L’auditorium della parrocchia Maria Santissima Addolorata in viale delle Nazioni Unite a Matera, causa maltempo, ha ospitato nel pomeriggio l’incontro con la scrittrice Anilda Ibrahimi per l’ottava edizione di Amabili Confini, previsto da programma in piazza Firenze nel quartiere Villa Longo.
L’incontro è stato introdotto e condotto da Rita Montinaro, dell’associazione Amabili Confini. A seguire la conversazione tra la scrittrice Anilda Ibrahimi e gli autori dei racconti scelti tra quelli giunti dai quartieri Serra Rifusa, Villa Longo, Platani.
La parte conclusiva dell’incontro è stata dedicata alla presentazione del romanzo Volevo essere Madame Bovary di Anilda Ibrahimi, pubblicato per Einaudi nel 2022. Storia di un’educazione sentimentale, o meglio dell’assenza di essa, ricca di quei riferimenti culturali che hanno segnato e modificato il destino dell’autrice, volta a rovesciare alcuni stereotipi sulle figure femminili. Hanno dialogato con l’autrice la giornalista Stella Montano e l’archeologa Isabella Marchetta. Le letture dei brani sono state affidate alla voce di Andrea Fontanarosa.
Anilda Ibrahimi è nata a Valona nel 1972. Ha studiato letteratura a Tirana. Nel 1994 ha lasciato l’Albania, trasferendosi prima in Svizzera e poi, dal 1997, in Italia. Il suo primo romanzo Rosso come una sposa è uscito per Einaudi nel 2008 e ha vinto i premi Edoardo Kihlgren – Città di Milano, Corrado Alvaro, Città di Penne, Giuseppe Antonio Arena. Per Einaudi ha pubblicato anche il suo secondo romanzo L’amore e gli stracci del tempo (2009 e 2011, di cui sono stati opzionati i diritti cinematografici, premio Paralup della Fondazione Nuto Revelli). I suoi romanzi sono tradotti in sei Paesi. Ha pubblicato, sempre per Einaudi, Non c’è dolcezza (2012), Il tuo nome è una promessa (2017) e Volevo essere Madame Bovary (2022).
Sua nonna è stata una collaborazionista del patriarcato, sua madre anche. Cosa ci si poteva aspettare da lei?
Volevo essere Madame Bovary. Hera è nata in un Paese del socialismo reale dove la donna lavora almeno quanto l’uomo e la bellezza è una colpa, soprattutto per una ragazza ambiziosa come lei. Da piccola divorava i romanzi di Tolstoj e Balzac, in cui le eroine sono tutte fedifraghe e di solito fanno una brutta fine, ma anche tanti libri di propaganda secondo cui l’ideale femminile è sposarsi e lavorare in campagna. Hera è cresciuta così, in bilico tra il desiderio di diventare qualcuno e la consapevolezza di dover rigare dritto, tra la voglia di vestirsi alla moda sfidando le censure del regime e i rimproveri di nonna Asmà. Poi, un giorno, è partita per Roma. In Italia all’inizio ha sofferto, si è sentita smarrita. Insieme a Stefano però ha trovato il suo centro: è diventata un’artista, ha dei figli che ama, non ha più avuto paura di sembrare troppo. E allora cosa ci fa a Tirana con Skerd, uno con cui non ha nulla da condividere se non il corpo? E perché insieme a lui sente pulsare così forte l’eco della lingua madre? Hera non è più quella ragazzina che cercava il grande amore nel dramma e negli uomini autoritari, ma ogni cosa intorno a lei sembra volerla ricacciare di nuovo nel passato da cui è fuggita. Con la sua voce essenziale e un umorismo più tagliente che mai, Anilda Ibrahimi ha scritto un romanzo sulle insidie dell’appartenenza e della memoria, sui modelli femminili da incarnare e ribaltare, sull’importanza di rimanere fedeli a ciò che siamo diventati quando il tempo insiste per riportarci indietro. Un’educazione sentimentale ironica e intelligente, capace di rovesciare molti stereotipi su ciò che crediamo di sapere delle donne.
La fotogallery della presentazione dell’incontro con Anilda Ibrahimi (foto www.SassiLive.it)