Nunzio Campagna: “Dell’essere e della politica. Dialogo tra filosofi greci”
Pare che i festival della filosofia comportanti tavole rotonde di docenti, organizzati a Modena, abbiano successo. Si immagini se il confronto avvenisse non tra studiosi, in gran parte modesti, ma tra grandi filosofi, universalmente ammirati. Orbene, Nunzio Campagna (lucano, già autore di vari poderosi saggi filosofici e di due pregevoli romanzi), nel suo recente volume “Dell’essere e della politica. Dialogo tra filosofi greci” (ed. RCEmultimedia, Napoli 2009, pgg. 340), ha appunto fatto sì che si trovassero insieme a discutere le loro dottrine nientemeno che Parmenide col suo discepolo Zenone, Eraclito, Melisso, Gorgia, Anassagora, Democrito, Platone, Aristotele, Crisippo e Plotino, fatti incontrare nell’Ade, lontano da ogni frastuono.
Leggere la dialogazione di confronto fra le loro idee significa provare intensamente il godimento della sapienza, vivere quell’esperienza a cui Socrate aspirava dopo la morte. Tutti coloro che hanno studiato a scuola la storia della filosofia hanno appreso separatamente le dottrine dei suddetti pensatori; ma leggerne i punti più importanti in una animata conversazione, significa rimanerne avvinti: il loro sapore è di attualità ed è “come un morso che afferra ed immobilizza”.
La prima parte dell’esposizione si fa ammirare per come sono discussi i capisalidi della metafisica, nei capitoli dedicati alle dicotomie: l’ Essere-E’, l’Essere-Divenire, l’Essere-Infinito, l’Essere-seme e l’Essere-Atomo, l’Essere-Nulla, l’Essere-Idea, l’Essere-Non essere, l’Essere-Sinolo. I concetti sono ardui, ma espressi con una limpidezza straordinaria. La seconda parte del libro, sotto i titoli generici di Essere-Mondo e Essere-Uno, è non solo chiara, ma anche più avvincente, perché in modo vivace e talora appassionato sono trattati temi di suggestivo interesse (quali la natura della saggezza, il concetto di felicità, la cause e gli effetti dell’apatia, la giustificazione del suicidio), e temi di scottante e, per certi aspetti, grave attualità (quali la natura dell’etica, la libertà, la legge, il dirito, la gikustizia, la politica).
Frequentamente affiorano massime bellissime e tesi di incredibile modernità. Ad es., fortemente ammonitrice è l’affermazione di Parmenide che “l’unanimità dei consensi non trasforma l’errore in verità” e, analogamente, la lamentela di Zenone: “favorendo la vanità s’insegna che quel che conta è l’apparire”. E come non ammirare Crisippo quando dice che “le grandi idee sono sempre in gestazione e, quando i tempi sono maturi, ne partoriscono altre, come le madri i figli” e aggiunge, con sorridente bonomia, che “talora le idee sono tramandate dea coloro stessi che le combattono”? A questi assiomi fa da pendant, in certo modo, l’avvertimento di Platone: “Bisogna stare attenti che di generazione in generazione le idee non si allontanino dai principi, che sono immutabili”.
Non una, ma più funzioni sono assegnate alla filosofia e tutte significative: per Crisippo, la filosofia interessa come saggezza del vivere; per Aristotele ha la vocazione della universalità del vero e del bene; per Plotino ha compito salvifico, giacché in tempi di smarrimento (come egli riteneva il suo), gli uomini più che essere governati, hanno bisogno di essere salvati. Magnificamente sono puntualizzate le tesi di Crisippo in ordine alle idealità sociali, laddove sostiene che “per nascita nessuno appartiene né agli dei, né allo Stato, né ad altri uomini; ma ognuno integralmente a se stesso. Gli uomini sono tutti uguali, quale che sia il solore della pelle o la condizione sociale. Nessuno nasce schiavo e non si deve attribuire alla natura una simile nefandezza”. Con ciò, Crisisppo, non solo impartisce una bella lezione ad Aristotele (che sostene va che “alcuni pur con fattezze umane sono schiavi per natura”), ma anche vibra una dura sferzata a ogni forma di fondamentalismo religioso e di discriminazione razziale. L’uomo va inteso semplicemente come “cittadino del mondo” – insiste l’illustre stoico – e l’ideale è intendere il mondo come una grande “Polis”, anche perché “ci sono inclinazioni, come l’amore, l’amicizia, la solidarietà, e attività, come l’arte e la scienza, che spingono a fare con gli altri e per gli altri e a perseguire il progresso dell’umanità nel suo insieme, la concordia e la pace universale”.
Queste nobilissime idee, che ben si trovano negli scirtti stoici, nel libro di Campagna, spiccano con particolare brillantezza. Non si pensi che l’autore dia qualche concvessione alla sua fantasia concettuale: tuto ciò che è messo in bocca ai filosofi dialoganti è rigorosamente fedele alle fonti, peraltro molto spesso citate a fondo pagina. L’inventiva dell’autore si dispiega piacevolmente solo nell’immaginare la sua funzione di narrante: ora chiede spiegazioni, ora chiarisce egli stesso, ora stimola un chiarimento, ora frena tendenze polemiche troppo accese. In complesso il narrante-autore appare un conduttore diligente e intelligente dello svolgimento dell’eccezionale, meravigliosa tavola rotonda che ha saputo organizzare. Egli, già esperto di brillanti performaces letterarie, qui conferma la sua grande abilità espositiva e uno stile sempre perspicuo. Circa la sostanza del dibattito, va risonosciuto che egli sa trarre dagli scrtti dei filosofi coinvolti tutto quel che può interessare i lettori, anche non studiosi di filosofia, onde si può dire che il libro è la sintesi del meglio della filosofia greca.
La profondità e la ricchezza delle dottrine esposte sono tali da ben giustificare la conclusione che esse si sono poste quali fondamenti della cultura occidentale: in particolare hanno offerto materia insostituibile per ogni meditazione metafisica, preziosa alla teologia quale Escienza dell’Essere-Dio”; il matematismo e il materialismo atomistico sono i pilastri su cui si è costruita la scienza della natura; la logica è tuttora “la via maestra del retto ragionare”; la paideia, in quanto educazione intgegrale ai valori etici e politici, è rimasta modello insuperato di formazione, anche nella prospettiva dell’apparteneza dell’uo alla “cosmopolis” quale “città comune”.
Rocco Zagaria
(Presidente della Sezione lucana della Società Filosofica italiana)