Con uno sketch di due minuti scanditi da una clessidra, nel quale si mescolano ricordi non sempre entusiasmanti della sua adolescenza al rapporto con i suoi genitori e agli usi, costumi e tradizioni della terra lucana, l’attore comico bernaldese si qualifica per la fase finale del talent Tú sí que vales in onda su Canale 5.
Nella puntata trasmessa questa sera Dino Paradiso ha convinto i giudici Maria De Filippi, Gerry Scotti, Rudy Zerbi e Teo Mammucari e con una votazione favorevole all’80% anche la giuria popolare, formata da cento elementi e capitanata da Sabrina Ferilli.
Nel cast del programma sono presenti anche Belen Rodriguez, Alessio Sakara e Martìn Castrogiovanni.
Dino Paradiso, classe 1979, è residente a Bernalda, in provincia di Matera. Si è laureato in scienze politiche a Bari. E’ stato anche assessore comunale in una giunta di centrosinistra nel suo Comune di residenza. La sua formazione è avvenuta “sul campo”, cioè per strada. Il suo cabaret è infatti frutto dello studio dei personaggi che si incontrano quotidianamente sotto casa, al mercato, al bar.
Nel 2006 dopo aver iniziato a girare per la piazze in spettacoli di Paese, perfeziona lo studio del teatro comico frequentando la scuola di teatro comico “Comic Lab”, diretta dalla grande Serena Dandini. Qui la svolta. Il cabaret diventa fonte di riflessione più raffinata e permette al comico Dino Paradiso di esprimersi sui temi attuali con riflessioni profonde e che fanno pensare.
Dino Paradiso ha partecipato anche a Colorado Cafè e Zelig e ora prova ad imporsi anche nel talent Tú sí que vales in onda su Canale 5.
Michele Capolupo
Paradiso non è nuovo al successo.pur se solo oggi approda ad una celebrità meritata. Lo ricordo quando, per una sfida non so se autoironica o involontaria ( che fa lo stesso) accettò di misurarsi in uno dei congressi del Pd.,guidando una minoranza che fu, come sa bene,, il tutto di una finta totalità.
La politica gli sarà valsa a cogliere gli elementi di farsa, di inettitudine e di complicita ‘che hanno connotato i tratti del costume politico e che non a caso affacciano nel suo racconto allucinato e divertito della nostra antropologia “da remoto” (come diciamo per apparire moderni.).
In ogni caso dobbiamo essergli grati per aver illustrato con la levità greve della comicità i tratti di un mondo che non è antico e segregato come la scena pretende, ma che ha urgenza di urlare la sua domanda di modernità di entrare nella sala da pranzo degli epuloni e partecipare alla mensa. Senza elemosine, ma con Il sorriso triste e dignitoso di una umanità rispettabile che sa sorridere di sé e sa trascendersi.
Perciò Bravo Paradiso. Prendiamoci gli applausi. Che sono per lui. Non per noi.