Grande successo di pubblico e di critica per “Federico Fellini e la televisione”, il nuovo saggio diEmanuele Pecoraro, presentato in questi giorni nell’ambito del prestigioso festival letterario “Il mondo nuovo”, diretto da Mario Soldaini.
Il volume, edito dalla Lithos, analizza il rapporto spesso controverso tra il regista e il piccolo schermo, prendendo in considerazione quelle pellicole meno conosciute del cineasta riminese. Da un lato Federico Fellini esalta la possibilità di realizzare dei documentari per la televisione (Block notes di un regista, I clowns e Prova d’orchestra) con un minor dispendio produttivo e troupe più snelle; dall’altro, soprattutto negli ultimi tre lungometraggi per il cinema (Ginger e Fred, Intervista e La voce della luna), critica aspramente l’invadenza della televisione nella vita quotidiana. La sua polemica nei confronti dei modelli imposti dalla tv commerciale non si limitò a divenire tema portante dei suoi film: tra il 1985 e il 1991 si collocano gli interventi del regista, scritti di suo pugno per le più autorevoli testate giornalistiche, come L’Europeo e Il Resto del Carlino, che evidenziano la sua presa di posizione contro la consuetudine di interrompere i film in tv con gli spot pubblicitari, utilizzati soprattutto dalle televisioni commerciali e che sfociò addirittura in una denuncia al Pretore civile di Roma. Oltre a ripercorrere le tappe della vicenda, lo studio approfondisce il rapporto di Fellini con la pubblicità, dagli spot autentici, realizzati per Campari, Barilla e Banca di Roma a quelli di fantasia, inseriti all’interno di Ginger e Fred. Non manca un lungo approfondimento su Cinecittà e su tutti quei centri di produzione, nati tra gli anni quaranta e cinquanta, dove in alcuni casi Fellini ambientò i suoi set.
Emanuele Pecoraro presenta il saggio “Federico Fellini e la televisione”. Venduto lo studio originale di Federico Fellini
All’incontro, moderato dall’autore, hanno preso parte le attrici Barbara Scoppa e Antonella Ponziani, che hanno debuttato sul grande schermo nelle pellicole “Ginger e Fred” ed “Intervista”, dirette dal celebre cineasta riminese. Sollecitate dallo scrittoreEmanuele Pecoraro, hanno incantato il pubblico raccontando numerosi aneddoti legati alle loro prime esperienze sul set.
Barbara Scoppa ha raccontato il suo primo incontro con il Maestro a Cinecittà: “Venni informata dalla mia agenzia che Fellini stava cercando un’attrice per lo spot della pasta Barilla. Sono andata a Cinecittà senza nessuna pretesa ma solo per non lasciarmi sfuggire l’occasione di conoscerlo. È stato un incontro bellissimo. Timidamente mi sono affacciata alla porta del suo studio, lui era alla scrivania, ha alzato gli occhi e ha esclamato: “Ho visto la Madonna” ed ha aggiunto scherzosamente:”Schiere di soldati non s’inginocchiano al tuo passaggio?”. Ovviamente sono scoppiata a ridere ma questo suo modo di fare mi ha permesso di entrare subito in sintonia con lui. Con la sua ironia e la sua rara intelligenza aveva la curiosità di conoscere chiunque, di carpire un tic o un modo di fare per poi restituirlo nei suoi film. Mi ha fatto molte domande e poi ha concluso dicendomi che ero troppo giovane, evidentemente cercava una donna più matura, ma mi invitò comunque a lasciare le foto e i recapiti a Fiammetta Profili, la sua assistente, perché sarei stata contattata sicuramente per un film. E così è stato!”.
In maniera totalmente diversa è andato il primo incontro di Antonella Ponziani, avvenuto alcuni anni prima della sua partecipazione nel film Intervista: “Avevo diciassette anni. Ho conosciuto Fellini in maniera casuale alla festa del Generale Bartolomei, dove ero stata accompagnata da mia madre. Quella sera, secondo me, per la legge dell’attrazione e grazie al mio forte desiderio di conoscere fin da giovanissima i grandi cineasti, mi sono ritrovata accanto a lui. Abbiamo parlato per tutta la sera e mi ascoltava estremamente divertito. Il giorno successivo il Generale chiamò a casa, dicendo a mia madre che Fellini mi voleva per “E la Nave va”. Ma lei, nonostante le mie insistenze, non acconsentì. Mi recai quindi a Londra per un anno, dove alternavo lo studio al lavoro. Una volta ritornata a Roma, mi decisi a ricercarlo tramite il comune amico Bartolomei. Con mio grande stupore, Fellini non mi aveva dimenticato e mi fece lavorare per due settimane come comparsa nella scena del bar, allestita per Ginger e Fred. Dal nostro primissimo incontro nacque una bella amicizia, che durò per oltre dieci anni, anche se alternata a dei periodi di silenzio e che si tramutò poi nel ruolo che girai da protagonista l’anno successivo”.
Alla presentazione ha partecipato anche lo sceneggiatore, regista e produttore cinematografico Pierfrancesco Campanella il quale ha raccontato un aneddoto molto curioso, legato alla sua carriera, avvenuto molti anni prima di debuttare dietro la macchina da presa: “Nel lontano 1975 mi ero proposto a Cinecittà come giovane attore per “Il Casanova di Federico Fellini”. Ricordo che ero emozionatissimo e che tremavo come una foglia al cospetto del grande Maestro. Per tutti lui era l’emblema del cinema. Sicuramente gli ho fatto anche simpatia per il mio essere timido e spaesato e mi promise che mi avrebbe fatto interpretare un piccolissimo ruolo. Purtroppo poi le riprese furono spostate. Nel frattempo sono partito per il servizio militare e quindi non se n’è fatto più nulla. Conservo comunque un bellissimo ricordo di quell’incontro che fu magico. Mi colpì per la sua semplicità nonostante il potente carisma”.
Infine è intervenuto Roberto Mannoni, direttore di produzione di tutti i film diretti da Fellini dal 1979 al 1990 e amico fraterno del cineasta e dallo sceneggiatore, il quale ha amaramente constatato come lo studio originale, che lui stesso aveva ricostruito nel 1994 ad un anno dalla sua scomparsa, oggi non è più collocato a Cinecittà: “La scarsa sensibilità delle istituzioni italiane mi ha spinto a vendere buona parte di questo immenso patrimonio a degli investitori canadesi i quali esporranno tutto il materiale acquistato nei prossimi mesi a Toronto”.
Foto per gentile concessione di Laura Camia, Alice Ciccarese e Emanuele Gambino
Lo studio originale di Federico Fellini, che era situato nello studio 5 di Cinecittà e che per il regista era diventato quasi una seconda casa, è stato venduto a degli imprenditori canadesi. Lo ha dichiarato Roberto Mannoni, direttore di produzione dal 1979 al 1990 di tutti i film del celebre cineasta romano e amico fraterno del regista, all’interno del nuovo saggio di Emanuele Pecoraro, intitolato “Federico Fellini e la televisione” (Lithos editrice) e a margine della presentazione a Roma del volume, avvenuta domenica 9 ottobre e inserita nel festival letterario “Il mondo nuovo”, diretto da Mario Soldaini. Alla presentazione del libro, che ha riscosso un notevole riscontro di pubblico e di critiche favorevoli, hanno preso parte anche le attrici Barbara Scoppa e Antonella Ponziani, che hanno debuttato nelle ultime pellicole realizzate da Fellini “Ginger e Fred” e “Intervista” e lo sceneggiatore, regista e produttore cinematografico Pierfrancesco Campanella. L’intera vicenda è stata ricostruita da Roberto Mannoni, che nella trattativa di vendita è stato aiutato dall’avvocato Carlo Patrizi.
“Già nel 1994, un anno dopo la morte di Fellini” racconta Mannoni “avevo deciso di riallestire il suo ufficio, esattamente come era in origine, all’interno degli studios di Cinecittà. Per ragioni tecniche, non era stato possibile ricostruirlo sopra il mitico Teatro 5, dove aveva realizzato quasi tutti i suoi capolavori, ma nella zona antistante l’entrata di Cinecittà. All’interno erano presenti la scrivania originale, il salotto dell’ufficio di Corso Italia, le immancabili foto, una miriade di bozzetti, l’unico ciak originale del suo ultimo film, il megafono, la sua sciarpa ed il cappello d’ordinanza. Non mancavano delle cartoline, che scriveva a se stesso, quando andava all’estero: un gesto curioso fatto un po’ per scaramanzia, un po’ per gioco, un po’ per puro divertimento. Ma non poteva assentarsi da Roma per lungo tempo. Non a caso affermava: «ho vissuto a Cinecittà e continuo a viverci perché è la mia casa, il mio lavoro». Anche quando non lavorava e non era impegnato sul set o in post produzione”, ricorda Mannoni “spesso la domenica prendeva la metro e trascorreva le sue giornate passeggiando tra i viali di questi stabilimenti a lui tanto cari”.
Roberto Mannoni constata amaramente: “purtroppo il suo studio, così come io lo avevo riallestito fedelmente a Cinecittà, oggi non esiste più. Devo registrare la scarsa sensibilità avuta dal Ministero della Cultura e dalle associazioni più importanti perché, nonostante questa iniziativa registrasse migliaia di presenze, il disinteresse delle istituzioni italiane mi ha spinto a vendere parte di questo inestimabile patrimonio all’estero. Questo perché da Cinecittà ho ricevuto uno sfratto che mi imponeva in quindici giorni di portare via tutto. Ho quindi anche pensato di offrire il materiale ai dirigenti degli stabilimenti cinematografici ma hanno dimostrato poca attenzione. Così tutto il materiale acquistato dai nuovi investitori verrà esposto nei prossimi mesi a Toronto. Sono certo che questi nuovi finanziatori sapranno valorizzare al meglio le tante testimonianze che ho collezionato nel corso del tempo. E lo dico con grande rammarico!”.
A volte è proprio vero il detto: nemo propheta in patria… e questo, nonostante i cinque Oscar, grazie ai quali la grandezza di Fellini ci ha permesso di esportare all’estero il nostro unico modo di fare cinema e a pochi giorni dalla ricorrenza della sua scomparsa!