In riferimento alla crisi Russia-Ucraina il professore dell’Università di Pisa, Ettore Cinnella, in un suo libro “Ucraina. Il genocidio dimenticato” anticipa il corso degli eventi con un’analisi riportata dal critico cinematografico Armando Lostaglio. Di seguito la nota integrale.
Ha ancora un senso scrivere ed aprire dibattiti sul genocidio in Ucraina di milioni di persone di quasi un secolo fa? Con i mille e mille rivoli nei quali la Storia si è incamminata ed insinuata nei decenni a venire, che hanno fatto del Novecento il secolo più disperato e cruento di sempre, ha un senso riscoprire piaghe che sembravano sepolte e per lo più ignorate?
Eppure le ripercussioni di quelle tragedie si avvertono ancora oggi: per questo è importante e necessario approfondire la Storia di questo continente in ogni sua declinazione geopolitica, teatro di guerre e di olocausti, di saccheggi interni che hanno segnato le politiche e le evoluzioni socio-economiche di interi popoli, i quali nel Duemila ancora rivendicano identità oltre ogni sopruso subito. La risposta, peraltro, la si legge nella mancata unità europea – che ha visto solo nella moneta unica il raggiungimento di un significativo ma incompleto traguardo – ma che stenta a gestire i recenti flussi migratori in maniera autorevole ed unitaria. Giunge così, lucido quanto drammatico, il nuovo libro di Ettore Cinnella, uno dei massimi storici ed analisti dell’Europa Orientale, docente a Pisa (lucano di origine), che ha di recente dato alle stampe – per Della Porta Editori, 2015, pagg. 297 – Ucraina. Il genocidio dimenticato (1932-1933), un testo di straordinario piglio documentale (basato su fonti raccolte e messe insieme a mosaico, provenienti da cinque Paesi), dedicato all’”Holodomor”, ossia il genocidio per fame del popolo Ucraino, pianificato dal regime stalinista sovietico fra il 1932 ed il 33. Il termine Holodomor vuol dire esattamente carestia terroristica ai danni del proprio popolo nell’Urss staliniana, con circa sei milioni di morti (di cui quasi quattro in Ucraina): ma la stima è per difetto, tenendo conto che l’annientamento è stato causato per mano di una classe politica dominante, pur non trovandosi in stato di guerra. Forse non sapremo mai la cifra esatta. Il regime aveva dunque progettato che la ricchezza prodotta dall’agricoltura doveva essere interamente trasferita all’industria, ossia il motore dell’economia pianificata. Stalin dispose che le terre venissero unificate in cooperative agricole dette Kolchoz oppure in aziende di stato o Sovchoz , che avevano l’obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo Stato: dunque le terre sotto il controllo del regime. Ma l’Ucraina aveva una lunga tradizione di fattorie possedute individualmente. I piccoli imprenditori agricoli costituivano la componente più indipendente del tessuto sociale ed economico locale. E’ dunque nella figura di Stalin che si focalizza l’obiettivo della Storia. E della tragedia. La presupposta avversione dei contadini ucraini a consegnare tutto il grano al regime venne di fatto espressamente addebitata al loro dichiarato nazionalismo. La propaganda fece passare la collettivizzazione, seppur forzata, con il progresso economico non solo dell’Unione Sovietica, e che trasformava i “rozzi contadini” in cittadini di uno Stato moderno efficiente. Il terrorismo indotto si scatenò contro i contadini ucraini e le loro fertilissime terre rapinate da azioni passive perpetrate dallo Stato, con una violenza inaudita che portò alla fame con episodi di cannibalismo da girone dantesco. L’accerchiamento di interi villaggi con lo sbarramento dei confini ucraini per impedire la fuga degli affamati, il blocco delle comunicazioni verso le città impedirono persino i soccorsi non senza fucilazioni di massa e deportazioni. Una delle più ricche regioni agricole d’Europa depauperata e violentata, con la conseguente perdita di almeno una generazione, e solo per dare una sonante lezione contro la disobbedienza al regime. Il libro scorre in maniera avvincente, con testimonianze di storici e di inviati della stampa europea che cercavano di far trapelare quella tragedia incommensurabile, spesso ritenuta scomoda e quindi, per lunghi decenni, censurata anche da noi. E dunque, le crisi socio-politiche in Ucraina e la relativa resistenza raccontate dalla cronaca in questi ultimi anni diventano appunto intelligibili solo tenendo in dovuto conto anche di quelle inumane tragedie collettive, che hanno insanguinato la storia d’Europa nel secolo scorso. Cinnella, da consumato storico e ricercatore, cerca di colmare tali “lacune” dettate da opportunismi cui la Sinistra europea ed italiana in particolare, non si è sottratta. La successiva lotta armata antisovietica negli anni Quaranta e Cinquanta, l’insofferenza per la dominazione della Russia e del suo regime dittatoriale, rappresentano mali radicati di una storia fatta di sopraffazioni e di genocidi dalla quale l’Ucraina non si è mai più risollevata. Ecco perché la ricerca di Ettore Cinnella (già autore di diversi testi sulla Europa orientale e sul Brigantaggio postunitario) conserva una valenza attualissima che consente di addentrarsi in una pagina oscura della storia del secolo scorso, le cui risonanze si avvertono impietosamente nel nostro tempo.