Mercoledì 10 gennaio 2024 alle ore 17:30 – 19:35 – 21:40 al Cinema Guerrieri di Matera per la rassegna Il Cineclub di Cinergia è in programma il film “Riabbracciare Parigi” di Alice Winocour (Francia, 2022).
Posto Unico: 5 euro.
Traduttrice dal russo, Mia vive a Parigi con il fidanzato medico Vincent. La sera del 13 novembre 2015, lasciata sola da Vincent per un’emergenza in ospedale, Mia decide di fermarsi in un locale del centro: sarà una delle centinaia di persone ferite ma sopravvissute agli attentati terroristici di quella sera. Per reazione allo shock, nei mesi successivi l’attentato Mia dimentica tutto e nel tentativo di recuperare i ricordi di quella sera e di ridare un senso alla sua vita comincia a ricostruire ciò che ha vissuto, cercando in particolare la persona con la quale ha passato quei tragici momenti. Per Mia sarà l’inizio di un cammino doloroso ma necessario, aiutata da altri sopravvissuti come lei, e in particolare da Thomas, gravemente ferito ma ancora vivo.
La regista Alice Winocour ha vissuto l’orrore degli attentati di Parigi attraverso l’esperienza del fratello, anche lui miracolosamente scampato alla morte: da lì parte per raccontare l’indagine personale di una donna che ha perso tutto.
Il titolo originale del film, che nell’edizione italiana riprende quello della versione internazionale, è Revoir Paris, cioè rivedere Parigi. E rivedere, ripensare, ritornare è ciò che Mia (Virginie Efira, premiata con un César per la miglior interpretazione femminile) fa nel corso della sua ricerca, come se dovesse ricominciare da zero la sua esistenza. Parigi è la casa della protagonista del film, il luogo dove si muove con agilità a bordo di una moto, per lei che di mestiere adatta una lingua all’altra, che cerca di aprire agli altri il significato di mondi sconosciuti, ed è invece costretta a vivere chiusa in sé stessa, incapace di farsi capire o al contrario di capire chi la vuole aiutare.
Dopo la notte degli attentati, Mia non ha una vita, e dunque – e soprattutto – non ha una città. Parigi nel film è per questo filmata dall’alto (da troppo in alto!) o da vicino (da troppo vicino!), con strade indistinte o particolari ravvicinati e sfocati (i fiori posati in ricordo delle vittime, gli attimi dell’attentato vissuti da Mia) che sottolineano ancora una volta come per l’orrore non sia uno sguardo corretto, una giusta distanza. Dopo che la morte irrompe nella vita, la realtà perde i suoi connotati, ribalta il senso di ciò che è considerato normale: lo dice anche un’altra sopravvissuta, che nel locale ha visto uno degli attentatori in volto e lo ha trovato tranquillo e spietato: «Sembrava un angelo», dice.
La perdita di coordinate spaziali e temporali (a seguire quel ribaltamento dell’etica perpetrato da ogni massacro di civili), è ciò che del resto contraddistingue i racconti di tutti i sopravvissuti agli attentati di massa (se ne ha un resoconto spaventoso in “V13” di Emmanuel Carrère) e a livello cinematografico contraddistingue inevitabilmente quei film che cercano di riprodurne sviluppi ed effetti, a cominciare dal titolo più vicino a Paris Memories, Un anno, una notte di Isaki Lacuesta, che segue lo smarrimento di due sopravvissuti al Bataclan.
Rispetto a quel film, pensato come un flusso indistinto e indistinguibile di pensieri ed esperienze intrecciate, la scelta di Alice Winocour è più didascalica, dal momento che la ricerca di Mia avviene in maniera via via sempre più strutturata, fino a giungere a una soluzione.
Aiutanti come Thomas (Benoît Magimel), l’uomo d’affari che Mia ha intravisto prima del massacro e che ritrova in ospedale, o Sara (Maya Sansa), anche lei sopravvissuta e diventata presidente dell’associazione delle vittime, oppure ostacoli come la sconosciuta che accusa Mia di essersi chiusa in bagno durante l’attacco, scandiscono quello che è un vero e proprio viaggio di ricerca e rinascita. Inevitabilmente, al termine del percorso Mia avrà la sua ricompensa (il suo «oggetto valore», come recitano i manuali di scrittura), e nello specifico l’incontro con l’uomo, il cuoco nigeriano Assane (Amadou Mbow), con la quale si è nascosta per salvarsi la vita.
Alice Winocour prova dunque a mettere ordine nel caos interiore di una donna, misurando con fin troppo calcolo e controllo la sceneggiatura del suo film. Forse per questo, nel percorso lineare della sua protagonista, Paris Memories inserisce delle fratture, delle aperture improvvise, in cui le storie di altri sopravvissuti (un turista australiano, una moglie che ha perso il marito, la figlia di una coppia uccisa) vanno a costruire il ritratto collettivo (purtroppo mancato) di una tragedia che continua a scioccarci e a riguardarci da vicino