Lunedì 21 marzo 2022 al cinema Guerrieri (ex Cinema Comunale) Matera è in programma il film Reflection di Valentyn Vasyanovych
Orari: 18:00 – 21:00. Posto Unico: 5 euro.
Introducono la visione Roberto Linzalone e Gianfranco Montemurro.
Intervengono Mariana Bilous (Comunità Ucraina di Matera), Anna Maria Cammisa e Tiziana Serini (Caritas Diocesana di Matera-Irsina
Quello che sta succedendo in Ucraina in questi giorni è sotto gli occhi di tutti e non ha bisogno di commenti. La guerra, giorno dopo giorno, si fa sempre più cruenta mentre la diplomazia rivela la sua impotenza. Al contrario le manifestazioni per la pace si moltiplicano, così come si rafforza il sostegno alla popolazione oppressa; il mondo della cultura, dal canto suo, comincia a far sentire la sua voce.
La regista ucraina Natalka Vorozhbyt ha detto: “Abbiamo davvero bisogno dell’aiuto di tutto il mondo. Discorsi pubblici, manifestazioni. Fate tutto quello che potete fare”.
Ed è, accogliendo questo invito, che Cinergia vuole dare il suo contributo; e lo fa proponendo la visione di Reflection di Valentyn Vasyanovych. Uno dei film più potenti visti all’ultima Mostra del Cinema di Venezia.
Con sguardo crudo e incisivo, il film ci mette di fronte alla spietata guerra nel Donbass e alle sue laceranti conseguenze vissute dal protagonista con sofferenza e tenacia. Le stesse che sta
dimostrando il popolo ucraino nell’impari lotta contro l’invasore russo.
Scheda film di Roberto Manassero
La guerra in Ucraina è un fantasma che si aggira da anni nei festival del cinema, europei e non: per una volta possiamo dire che il cinema non ha mancato il proprio tempo. Fin da quando nel 2014 il popolo ucraino filooccidentale è sceso in piazza Maidan contro il presidente filorusso Yanukovich, poi costretto a lasciare il paese, e come reazione la Russia ha annesso la Crimea e favorito l’autoproclamazione dell’indipendenza delle regioni ucraine Donbass e Luhans’k, registi e registe, autori e autrici (Sergei Loznitsa, Alina Gorlova, Natalya Vorozhbit, Iryna Tsilyk, Loup Bureau) hanno cercato di capire, osservare, raccontare questa ferita che taglia una nazione e che da anni ha scatenato una guerra ora diventata un’invasione e giorno dopo giorno un immane genocidio. Fa un certo effetto, oggi, di fronte a un evento che non è più un fantasma ma una presenza scioccante – oggi che in Ucraina le città sono bombardate, i palazzi distrutti, le strade squarciate dai colpi di mortaio, le persone uccise mentre fuggono dalle loro case – pensare a ciò che si diceva un po’ unanimemente a Venezia 2021, dove è stato presentato in Concorso, di un film come Reflection, ora fatto uscire in gran fretta dal distributore italiano: un film a rischio di estetizzazione, si diceva, iperformalista, che indugia su un’immagine cristallizzata e costruita per mediare un conflitto come quello del Donbass, troppo complesso e inaccettabile da essere avvicinato. È tutto vero: Reflection, storia di un chirurgo ucraino catturato dalle forze militari russe nel Donbass e costretto ad assistere a spaventose torture sui prigionieri, tra i quali il nuovo compagno dell’ex moglie, molto amato anche da sua figlia, alla quale cercherà poi con fatica di far accettare la morte del patrigno, è un film di guerra, di sopravvivenza e ritorno alla normalità, eccessivamente costruito, schiacciato dalla volontà di mostrare e condannato dall’impossibilità di vedere. Rispetto al precedente film del suo regista Valentyn Vasyanovych, Atlantis, che nel 2019 con spaventosa chiaroveggenza immaginava un futuro indeterminato dove una guerra senza nome aveva devastato terre e uomini d’Ucraina, Reflection non possiede il calore dei corpi, pur di fronte ai resti umani dei soldati dissepolti, ma della realtà bellica mostra il riflesso, l’impronta. È un film spaventato dal male, che il male lo mette in scena e si costringe a guardarlo, ma nel quale gli schermi – una macchina da presa, uno specchietto retrovisore, un vetro – servono a proteggere e proteggersi. Mesi fa quello di Vasyanovych poteva sembrare un eccesso di mediazione intellettuale; oggi – superato dalla Storia – appare come una forma di sopravvivenza, una reazione anticipata all’incontro con l’imponderabile, alla violenza fascista e imperialista responsabile dell’invasione di una nazione. Chissà che ne è, oggi, di quel palazzo di Kiev dove vive il medico protagonista e dall’alto del quale si vede l’intero panorama della città. Chissà che ne è di quella città, senza più vetri a proteggerla.