Un libro sfida, aperto a tutti, una provocazione per se stesso coinvolgendo gli altri, dagli addetti ai lavori e specialisti fino ai lettori comuni. È la riflessione di fondo che emerge dall’analisi del saggio “Acrobazie sul tempo” di Antonio Osvaldo Marano (Adafor Edizioni) presentato presso la sede de La Pacchianella dal presidente Giuseppe Adduci, con interventi dell’assessore Francesco D’Onofrio, Antonio D’Angella, Giuseppe Coniglio e Pompea Lopatriello, e suggestivo intermezzo poetico-musicale animato dalle splendide voci di Maria Angelone e del cantante Antonio Farina. Un’altra importante iniziativa culturale promossa dal sodalizio pisticcese, sempre più centro di riferimento per la diffusione di nuove opere. Un saggio interessante, quello scritto da Marano che esamina il concetto di tempo in tutti i suoi àmbiti, l’unica categoria dello spirito umano che si può collocare in una dimensione pluridisciplinare, trattato ed esaminato sin dall’antichità da filosofi e pensatori. La consapevolezza che il tempo riveste nell’esperienza comune una particolare importanza costituisce il punto di partenza dell’analisi filosofica e scientifica. Pur tuttavia non appena si passa alla traduzione concettuale di quella realtà che pure appare riferimento centrale nella costruzione dell’esperienza e del senso della nostra esistenza, emerge la difficoltà di poter rappresentare in concetti il vissuto temporale. Ecco perché poi Alberto Marano intitola il suo lavoro “Acrobazie sul Tempo” e riporta come punto fermo la ben nota, imbarazzante e conosciuta espressione di Agostino “Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so”. Un contesto che ben chiarisce anche la condizione aporetica del tempo, su cui insisteva Aristotele quando diceva che esso è distinguibile è divisibile in parti: presente, passato e futuro, che costituiscono l’orizzonte della vita. Con Parmenide, invece, che costituisce l’elemento di rottura con l’esperienza greca, “L’essere non era né sarà, giacché esso è ora, tutto insieme, uno e continuo”. L’impostazione consacrata nel IV libro della Fisica di Aristotele, si è prolungata fino ai giorni nostri, coinvolgendo tutta l’esistenza e l’essenza dei fenomeni e delle cose. I quesiti che Marano oggi pone, e che si pone, sono essenzialmente tre: se il tempo esiste; come esiste, quale è la sua natura. In tale ottica la questione del tempo può assumere un valore insieme soggettivo e oggettivo, una valenza filosofica e scientifica. L’autore fa rilevare che il tempo non è in generale solo presupposto ma anche orizzonte primario delle scienze e che sotto quest’aspetto, i due approcci, quello della filosofia e quello delle scienze, dovrebbero procedere paralleli, senza alcuna reciproca interferenza. Diversi per impostazione sono invece gli sviluppi della fisica di Einstein che diversificano il rapporto filosofico da quello scientifico, mettendo in crisi, per certi versi, la tradizionale delimitazione del campo della fisica intesa come una disciplina particolare e le valenze metodologiche. Rimane ancora comunque quello che da più parti è considerato un paradosso, ossia l’inadeguatezza del reciproco scambio tra le varie scienze. Una riflessione che spesso sembra emergere dalle pagine del libro. La ricerca scientifica spesso ignora -o sembra ignorare- la dimensione filosofica anche quando i suoi risultati vengono ripresi, nell’uno e nell’altro ambito disciplinare, per i quali più che ad una rielaborazione si attua una sovrapposizione di studi e ricerche. L’opera di Marano diventa così tanto più apprezzabile perché costituisce un ritratto fedele e approfondito delle varie dinamiche che la vasta problematica delle Acrobazie del Tempo propone, un titolo forte, accattivante che dimostra forse per certi versi che i temi trattati sono ancora incompiuti e che le altre ricerche possono dare risultati sorprendenti, anche in tema di definizione convenzionale o empirico del concetto spazio-temporale di tempo. Tra i capitoli più interessanti anche quello che tratta della suddivisione dei vari calendari, babilonesi, egiziani, gregoriani e la relatività del tempo. Ed alla fine non potevano mancare le personali riflessioni dell’autore sulla bellezza fascinosa dell’universo, che viene percepito come il pensiero più grande che la mente umana abbia potuto creare.
Giuseppe Coniglio
Mag 02