“Il corpo geniale. Nijinsky: percorso artistico e traiettoria di malattia mentale” (Alpes Italia Editore) è l’ultimo saggio scritto dalla professoressa Liliana Dell’Osso, la psichiatra lucana, originaria di Bernalda, direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa e vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria, “Lucani Insigni 2020”, insieme alla psichiatra Daniela Toschi.
Vaslav Nijinsky, icona universale della danza, è un caso prototipico in cui la neurodiversità sostiene da un lato un successo planetario, plasmato da un modello antropologico originale e irripetibile, e dall’altro una catastrofe personale, rappresentata da una grave malattia mentale.
Bambino prodigio, virtuoso del balletto, étoile intramontabile, coreografo geniale che anticipò il balletto moderno ed espresse, in personaggi come Petrouchka, il Fauno e l’Eletta, “universali” della condizione umana: questo fu Nijinsky nei primi trent’anni della sua vita. Nei successivi trenta, per una sorta di legge del contrappasso, fu catatonico.
La sua esistenza eccezionale si intreccia con gli eventi storici, le avanguardie artistiche e il mondo pionieristico della psichiatria del primo novecento. Gli psichiatri che lo ebbero in cura, i migliori dell’epoca, non riuscirono a restituirlo al suo mondo e alla danza. Avrebbe potuto la psichiatria moderna contrastare un decorso così crudele?
La psicobiografia del ballerino getta luce sulla complessità della mente creativa nelle sue relazioni col corpo, con lo spazio e col tempo, in un cammino appassionante che si traduce in evoluzione culturale. Il prezzo, talora, è la malattia mentale e il compito della psichiatria è quello di minimizzare tale costo.
“Nella vita ho incontrato pochi geni e uno di loro era Nijinsky. Ha incantato, era divino, la sua misteriosa oscurità sembrava provenire da altri mondi. Ogni suo movimento era poesia, ogni salto una fuga verso la terra della fantasia”.
Charlie Chaplin
La prof. Dell’Osso, unica lucana presente nella banca dati online con i profili di cento esperte nelle aree scientifiche, secondo il progetto “100 donne contro gli stereotipi aree scientifiche”, ha ricevuto di recente il riconoscimento di “Top Italian Women Scientists 2021”. Il gruppo, di cui fa parte già da alcuni anni, costituitosi nel maggio 2016 e presieduto da Adriana Albini, ideatrice dell’iniziativa, con co-presidente Sonia Levi, promosso dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), riunisce un centinaio di eccellenze al femminile, scienziate italiane impegnate nella ricerca biomedica, nelle scienze cliniche e nelle neuroscienze. Il riconoscimento assume una particolare rilevanza in questa fase di “lotta al Covid” nella quale le donne hanno dimostrato che l’attività e la ricerca sulla pandemia “non è solo cosa da uomini”. Molte le italiane impegnate con successo nella ricerca sul Covid-19 o come la prof. Dell’Osso nell’ambito di specifiche categorie di pazienti.
L’obiettivo è quello di promuovere la ricerca condotta dalle donne e avvicinare le giovani a questo mondo. Il club è dedicato alle scienziate italiane impegnate nella ricerca recensite nella classifica dei Top Italian Scientists (TIS) di Via-Academy, un censimento degli scienziati italiani di maggior impatto in tutto il mondo, misurato con il valore di H-index, l’indicatore che racchiude sia la produttività sia l’impatto scientifico del ricercatore, nonché la sua continuità nel tempo, e che si basa sul numero di citazioni per ogni pubblicazione.
Per l’appartenenza al Club è stato selezionato un gruppo di ricercatrici con H-index pari o superiore a 50. Per la Dell’Osso, autrice e coautrice di oltre 600 pubblicazioni su riviste scientifiche prevalentemente internazionali e dei saggi divulgativi, l’ H-index è pari a 60.