Sabato 18 giugno 2022 alle ore 18,30 presso la sala consiliare di Marconia di Pisticci è in programma la presentazione del il libro di poesie “Piccole faville”, di Giovanni Di Lena, Villani Editore. Interverranno: Mirna Mastronardi (Presidente Agata), Antonio De Sensi (Assessore alla cultura), Franco Villani, (editore), Antonio Rondinelli, (critico letterario), Antonia Maria Marchitelli (docente), Nicola Pascucci (docente), Giovanni Di Lena (autore). In questa silloge, come in tutte le precedenti, troviamo Giovanni, il lavoratore apprezzato e coccolato quando serviva, brutalmente rottamato appena non serviva più; troviamo il cittadino deluso e disgustato dalle ingiustizie e dalle iniquità di Istituzioni ed Autorità. Troviamo l’uomo che ci manifesta il suo animo, ci confessa le sue attese tradite e le sue speranze latenti.
In Disegno storico della Letteratura lucana, Villani editore, 2021, pp.104-105 Giovanni Caserta scrive:
“Giovanni Di Lena è nato a Pisticci nel 1958. Era troppo piccolo per fare il Sessantotto; era ancora sui banchi di scuola nel 1976. Della povertà della famiglia è testimonianza una breve poesia del 1977. Di Lena, diciannovenne, triste osservatore, scrive: ”Mia madre si dispera / a centellinare l’olio / a raccogliere briciole / a rattoppare calzoni.// Mio padre / la osserva teneramente. // Appena dopo scopro che piange”. Nel 1977 ha appena preso il diploma presso l’istituto professionale, l’unico che ha potuto frequentare. È alla ricerca di un lavoro, che non trova. Assiste alla emigrazione dei fratelli e se ne duole: “I miei fratelli – scrive nel 1989 – se ne vanno / ad uno ad uno / come le rondini in autunno / ma loro non tornano a primavera”. Non c’è più il rancore giovanile; ma c’è sempre l’amaro. Lui e la Lucania Basilicata sono la stessa cosa. Il suo problema, anzi, è diventato il problema di tutto il Sud, di molta parte della umanità. Scatta un sentimento di solidarietà per tutti gli “ultimi” del mondo, ovunque si trovino “Combattere insieme / per non morire // Uniti / per difendere la nostra vera libertà” (1989). E nel 1994: “Io sono con voi, / negri. / Tutto di voi mi appartiene. // Di voi / amo il colore /che rassomiglia incredibilmente / a quello della mia anima / sola”.
Rispunta il mito Scotellaro e il desiderio di fare della poesia uno strumento di denunzia e di lotta. A Scotellaro, morto quasi cinquant’anni prima, così, nel 1996, Di Lena si confessa “Calpesto i tuoi passi. // Fra la tua gente / sbircio l’ombra / del tuo ricordo. // Sobrio / m’illudo / d’averti accanto”. La via della sua poesia è tutta tracciata sin dai tempi giovanili: ”La mia poesia – dichiara nel 2011 – non gioca con le farfalle / inseguendone il volo”. A Di Lena bisogna riconoscere una rigorosa coerenza. Mentre c’è chi si diletta di funamboleschi giochi di immaginazione o di versi auto-consolatori o racconti polizieschi e improbabili sceneggiati televisivi che fanno pubblico e notorietà, Di Lena registra il fallimento delle industrie nella Valbasento, l’umiliazione della cassa integrazione, il furto che le grandi compagnie petrolifere esercitano su una terra troppo debole per potersi difendere. “L’alba del giorno nuovo / nessuno l’ha vista”(2015); ”L’oro che sgorga dalla valle [dell’Agri] / non è una ricchezza / ma un dono / offerto a quelle sorelle / che sfruttano ogni giorno / la nostra inettitudine” (2011). E non manca un cenno al silenzio che lo circonda”. “Ed io – scrive – nulla posso, / affogo – incredulo – nella mediocrità / che mi circonda” (La piega storta delle idee, 2015).