Nella mattinata di venerdì 24 febbraio nella sede dell’Università degli Studi della Basilicata è stato presentato il romanzo Domani interrogo di Gaja Cenciarelli alla presenza di circa cento studenti del biennio del Liceo Classico “E. Duni”.
Hanno dialogato con l’autrice del libro le studentesse Sabrina Charis Dragone, Maria Claudia Ferrara e Gaia Campagna, in una stimolante conversazione su un romanzo che vede protagonisti un’insegnante di inglese e la sua difficile classe, una quinta di un istituto tecnico della periferia romana. Un rapporto complicato e mai superficiale tra una docente che prende tutto sul personale e “porta a casa” non solo compiti da valutare ma delle storie che ha a cuore e che intende seguire umanamente. Attraverso le parole dell’autrice, la scuola diviene progressivamente un posto dove è possibile crescere, ritrovarsi e salvarsi.
Scrittrice e traduttrice, Gaja Cenciarelli vive e lavora a Roma, dove insegna lingua e letteratura inglese. Ha scritto romanzi, racconti e interventi critici. Fa parte dei “Piccoli Maestri”, un’associazione che promuove la lettura nelle scuole, e ha pubblicato, tra gli altri, Extra omnes. L’infinita scomparsa di Emanuela Orlandi (Zona 2006), Sangue del suo sangue (Nottetempo 2011), Roma. Tutto maiuscolo come sulle vecchie targhe ( Ventizeronovanta 2015), Pensiero stupendo (Lite Editions 2015). Per Marsilio Romanzi, ha pubblicato nel 2019 La nuda verità e nel 2022 Domani interrogo.
“Alla fine, nessuno vuole davvero andarsene per sempre: è questo il paradosso della scuola, e io lo so. Io so tutto della scuola, so tutto dei ragazzi, so tutto dei professori, io conosco la scuola meglio di chiunque altro, meglio del quartiere, meglio di chi l’ha costruita, meglio dei professori, dei bidelli, dei presidi e dei ragazzi, perché io sono la scuola.”
Domani interrogo (sinossi). La periferia romana dove sorge la scuola che è al centro di questo romanzo è la Rebibbia raccontata da Zerocalcare. Nel liceo si parla romano, e le aule sono abitate da strani esseri viventi: alcuni disegnati sui muri, alcuni umani ma dalle cui bocche escono suoni incomprensibili alla professoressa, che non ha mai pensato di avere la vocazione all’insegnamento e invece ce l’ha, solo che non è una vocazione, è un mestiere. La professoressa, infatti, non ama la vocazione, ama l’inglese. La professoressa è un’intellettuale. La professoressa ha studiato in Italia e all’estero. La professoressa cammina, cammina, cammina perché Roma è grande e perché camminando pensa. Gli studenti e le studentesse, invece, non camminano, vanno in motorino o in macchina, e non studiano. Gli studenti e le studentesse – e tutti lo siamo stati – sanno valutare, pesare le persone che siedono dietro la cattedra e, nonostante non abbiano voglia di aprire i libri, sentono, piano piano, il desiderio di capire la professoressa, e di esserne capiti. Danilo Dolci ha scritto che si cresce solo se sognati, e l’autrice di questo romanzo chiosa che si può crescere anche se sei l’incubo di qualcuno. Tra i professori di Frank McCourt e Domenico Starnone, passando per gli studenti in piedi sul banco nell’Attimo fuggente, sta la professoressa di Gaja Cenciarelli, convinta sì che la cultura sia qualcosa di quotidiano, convinta sì che certe parole dialettali o certe squadre di calcio, certe sigarette fumate insieme agli studenti prima che la lezione cominci facciano parte del lavoro di chi insegna e di quello di chi impara, ma disillusa che l’istruzione possa – come si sente dire spesso – salvare il mondo. Ciò nonostante, in questo romanzo di Shakespeare e spaccio, la professoressa il mondo lo salva. Perché il mondo è le persone che incontriamo. Specialmente a scuola.