Giovedì 7 aprile 2022 dalle ore 20 nel Palazzo De Luca di Sasso di Castalda è in programma il film “Cesare deve morire” dei fratelii fratelli Paolo e Vittorio Taviani per la prima edizione di “Arcipelago…Il cinema altro”, Promossa dall’Assessorato alla Cultura e e a cura del cinegiornalista Mimmo Mastrangelo
Scritto nel 1599, il “Giulio Cesare” è uno dei lavori più importanti della drammaturgia di William Shakespeare (1564-1616). Nella tragedia il soggetto è sì Giulio Cesare, ma non da conquistatore e protagonista della storia, ma in quanto sovrano che viene ammazzato nel momento in cui sta per trasformarsi in un tiranno. Il ruolo di Cesare non è drammaturgicamente dominante, ma funzionale al tema centrale della tragedia e alla sua dialettica: la liceità della sua uccisione, infatti i protagonisti del conflitto tragico sono gli assassini di Cesare e tutti coloro che negano la giustezza dell’atto. Un testo quello di Shakespeare affascinante che per i significati politici ed umani che esplora ha avuto più di una trasposizione sul grande schermo, si ricordi in particolare il film omonimo del 1953 di Joseph L. Mankiewicz con un Marlon Brando stupendo nei panni di Marco Antonio. Ma una delle versioni cinematografiche più riuscite della tragedia shakespeariana è certamente “Cesare deve morire” con cui nel 2012 i fratelli Paolo e Vittorio Taviani si aggiudicarono l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e cinque David di Donatello. Il film – che verrà presentato l’8 aprile per il cartellone della prima edizione di “Arcipelago…Il cinema altro” , rassegna promossa dalla Locale amministrazione comunale e curata dal giornalista Mimmo Mastrangelo – ha una sua anomalia, nel senso che i Taviani portano la macchina da presa nel carcere romano di Rebibbia e riprendono le fasi salienti della messinscena allestita dagli stessi detenuti all’interno dell’Istituto. Non un documentario alla ricerca di una possibile verità (impensabile in un carcere), ma un vero film di finzione che usa la forza del teatro per recuperare l’emozione della messa in scena e dello spettacolo. Un lavoro di indiscussa eleganza formale che “si segue col fiato sospeso”, dimostra l’universalità e l’attualità del testo originale e, al tempo stesso, restituisce un ruolo e una dignità ai detenuti di massima sicurezza di Rebibbia.