Mercoledì 21 febbraio 2024 alle ore 17:30 – 19:35 – 21:40 al cinema Guerrieri di Matera è in programma il film
“Il cielo brucia” di di Christian Petzold (Germania 2023) per la rassegna “Il Cineclub” di Cinergia. Posto unico 5 euro.
Con il suo stile semplice e trasparente il tedesco Christian Petzold è diventato negli anni un vero regista classico: diretto nel tono ed essenziale nei modi. Il suo è un cinema di pura superficie, evidente nella propria dimensione artificiosa, metalinguistico e antipsicologico. Il cielo brucia è, se possibile, ancora più essenziale di altri suoi lavori, con un protagonista, lo scrittore Leon, che funziona da sguardo interno, da spettatore e testimone di una realtà misteriosa che assume via via i connotati di un racconto.
Il film è la storia di uno spazio che si fa palcoscenico, di figure che si fanno personaggi, di idee che si fanno immagini, di corpi che si fanno sculture. All’inizio ci sono due personaggi, Leon, per l’appunto, e l’amico Felix, che in estate si recano in una località sul mare per lavorare in una casa isolata nei boschi. Qui però trovano una stanza occupata da una terza persona, Nadja, che lavora come gelataia sul lungomare ed è bellissima e disinvolta; poco dopo al trio si aggiunge un quarto personaggio, il bagnino Devid, che dopo aver puntato Nadja inizia una relazione con Felix. E tutto questo sotto lo sguardo intontito e infastidito di Leon, che nella vita vorrebbe ragionare come uno scrittore – e cioè, per dirla con il Bret Easton Ellis di Le schegge, «sentire cose che non ci sono» – ma finisce invece per non accorgersi di quello che c’è, incapace di capire le trame che si srotolano sotto i suoi occhi e di accettare la sua tragica mancanza di talento.
Eppure, attorno al povero Leon (a cui Thomas Schubert offre il suo fisico pingue e inadeguato, opposto alla luminosa presenza di Paula Beer, attrice feticcio di Petzold) il mondo va in fiamme: una volta trasformati in spazi di una finzione, i paesaggi di Il cielo brucia vanno infatti letteralmente e metaforicamente a fuoco, con gli incendi attorno alla cittadina di mare che minacciano i villeggianti e le relazioni che si fanno passionali e conflittuali.
Le storie di Il cielo brucia nascono perciò da un’energia che è insieme creatrice e distruttrice, come forme di vita che racchiudono in sé l’eventualità della morte, di fronte alla presenza inerme del povero e inutile Leon, unico personaggio del film a non vivere veramente e a desiderare senza possedere, demandando al mondo dell’immaginazione l’appagamento di un desiderio vago. Gli altri personaggi, invece, sono presenze vive e attive, mai spiegate nelle loro motivazioni ma osservate nelle loro azioni; «componenti di un carattere», come avrebbe scritto Montale, la cui esistenza non è descritta, mostrata o spiegata, ma scolpita nella loro semplice presenza. Come i cadaveri carbonizzati dei giovani amanti Felix e Devid, che alla maniera delle statue di Pompei di Viaggio in Italia di Rossellini si mostrano semplicemente come immagine sublime e al tempo stesso terribile: il simbolo evidente di un film così bello e chiaro, pur nella sua imperscrutabilità, da fargli quasi un torto a volerne scrivere. Se lo spieghi, o almeno provi a farlo, ammazzi la poesia.