Mercoledì 4 marzo 2020 al Cinema Guerrieri di Matera è in programma la proiezione del film “Il lago delle oche selvatiche” di Diao Yinan (Cina/Francia, 2019) per la rassegna “Il Cineclub” di Cinergia.
Orari: 17:30 – 19:30 – 21:30
Posto Unico: 5,00 €
Sinossi
Il capo di una banda di motociclisti e una prostituta, disposta a tutto pur di tornare libera, si incontrano mentre lui fugge dalla guerra che oppone le gang della sua zona. Entrambi giunti al punto di non ritorno, affrontano insieme l’ultima sfida per la sopravvivenza.
Il lago delle oche selvatiche: Un omaggio ai noir classici
Diretto e sceneggiato da Yi’nan Diao, Il lago delle oche selvatiche racconta la storia di un capobanda in cerca di redenzione e di una prostituta pronta a tutto per recuperare la sua libertà, che si ritrovano al centro di una pericolosa caccia all’uomo. Insieme, i due decidono di giocare la loro ultima carta contro il destino.
Con la direzione della fotografia di Jingsong Dong, le scenografie di Qiang Liu, i costumi di Hua Li e le musiche di B6, Il lago delle oche selvatiche viene così presentato dal regista in occasione della partecipazione in concorso al Festival di Cannes 2019: “Dopo Night Trainho sempre pensato di girare un polar. Sono un grande lettore e spettatore di noir occidentali degli anni Quaranta e Cinquanta, un genere che si presta bene a veicolare osservazioni personali sugli uomini e sulla società. Avevo immaginato Il lago delle oche selvatiche ancor prima di girare Fuochi d’artificio in pieno giorno ma, per varie ragioni, avevo messo da parte il progetti. Quando però i mass media hanno raccontato di una storia simile a quella che avevo in mente, mi sono reso conto come la mia vicenda di fantasia si fosse trasformata in realtà, capendo come anche la più fantasiosa ipotesi letteraria possa talvolta trasformarsi in fatto concreto. Ho deciso allora di cominciare le riprese”.
“La prima immagine che mi è venuta in mente – ha continuato il regista – è stata quella dell’incontro tra un uomo e una donna in una piccola stazione di periferia durante una notte piovosa. L’immagine non mi è più levata dagli occhi e inevitabilmente è diventata la scena di apertura del film, per cui sono stati allora necessari dei flashback. I flashback consentono una certa distanza: come accade in narratori come Brecht, interrompono il flusso della storia per riportarci alla ragione. Ho pure pensato alla struttura di Le mille e una notte, un testo sì vecchio ma ancora utile alle narrazioni moderne. Ma sono stato influenzato anche dalla concezione dello spezio nell’Opera di Pechino, dalla libertà dei suoi legami tra le scene. In un film mi piace accostare stili diversi in accordo con la mia percezione della realtà. Volevo che il mio film fosse molto moderno, non psicologico e basato sul gesto, sul movimento. L’azione si svolge nello jianghu, ai margini della periferia, negli inferi. Le vaste zone periferiche donano un certo romanticismo ma un film poliziesco non può fare a meno dei poliziotti. I miei poliziotti sono in borghese: non si tratta di un semplice vezzo ma è un modo per sottolineare che appartengono alla stessa realtà dei protagonisti, come se fossero indispensabili gli uni agli altri. Il noir occidentale, dopotutto, non è molto diverso dal classico film cinese di cappa e spada: l’uomo in fuga non è altro che un moderno cavaliere errante e la prostituta una cortigiana dei vecchi tempi andati”.