Pane, un grano di sale e tanto cuore è la frase tipica dell’ospitalità arbereshe lucana e all’insegna di questo motto è il docufilm “Pane, Amore e Arberia. Riti e Cibi degli Arbereshe in Basilicata”, la cui prima proiezione gratuita si tiene sabato 13 luglio ore 21 presso il Ridotto del Teatro Stabile di Potenza per il cartellone “Estate in città 2019” del Comune di Potenza. « Le voci degli Arbereshe che si raccontano in questo filmato fanno emergere la vitalità di un popolo vivo e forte – commenta la dott.ssa Antonella Pellettieri, esperta degli insediamenti albanesi nel Regno di Napoli – che sa mantenere e conservare la lingua, i cibi, gli strumenti musicali, la religiosità facendola apparire nuova e in piena vita anche se sono trascorsi 600 anni dalle prime migrazioni»
«Il docufilm Pane amore e Arberia, con sottotitolo “Riti e Cibi degli Arbereshe in Basilicata” racconta la presenza del popolo albanese in terra lucana dal XV secolo in poi. E snoda questa avvincente vicenda attraverso i riti e attraverso il cibo che è essenzialmente cultura» commenta la dott. ssa Antonella Pellettieri, Dirigente di ricerca in Scienze del Patrimonio Storico Culturale CNR, Membro CdA della Fondazione Lucana Film Commission e Advisory member World Gastronomy Institute
“Pane, Amore e Arberia. Riti e Cibi degli Arbereshe in Basilicata”, mediometraggio realizzato dal blog FoodFileBasilicata e prodotto dall’agenzia di comunicazione Filomedia, entra direttamente nelle case e nella spiritualità dei protagonisti che, con fierezza e ardore, conservano e tramandano i riti più importanti della propria identità. Il sincretismo culturale, religioso e filosofico del popolo balcanico, ormai italiano e meridionale, ha amalgamato i suoi migliori ingredienti per donare il meglio di sé al cielo e alla tavola della Basilicata. «Tutte le volte che si manipola un prodotto della natura si compie un gesto di profonda cultura – sostiene giustamente l’Advisory member World Gastronomy Institute, la dott.ssa Pellettieri – poiché la manipolazione avviene in maniera diversa in luoghi diversi e descrive una festa o una tradizione o, semplicemente, la quotidianità», in profondo accordo con la prospettiva adottata dalle telecamere di “Pane, Amore e Arberia” per l’osservazione del popolo arbereshe di Basilicata. Il documentario, infatti, sceglie di indagare l’aspetto simbolico dei cibi arbereshe offerti durante delle feste rituali particolarmente rilevanti nel ciclo delle stagioni, ma anche, e soprattutto, nel ciclo della vita. Così i tre capitoli in cui è suddiviso “Pane, Amore e Arberia” diventano i tre capitoli fondamentali di ogni esistenza umana, in base al punto di vista adottato dai registi Carmensita Bellettieri e Raffaele Cutolo: la Nascita, col “Battesimo delle Bambole” di Barile, non è solo l’inizio dell’estate e il sacro rito del “cumparaggio” di San Giovanni Battista tutto al femminile, ma anche la rappresentazione rituale di due bambine che promettono di prendersi cura delle nascite future e lo fanno nutrendo la vita con dei biscotti tradizionali; la Vita, che fiorisce attraverso vari paragrafi, il cui architrave è ancora e sempre il matrimonio col suo simbolo gastronomico, il “cugliaccio degli sposi”, è ritualizzata attraverso la festa Nusazit (la sposina) di San Costantino Albanese, ma anche attraverso la “Danza del falcetto” di San Paolo Albanese: il trionfo della spiga nei campi è il trionfo della sposa che genererà nuova vita. Come sottofondo: le note della “capra che suona”, le surdelline e le zampogne del Pollino; ultimo capitolo la Morte, con il tradizionale “grano dei morti” o “collivar”: un pasto sacro offerto al defunto per farlo risorgere così come il grano muore nella stagione fredda per poi rinascere sotto il sole della prossima estate. Un ciclo stagionale e un ciclo vitale racchiuso nell’Ouroboro, il serpente che forma l’eternità e che si ritrova scolpito sul cugliaccio, vero pasto sacro nonché rappresentazione iconica e visuale del rito matrimoniale.
Un punto di vista originale quello di “Pane, Amore e Arberia” che vuole bloccare l’esistente grazie alle immagini di tutti coloro che realmente inscenano in terra questi riti per propiziarsi in cielo la propria continuità. Da questa prospettiva inedita scaturisce la chiosa della Dott.ssa Pellettieri «Complimenti al bellissimo lavoro di Carmensita Bellettieri e Raffaele Cutolo – chiosa la Pellettieri- mancava un documentario così preciso e, principalmente, narrato dai protagonisti che vivono in quei paesini che avviluppano il territorio lucano nelle zone del Pollino e del Vulture»
Dopo la proiezione presso il Ridotto del Teatro Stabile di “Pane, Amore e Arberia. Riti e Cibi degli Arbereshe in Basilicata” si succedono dei piccoli interventi che ampliano alcuni temi trattati. Si parte col tema de “I pasti cerimoniali”, affrontato dall’antropologo Angelo Lucano Larotonda, segue un viaggio tra “I grani antichi della Basilicata e la Carosella” con l’agronomo Rocco Sileo dell’Alsia Basilicata. Poi uno spaccato dell'”EtnoGastronomia Arbereshe e Lucana al tempo del fast food” col direttore del periodico “Basilicata Arbereshe” Donato M. Mazzeo. E, infine, il racconto personale di un’immigrazione speciale, quella fatta per amore del Sud, con “Uno straniero venuto dal nord e stregato da San Costantino. Una scelta di integrazione possibile” di Massimo Bonci direttore del periodico locale Bashkia. A conclusione degli interventi anche i saluti dei sindaci di San Paolo Albanese, San Costantino Albanese e Barile, rispettivamente Mosè Antonio Troiano, Renato Iannibelli e Antonio Murano. Modera il poeta, scrittore e caporedattore Rai Basilicata Oreste Lo Pomo.
Gli interventi sono intervallati dalla speciale partecipazione delle piccole “Comari di San Giovanni” in abiti tradizionali dell'”Associazione Intercultura Arbëreshë di Barile”, le quali mostreranno la creazione di una “Pupa di San Giovanni” e da un’ esibizione della “Danza del falcetto” di San Paolo Albanese, a cui si aggiunge una tarantella “me Këmbsen” al suono delle zampogne di tre donne e un uomo in costume albanese.
Sempre lungo la serata si ha la possibilità di vedere e degustare il cugliaccio degli sposi grazie al forno di Nunzia Larocca, la grande detentrice dei segreti di questa scultura di pane in San Costantino, e di “assaporare” le tele di Eat Art dell’artista potentino Vito Palladino.