Si rinnova la collaborazione tra Fabbrica Eos, galleria d’arte contemporanea, e il Jamaica, storico bar milanese di artisti e intellettuali.
Protagoniste, le opere dell’artista materano Andrea Francolino: ospitate fra i tavoli del locale in un continuo intersecarsi d’anonimato e soggettività, spettatori e protagonisti.
Si tratta di una decina di lavori, frutto dell’ironia contemporanea dell’artista, che strappa i “miti” graffiati dalle sue tele per racchiuderli in una serie di “packaging”. Uno scherzo, che tradotto in un linguaggio fatto di slogan, marchi, giochi di parole, racconta molte cose con sarcasmo: a volte tagliente, ma sempre divertente, semplice, immediato. Un gioco ironico, che non dimentica mai la realtà. Sono molteplici le domande che sorgono al momento di trasferire un’icona in un’immagine nuova. Accomunate, comunque, dalla rappresentazione. Da qui, la realizzazione e concretizzazione quasi pubblicitaria di soggetti (i cui corpi, messi in posa, appartengono a perfetti sconosciuti) che sarebbe fuori luogo vedere su cartelloni o riviste, ma che si trasformano in opere d’arte “pop-consumistiche”. Icone che si rivelano sempre attuali come Martin Luther King, Moana Pozzi, Benito Mussolini, Wolfgang Amadeus Mozart, Nelson Mandela, Gandhi, Totò, Liz Taylor, vengono rivisitate in modo inusuale da Andrea Francolino che le trasferisce su pacchi di pasta, merendine, bottiglie, flaconi. Perciò, si trasformano in “Martin Luther Ringo”, “Farfalline”, “Dove c’è Balilla c’è casa”, “Mozart Flauti”, “Nelsen Mandela”, “Non ci vedo più dalla fame”, “Io Pago” e “Ritz Taylor”, incastonati in apposite teche.
Il catrame, è l’ingrediente di queste opere. Utilizzato attraverso l’originale tecnica abrasiva della scartavetratura. Fatica fisica, prestata alla risoluzione dell’immagine cristallizzata nella resina.
Innumerevoli sono i personaggi che animano questa mostra, alimentando una “terapia di gruppo” che solletica la vista e la mente. Regalandoci, ogni volta, un sorriso.