande all’alba, cieli e dolomiti lucane che spiccano. Un cammino interiore ricco di paradossali incontri e personaggi grotteschi che compongono l’affresco di una civiltà mitica e fuori dal tempo.
Note di regia.
Capita spesso di passeggiare per le strade di una città metropolitana, sembra che la via urli attorno a te e tra le teste che si mescolano confuse e sfocate, può capitare di incrociare uno sguardo in fiamme, che arde.
Presto lo riconosci, fissandolo nella tua mente, come un’istantanea.
L’incontro con Carmine è stato così: una persona comune che nasconde un mondo interiore sterminato, animato da un triste lamento, che trema dentro, senza voce. Acre saliva, gorghi amari, pupille lucide, specchio di sogni e vertigine.
E’ nato così il ritratto di un uomo, appunti visivi nel suo quotidiano apparentemente così statico, ma in continua evoluzione. Un uomo proveniente da una regione geografica senza possibilità, che nella sua vita avrebbe voluto recitare e fare l’attore. Colpevole di essere nato in un luogo arido e nascosto, dal quale non è riuscito a fuggire. Ma forse è stato meglio così, perché nella libertà, Carmine è riuscito a trovare la sua vera forma di espressione. Una poesia che ricorda forse l’espressionismo di Rebora, così violenta, così urlata, oppure gli scorci del “maledetto” Campana. Versi in volgare che tratteggiano personaggi “felliniani”, anime che affollano buie caverne e paludi torride, borghi rossi e turriti, corpi primitivi che dipingono riquadri mitici. Riflessioni e stralci pronti a cogliere gli stimoli provenienti dal mondo quotidiano. Un lavoro sulla parola che ha rivelato a Carmine un modo per leggere la realtà, senza evaderla.