Giovedì 17 febbraio al teatro Duni di Matera, sipario ore 21, arriva il primo spettacolo teatrale di Francesca Romana Rivelli, nota al pubblico con il nome d’arte di Ornella Muti. La diva e icona della bellezza italiana presenterà “L’ebreo”, una piccola storia di una coppia travolta da un evento tanto temuto quanto atteso per una rappresentazione che diventa l’apologia della meschinità umana.
Debutto assoluto a teatro per Francesca Romana Rivelli alias Ornella Muti, diva e icona italiana di bellezza, che a cinquantacinque anni esibisce un look da femme fatale con chioma biondo platino, un volto senza rughe e un fisico da ragazzina, lei dichiara merito degli integratori e del nuovo amore francese, le malelingue giurano che si tratta di bisturi. In ogni caso questa seconda ritrovata gioventù le dà una carica e un glamour speciale per affrontare il salto dal set al sipario, con l’entusiasmo e la legittima tremarella dell’esordiente che si cimenta nella sua prima volta.
Dall’età di quindici anni, quando Damiano Damiani la scelse e consacrò con ” La moglie più bella”, la star cinematografica internazionale, sex-symbol indiscusso, il suo sguardo torbido ha fatto sognare generazioni di uomini, non aveva mai calcato il palcoscenico. Per l’esordio la bella Ornella non ha certo scelto un testo comodo o leggero, bensì ” L’ebreo” di Gianni Clementi, bravo drammaturgo e maestro nell’uso del romanesco, premiato con il Siaie-Eti-Agis, per la regia di Enrico Maria Lamanna, che le ha cucito addosso con maestria il ruolo della diabolica Immacolata. In scena anche Pino Quartullo, che ha già nel suo curriculum personale il battesimo in palcoscenico di Lucrezia Lante della Rovere e Stefania Sandrelli. Il testo è una tragicommedia in vernacolo romanesco, Clementi si è ispirato a un trafiletto trovato su un giornale, per raccontare la storia di due poveracci: il fattorino Marcello Consalvi (Emilio Bonucci) e sua moglie Immacolata, costretta per sbarcare il lunario a fare la sguattera, che durante il periodo delle leggi razziali emanate dal regime fascista, accettano di fare da prestanome a un riccone ebreo che intesta loro tutti i beni per paura di perderli.
L’Ebreo proprietario del negozio di stoffe dove Marcello lavora, subisce la sorte comune a molti in quegli anni terribili, viene deportato nella famosa retata del 16 ottobre 1943, e la coppia si ritrova ricca e proprietaria di un sontuoso appartamento nel Ghetto romano. La parvenu Immacolata si avvinghia anima e corpo a quell’inaspettata agiatezza, si sente braccata e vive nel costante terrore di un possibile ritorno dell’Ebreo. Donna avida e calcolatrice, deve fare i conti con un marito debole e con quel denaro che computa continuamente con bramosia, seducendo chiunque possa rappresentare un pericolo alla sua opulenza. Come con Tito (Pino Quartullo) idraulico e amico del marito che ammalia spudoratamente, con tanto di perfomance sessuale piccantella in semioscurità e con risata finale, per coinvolgerlo nelle sue losche trame da ” Lady Macbeth de noantri vestita alla Grace Kelly” come la definisce il regista Lamanna. Ma tredici anni dopo, il fantasma tanto temuto del vecchio padrone bussa alla porta, i due si barricano in casa, devono trovare una soluzione, liberarsi del nemico.
L’atmosfera si tinge di giallo, paura, meschinità, dramma, si susseguono fino a un finale tragico, surreale e grottesco, che non sveliamo per lasciare allo spettatore l’effetto noir e a sorpresa. Ornella se la cava benissimo nei panni della cinica delineandone bene i tratti foschi e ambigui con qualche accenno comico senza mai strafare. L’attrice valutato l’argomento delicato del testo prima di accettare il ruolo, ha voluto interpellare il presidente della Comunità romana, che le ha garantito che non c’è nulla di lesivo o spiacevole nei riguardi del popolo ebreo. In fondo la storia di Immacolata, è anche il ritratto spietato dei nostri tempi e un’indagine nelle pieghe più recondite della miseria dell’animo umano, dell’eterno divario tra povertà e ricchezza, del dio denaro che porta al delirio e all’aberrazione, nel viaggio senza ritorno e parossistico di una donna estrema, disperata e arida che lotta allo spasimo per non tornare alla sua condizione di serva.
“L’Ebreo” di Gianni Clementi
Sinossi dello spettacolo teatrale
Piccola storia di una coppia travolta da un evento tanto temuto quanto atteso, L’ebreo è l´apologia della meschinità umana. Incaricati di custodire i beni e le proprietà di un facoltoso uomo ebreo caduto in disgrazia durante la seconda guerra mondiale, il ragionier Marcello Consalvi e la consorte Immacolata, vivono una inaspettata vita di agi fino a quando il legittimo proprietario dei beni loro affidati non bussa alla porta. Solo allora la coppia si ritrova di fronte alla parte oscura del proprio animo.
Un testo inclemente che sviscera le miserie striscianti sotto la pelle dell´umanità con un linguaggio diretto ed efficace. Giovanni Clementi, con questa sua opera, ha vinto il Premio Siae Agis Eti “per la simbiosi perfetta fra il tema, storicamente importante, ed il linguaggio teatrale diretto ed efficace, sottolineando la drammatica attualità dell´argomento”.
Regia di Enrico Maria Lamanna.
Scene di Max Nocente.
Costumi di Teresa Acone.
Musiche di Pivio e Aldo De Scalzi.
Interpreti: Ornella Muti, Emilio Bonucci, Pino Quartullo.
Produzione Mythos.
Lo spettacolo ha il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Roma e il sostegno della Comunità Ebraica.
I prezzi dei biglietti per assistere allo spettacolo teatrale: poltronissima 25 euro, poltrona 23 euro, galleria 18 euro.
Per informazioni contattare il n. 3385959846 oppure il teatro Duni al n. 0835.331812