Il grassanese Domenico Spadafino è il giovane attore scelto per interpretare Rocco Papaleo da adolescente nel film “Il nome del Figlio”. Spadafino è stato invitato all’anteprima della pellicola presentata a Roma il 20 febbraio scorso al cineteatro Giulio Cesare al quartiere Prati dalla regista Francesca Archibugi.
Questa l’intervista rilasciata da Domenico Spadafino di ritorno dalla capitale.
“Se all’inizio l’esperienza del set cinematografico mi sembrava “un bel gioco” essere presente all’anteprima come attore protagonista è stato un sogno a cui stento ancora a crederci.
Dopo il casting a Matera e le successive selezioni regionali, ritrovarmi a Roma al cospetto della Archibugi –con Papaleo, Gassman, Ramazzotti e Golino- e, successivamente, sul set cinematografico in quel di Castiglioncello (Toscana) resterà un’esperienza memorabile che è servita a comprendere quanto difficile sia la vita dell’attore”.
Si è ritrovato, senza nemmeno rendersene conto, a condividere “giustamente” con l’attore lucano Papaleo alcune battute finalizzate ad una conoscenza del ruolo adolescenziale dello stesso artista. “Sono stato prescelto alle selezioni perché lucano come lui e poi perché, a detta della regista, risultavo simpatico e molto affine al ruolo che dovevo interpretare”.
In effetti, le riprese che hanno riguardato il ruolo di Domenico nei panni del corregionale Papaleo adolescente, sono durate diversi giorni tra trucco, parrucco, vestiti, battute e numerosi ciak. “Ciò, tenendo anche conto che dovevo completare il terzo anno di liceo scientifico a Matera, con i compiti scritti da recuperare e le interrogazioni orali che inesorabilmente mi attendevano.”
La regista, sempre presente durante le riprese, gli ha chiesto addirittura di imparare a suonare il pianoforte per esigenze di scenografia e Domenico non ha esitato ad adeguarsi alle indicazioni ricevute. “Per me che suono già diversi strumenti, sax nella banda di Grassano e chitarra jazz in una band non è stato difficile imparare, per esigenze di scenografia, il pezzo che dovevo suonare ad uno straordinario pianoforte a coda di colore bianco.”
Alla fine di tutto, “il ricordo che mi porterò sempre, a testimonianza di questa esaltante esperienza, sarà sicuramente l’abbraccio, carico di emozione, ricevuto dalla Archibugi alla fine dell’anteprima del film che, se da un lato voleva essere il ringraziamento personale della partecipazione dall’altra è significato un augurio ed un incitamento a fare sempre meglio”.
E chissà, che questo abbraccio, nel prossimo futuro, non voglia significare qualche altro ruolo nella filmografia dell’Archibugi a cui il ragazzo lucano è risultato molto simpatico.
IL NOME DEL FIGLIO – scheda del film
Il nome del figlio è una specie di Carnage all’italiana con risvolti molto meno tragici e un impianto «molto divertente».
Il film di Francesca Archibugi (nelle sale dal 22 gennaio) è un remake del francese Cena tra amici di Alexandre De la Atellière e Matthieu Delaporte.
Un remake adatto alle corde italiane.
Da una cena innocente tra amici e parenti scoppierà qualcosa di inaspettato: nulla di drammatico, ma sono le parole più che le azioni ad essere pesanti come macigni e l’ipocrisia a farla da padrona.
La serata prenderà una piega nuova quando Paolo (Gassman), in attesa di figlio da Simona (Micaela Ramazzotti), una scrittrice di bestseller hot, farà uno scherzo. «Indovinate il nome di nostro figlio?», chiede alla sorella Betta (Valeria Golino), al cognato Sandro (Luigi Lo Cascio) e all’amico musicista Claudio (Rocco Papaleo).
Nessuno indovina quel nome con la «B». «Benito», pronuncia Paolo. Il gelo cala in casa di Betta e Sandro, il professore universitario di famiglia.
Inizia così uno scambio verbale a dir poco acceso. Ed è solo l’inizio.
Alessandro Gassman e Rocco Papaleo si divertono nel film.
Nella nuova pellicola la Archibugi racconta una Roma borghese e annoiata: il pubblicitario di successo Paolo aspetta la nascita del primo figlio insieme alla moglie Simona, ragazzotta di periferia che ha trovato il successo con un bestseller erotico.
In un bell’appartamento al Pigneto, Roma, si ritrovano fratelli, amici e cognati. C’è la timida Betta (Valeria Golino) sposata con Sandro (Luigi Lo Cascio) intellettuale di sinistra tutto pubblicazioni e tweet. Invitano a cena Paolo (Alessandro Gassman) fratello di lei, self made man, scherzoso e presuntuoso. Sua moglie, Simona (Micaela Ramazzotti), ha appena pubblicato un romanzo erotico best seller, ed è in ritardo. A tavola anche il fraterno amico Claudio, musicista, eccentrico.
Durante la cena per festeggiare il nascituro, tutte le contraddizioni della famiglia vengono a galla insieme a quelle degli invitati: la sorella di Paolo, suo marito e un amico di famiglia stralunato musicista.
Si parte come in tutte le cene: ritardi, battute e poi lo scherzo di Paolo sulla scelta del nome del figlio che attende con Simona. Uno scherzo che si rivela una miccia che accenderà tese discussioni, “l’esplosione” di conflitti e di una sconvolgente rivelazione…
Per il suo ritorno Francesca Archibugi sceglie il remake di uno dei film francesi più interessanti usciti nel 2012 in Italia: Cena tra amici (recensione).
Il canovaccio è lo stesso, ma la regista con l’apporto fondamentale dello sceneggiatore Francesco Bruni, “localizza” il testo facendolo incanalare nelle varie italianità.
A cena, oltre le portate, ci sono vari menù di tipi riassumibili sulla varietà radical chic alla Sandro: saccente, petulante, continuamente a dire che merita più di quello che ha e che il mondo dove viviamo fa schifo e lui potrebbe migliorarlo.
Di contro si trova il modello Paolo interpretato da un Gassman che ricorda nel ruolo un po’ il Bruno Cortona, ruolo del padre ne il Sorpasso (1962): spaccone, burlone, ignorante ma non se ne fa un peso. Uno schema degli opposti che ricorda i capifamiglia di Ferie d’Agosto (1995) di Virzì (coproduttore tra l’altro de Il nome del figlio con la sua Motorino Amaranto) e che, come in quel film, ha nelle donne gli elementi più di rilevo e sfumati che meno si incasellano nel campionario di stereotipo.
Questo schieramento di ideologico diventa bene racconto, dà linfa per il ritmo e fa funzionare le battute grazie anche ad un buon cast.
Lode soprattutto a Papaleo in un ruolo che rispetto ai recenti non è solo comico ma più scolpito. Lavora bene anche la regia piena di punti di vista, di panoramiche dinamiche e di un drone testimone della contemporaneità più forte insieme all’uso compulsivo di Twitter concepito però a mo’ di solita paternale verso l’invasività dei social.