E’ in libreria “La chiesa in carcere”, l’ultimo volume di Antonio Parente, nativo di Brienza (Potenza). Laureato in giurisprudenza, lavora presso il Ministero della Giustizia. Editing: Lucia Marzio, Ufficio Studi Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (DAP), Grafica e stampa:Il profumo delle parole presso la Casa Circondariale di Bologna. Di Luca Curto la copertina. Antonio Parente affonda la sua osservazione, con una lente molto particolare e anche molto conoscitiva, su un tema che fa parte della nostra società, civiltà da cui non si può sottrarre nessuno anche a voler far finta che non esiste: il mondo carcerario. Parente diventa un narratore storico di una tematica che è ricca di “testimonianze, notizie, aneddoti, documenti”. “L’Ufficio Studi dell’Amministrazione penitenziaria, per sua vocazione-scrive in presentazione Giuseppe Capoccia, direttore dell’Ufficio Studi, Ricerche, Legislazione e Rapporti internazionali Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria- si presta a creare occasioni di incontro fra i diversi linguaggi e saperi, a farsi promotore di ricerche e conoscenze che possono esprimersi in prospettiva di spazio, per esempio delle relazioni internazionali che fanno parte del mandato dell’Ufficio stesso, oppure in una prospettiva di tempo, storica nel senso più umano e e meno accademico del termine, cioè attenta allo studio del passato per una migliore comprensione del presente.
L’autore per molti anni ha fatto parte dell’Ufficio Studi e si può dire che ne ha interpretato lo spirito, consentendo alla sua curiosità intellettuale, alla sua passione di collezionista, alla sua pazienza di ricercatore di arricchire e in qualche modo ravvivare l’attività quotidiana al servizio dell’Amministrazione.
Monsignor Giorgio Caniato, Ispettore Generale dei Cappellani delle carceri italiane commenta così il volume: “Antonio Parente con maestrìa ha saputo tracciare un excursus lungo nel tempo, dagli inizi del Cristianesimo, profondo nelle indicazioni, completo negli argomenti.(…) Bisogna tenere presente nella lettura del volume che il filo conduttore dello studio è quello di mettere in evidenza l’opera continua ed impegnata della chiesa per far capire anche agli amministratori della giustizia penale ed agli studiosi che la funzione della pena non è quella vendicativa-afflittiva, né solo retributivo-custodialistica, ma, come esigenza dei valori cristiani, prevalentemente emendativa-risocializzante, riparativa e rinnovativa. Per questo ho voluto stendere la prefazione, perchè considero quest’opera anche come una creatura dell’Ispettorato, un’opera che mancava tra i suoi impegni e doveri.(…). Questa è una storia di tutta l’azione della Chiesa (in pratica da Gesù Cristo ai Papi, ai Cappellani, ai Volontari) dagli inizi fino ai giorni nostri. E’ molto utile come testimonianza e come strumento per poter conoscere veramente l’azione pastorale della Chiesa”.
Antonio Parente, che ha una ricca bibliografia, non è la prima volta che rivolge le sue attenzioni a queste tematiche ad ampio respiro sociologico. Ricordiamo infatti il lavoro su “Giovanni Passannante: anarchico o mattoide”(Roma-1989) per i tipi della Bulzoni Editore, nel quale non chiedeva il trasferimento a Salvia (antico nome di Savoia di Lucania) dei resti del giovane cuoco anarchico, che nel 1878 attentò alla vita del re Umberto I e che fu condannato a morte e poi graziato con la prigione vita natural durante. Interessante gli interventi dei Papi quando hanno fatto visita alle carceri, come quello di Papa Giovanni Paolo II: “Il rispetto della dignità umana è un valore della cultura europea che affonda le sue radici nel cristianesimo. Si tratta di un valore umano universale e come tale suscettibile del più largo consenso. Pertanto è dovere di ogni Stato preoccuparsi che in tutte le carceri sia garantita la piena attenzione ai diritti fondamentali dell’uomo”. Il volume di Antonio Parente è permeato di una cristianità e dei suoi valori che rendono l’uomo più umano e umanizzante e va letto proprio per acquisire conoscenze reperibili solo in questa pubblicazione.