Un compleanno speciale, il numero 83, per Domenico Notarangelo, per gli amici Mimì: nella sala Levi di Palazzo Lanfranchi ha presentato il suo ultimo libro “C’ero anch’io” nel corso di un incontro moderato dalla giornalista Antonella Ciervo e impreziosito dagli interventi di Marta Ragozzino, Salvatore Adduce, Aldo Chietera in rappresentanza della Soprintendenza per i beni storico artistici e demoetnoantropologici, del Comune e della Provincia di Matera e dalle testimonianze del direttore della Film Commission Basilicata Paride Leporace, del pittore materano Nicola Filazzola, del senatore Angelo Raffaele Ziccardi, dell’assessore regionale del PD Vincenzo Viti, già collega di Mimì Notarangelo nel consiglio comunale di Matera negli anni ottanta, in cui la sua Democrazia Cristiana doveva fare i conti con l’opposizione intransigente del Partito Comunista, che vantava tra i suoi militanti più fedeli anche il giornalista originario di Sammichele di Bari e materano d’adozione dopo una breve permanenza a Colobraro.
Abbiamo intervistato Mimì Notarangelo a margine della presentazione di C’ero anch’io.
Quando nasce l’idea di scrivere questo libro e cosa contiene?
L’idea nasce dal bisogno di raccontare ai giovani un percorso di vita che coincide con la storia italiana e del Mezzogiorno, ma si concretizza quando, in seguito ad una malattia che mi costringe all’immobilità in una corsia dell’ospedale, comiincio a meditare sul mio percorso esistenziale. Nel libro si sviluppa l’intero arco della storia di cui fui testimone e, molto spesso, anche protagonista non secondario. Racconto, attraverso la mia vicenda personale, la storia delle generazioni: quelle che vissero gli anni difficili e drammatici della guerra, e le generazioni che assistettero impotenti ai grandi sconvolgementi del dopoguerra, alle mutazioni epocali che distrussero il vecchio mondo dei santi padri contadini, inseguendo un legittimo sogno di libertà e di riscatto. E poi racconto le mie esperienze di giornalista impegnato con L’Unità nella battaglia di emancipazioni dei lavoratori, e di dirigente politico del PCI in un momento straordinario della vita della città di Matera e della Lucania. Infine il libro si conclude con alcune riflessioni, che possono essere considerate come volonta testamentarie, sull’ultimo miglio della mia esistenza, caratterizzato dal grande bisogni di ricongiungermi alle tradizioni e alla mia comunità di origine: in una parola, alla mia terra
Durante la presentazione del libro “C’ero anch’io” è stata anticipata l’imminente inaugurazione del museo del cinema nei Sassi di Matera, un progetto culturale che sta per diventare realtà grazie ad un’iniziativa privata, sostenuta dai suoi figli Mario e Toni e da un socio privato: cosa sarà inserito in questo contenitore culturale?
Nel Museo sarà possibile ripercorrere l’intero arco della straordinaria presenza di Matera nel cinema italiano, con foto e oggetti che ricordino la presenza, fra i vicinati del Barisano e del Caveoso e della Murgia, dei più importanti registi italiani e stranieri, da Pasolini a Zampa, da Rosi a Tornatore, da Gibson ad Arrabal. Nel Museo un posto privilegiato avrà la mostra permanente della foto che io scattai mezzo secolo addietro sul set pasoliniano del Vangelo secondo Matteo.
Domenico Notarangelo a 83 anni è stato definito dal suo ex collega democristiano un perdente di successo per quanto riguarda la sua posizione politica. Si sente così Domenico Notarangelo oppure non si riconosce in questa definizione?
Un perdende di successo? E’ una definizione originale che forse rende abbastanza bene il senso delle battaglie che io ho condotto come dirigente politico, sempre impegnato alla ricerca della verità. Ho bisogno di riflettere su questa definizione per capire se è valsa la pena combattere per la emancipazione delle classi lavoratrici del Mezzogiorno.
Qual’è il ricordo più bello, se naturalmente riesce a sceglierlo, inserito in questo libro “C’ero anch’io”?”
L’episodio più bello? Certamente il periodo del dopoguerra, quando, cacciato dal seminario perchè comunista, mi trovai a vivere straordinarie esperienze politiche nel mio paese, a contatto con eccezionali personaggi a cui devo la mia formazione politica e culturale. Fu allora, ad appena 16 anni, che mi ritrovai a fare un comizio, il Primo Maggio del 1946, davanti ad una piazza gremita su cui sventolavano le bandiere rosse dei lavoratori.
Michele Capolupo
La fotogallery della presentazione nella sala Levi di Palazzo Lanfranchi del libro “C’ero anch’io” di Domenico Notarangelo (foto www.sassilive.it)