Riceviamo e pubblichiamo la recensione di Iuri Lombardo, milanese con genitori originari della Basilicata, sull’ultimo libro “I muri parlano” di Vincenzo Maida.
Un vero e proprio viaggio quello che si propone di fare Vincenzo Maida nell’ultima sua fatica letteraria, I muri parlano (Altrimedia Edizioni, pagine.250), dedicata alla cittadina lucana di Montalbano Jonico, paese nel quale Maida vive ed è nato. Egli lavora come responsabile dell’Ufficio Stampa dell’azienda sanitaria di Matera ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni. Una tesi di laurea sulla sua attività drammaturgica è stata discussa presso il DAMS dell’Università di Bologna.
Il libro che si sviluppa per racconti ed è un viaggio discreto e alquanto silenzioso per le viscere della cittadina materana, nasce da un semplice pretesto con il desiderio di risvegliare i ricordi e il passato glorioso, o comunque importante, del centro affacciato sulla Val d’Agri.
Vincenzo, o l’io narrante del libro, si trova a visitare le viuzze, gli angiporti, le quintane e poi interi isolati, i quartieri del proprio paese mentre è in attesa, una sera d’inverno, di alcuni compagni d’infanzia per una cena da tenersi in una taverna di Montalbano. Questa occasione diventa quindi un flash sulle vite che hanno preso respiro da quelle mura e sugli intrecci storici che dalla piazza centrale del paese, davanti alla chiesa madre, si sono dipanati nel resto del mondo. Montalbano Jonico infatti non è solo una cittadina che si perde tra i calanchi e l’Agri; non solo un bianco e ridente agglomerato di case una sull’altra, perso nel pallore del riverbero del sole tra cielo e campagne; non solo la città medievale cinta da mura possenti e non solo uno dei centri più importanti della Basilicata: Maida ci dice di più sulla sua storia, la lunga sequenza dei suoi racconti ci conduce per il mondo, sino al nord dell’Italia, sino a Manzoni e oltre.
Montalbano diventa nella penna di Vincenzo Maida un crocevia di possibilità, di incontri, di vecchie storie che hanno battuto il tempo in quanto classiche. Sì, perché Montalbano non è solo il sud del sud ancestrale e antico, per non dire arcaico; non è quel pozzo profondo nel quale se si getta un masso non ne sentiamo l’arrivo, il toccare il fondo; e la storia non solo della cittadina ma dell’intera Basilicata è arcaica, questo lo sappiamo: Montalbano nei racconti di Maida è invece il paese dell’ingegner Nicola Romeo, fondatore dell’Alfa Romeo, dell’Abate Nicola Maria Troyli (grande religioso e maestro di lettere), di Francesco Lomonaco.
Ed è da quest’ultimo nome, da Francesco Lomonaco, che l’importanza dei ricordi si fa più nitida, più chiara sino ad impallidire per l’universalità di questo personaggio che proprio a Montalbano nacque per diventare poi uno degli uomini più influenti dell’intellighenzia partenopea prima – nell’allora Napoli capitale del regno delle Due Sicilie – e milanese dopo. Francesco Lomonaco, medico condotto, ma luminare della medicina del suo tempo, fu fedele ai propri impegni letterari e, parallelamente all’attività di medico, portò avanti quella del letterato, di studioso di grandi scrittori. Allievo dell’abate Troyli, come ci ricorda Maida, fu medico personale di Ugo Foscolo e amico di scorribande milanesi, di incontri letterari, quasi intimo del Manzoni del quale seguì la carriera al punto che il giovane Alessandro nella sua Milano, tra l’ebbrezza della giovinezza, gli dedica persino un sonetto. Lomonaco, questo signore, questo luminare venuto dalla bianca città di Montalbano, da quella Basilicata arcaica e ancestrale, sembra influenzare il Manzoni stesso che anni dopo, impegnato nello studio per la stesura delle due tragedie e poi della terza incompiuta, è in procinto di recarsi a Firenze per “sciacquare i’panni in Arno” e rigenerare la lingua, compiere la rivoluzione stilistica, portare il romanzo storico in Italia. In quel giro di un decennio Francesco Lomonaco affolla la memoria del Manzoni, quasi a dettargli l’agenda delle proprie tappe da compiere e probabilmente gli passa una storia, un soggetto per il grande romanzo, una trama venuta dal sud, lucana per la precisione, insomma la love story di Fermo e Lucia che il buon Alessandro poi architetta, restaura, la inserisce in quella che è la grande opera definitiva de I Promessi Sposi.
Lomonaco, morto suicida nel 1810 a Pavia, è quindi non solo un grande medico e letterato ma forse, e qui la faccenda si perde tra verità e fantasia, tra leggenda e finzione, tra vero e falso, comunque nel mito, l’ideatore della storia del grande romanzo del Manzoni. Di quel romanzo che tutti sappiamo è l’arrivo di tutta l’intera esperienza manzoniana e per le lezioni del nonno Cesare Beccaria e per quelle del Lomonaco.
I vicoli, le case di Montalbano, il viaggio di Maida prosegue a ricordarci il grande ingegnere Nicola Romeo, che qui, tra i calanchi e l’Agri, tra le piazze assolate del medio centro agricolo della Basilicata veniva a trascorrere le sue estati. In quel paese che ha dato i natali ai suoi genitori emigrati a Napoli anni prima. Ma le strade, i vicoli, il suono degli asini che portano in groppa i contadini al ritorno dai campi, quei pomeriggi semivuoti eppure pieni di echi e di voci diventano per Vincenzo Maida non solo un labirinto di personaggi celebri e che grande hanno reso la Basilicata nel mondo, ma di ricordi sociali e privati. Ecco allora la figura del nonno che ha fatto la grande guerra e che incontra, in un pomeriggio dei tanti, nel bosco Pantano di Policoro il brigante Giuseppe Musolino, in fuga dalle Calabrie e rifugiatosi in Lucania. Ricordo per ricordo, e l’appetito vien mangiando, ecco l’avvento della Spagnola nel Materano; il susseguirsi delle morti dovute alla epidemia, l’odore della malattia che si respira nelle campagne, in fondo sulle rive del fiume, e che pare prima prendere paesi più bassi e di una architettura precaria, comunque atavica, come Tursi e poi arrivare a colpire anche Montalbano che, comunque, anche nella malattia, rimane il paese capo circondario della zona.Insomma si tratta di un libro di racconti non solo su di una cittadina assai importante e di un passato glorioso come quella di Montalbano, ma di un reportage, di un viaggio che Vincenzo Maida ci induce a consumare tra le bellezze ancestrali di una terra ancora oggi lontana e misteriosa come la Lucania.