Mercoledì 27 Settembre 2023 al Cinema Guerrieri di Matera è in programma il film I Misteri del giardino di Compton House di Peter Greenaway (GB, 1982) per Il Cineclub di Cinergia.
Orari: 17:30 – 19:35 – 21:40.
Posto Unico: 5 euro.
Verso la fine del diciassettesimo secolo, nella cornice dell'Inghilterra rurale, la signora Herbert cerca di
convincere un pittore, il signor Neville, a realizzare una serie di dodici dipinti che ritraggono la dimora di famiglia, Compton House.
Neville accetta, ma solo a patto di includere nel contratto i favori sessuali della signora mentre il marito è assente.
Inizia così un soggiorno fatto di giochi di potere, abusi e soprusi, che
non può che complicarsi quando si sparge la voce che il padrone di casa è stato ucciso, e che il pittore è il
sospetto numero uno.
Il restauro appena realizzato e la nuova uscita nei cinema punta i riflettori sul film che per primo portò il
regista all’attenzione della scena britannica; fu girato con finanziamenti televisivi – un’altra epoca – ma fece
scalpore in quanto ardito ibrido ultra-cerebrale tra giallo in costume, provocazione grottesca e arguta
riflessione (come sempre del resto per Greenaway) sul valore e sulla verità dell’immagine attraverso la
lente artistica.
Lo spettatore intrigato dalla produzione di Greenaway del ventennio successivo ne troverà qui la genesi,
che parte dall’dea di paesaggio e della sua rappresentazione. Molto si discute e molto si mostra del lavoro
ossessivo sul “framing” di Neville, il quale si vanta di saper riprodurre la realtà per ciò che è. Un concetto di
cui l’intera filmografia di Greenaway si farà beffa, perché l’immagine non è mai l’essenza del reale, neanche
al cinema.
Il “giallo” di un omicidio e le pieghe della trama avvengono quindi fuori dall’inquadratura,
indecifrabili, eppure sempre in bella vista per chi sa guardare aldilà del posizionamento degli oggetti, in una
squisita satira che funziona su molteplici livelli e non ha perso – anzi, forse ci ha guadagnato – in
raffinatezza.
Reso ancor più ipnotico dalle insistenti musiche di Michael Nyman, questo processo alle immagini sfonda il
muro dell’ombelicale disquisizione sull’arte per intrecciarsi a un perverso trattato di surreale carica politica.
L’Inghilterra della Restaurazione è popolata di una classe aristocratica e cinica (perfettamente delineata nel
fulminante prologo) la cui moralità si fa pura economia di scambio e non conosce limite.
Tutto – sesso e violenza, vendetta e arrivismo – è transazione sepolta sotto pomposi aforismi; il tono è
comicamente assurdo, ma le macchinazioni spietate.
L’occhio freddo e impassibile di Greenaway le registra attraverso un binocolo secolare, con quella sensibilità enigmaticamente moderna che sarebbe diventata il
marchio di fabbrica di un maestro del cinema europeo.