Mario Trufelli mancava da qualche anno da Montemurro, il borgo sinisgalliano che lo aveva insignito della cittadinanza onoraria. Ed è stato un ritorno all’insegna della memoria e dell’emozione quando ha varcato la casa, oggi “Casa delle Muse”, che tante volte lo aveva accolto, con calore e ospitalità, per intervistare il “suo” poeta, Leonardo Sinisgalli, sul fosso di Libritti. L’occasione è stata la presentazione del suo romanzo, Quando i galli si davano voce (Edizioni della Cometa, Roma 2013), svoltasi sabato 28 giugno.
Come hanno sottolineato il sindaco di Montemurro, Senatro Di Leo, e il direttore del Gal Akiris, Ennio Di Lorenzo, la Fondazione Sinisgalli e la Casa delle Muse sono diventate in pochi mesi una fucina di manifestazioni culturali che richiamano sempre più spesso un pubblico numeroso e attento, contribuendo alla valorizzazione di un territorio troppo spesso considerato “figlio di un Dio minore”. E anche per la serata d’onore dedicata al decano del giornalismo lucano, nonché poeta e narratore, si è registrato il tutto esaurito.
Quando i galli si davano voce – è stato rimarcato a più voci – è un romanzo che rende viva la storia delle terre e delle genti lucane nella delicata fase storica di transizione dal Fascismo alla Repubblica, focalizzandosi su tre aspetti: il rapporto fra terra di confine/confino e la storia, che pur essendo percepita lontana, irrompe in un paesino lucano (Tricarico, luogo d’origine di Trufelli) attraverso la vita dei confinati; la resistenza silente contro il Fascismo da parte del clero locale; il testimone- narratore Ninì, dietro cui si cela l’autore stesso, che con gli occhi di un ragazzino si appassiona alla politica, impara dai grandi, matura una propria coscienza, fino a diventare egli stesso protagonista della storia quando sarà proclamata la Repubblica.
Come ha sottolineato il giornalista Mimmo Sammartino, lo sguardo interno di Trufelli su questo scorcio di storia lucana, ma anche nazionale, risulta complementare a quello di Carlo Levi, che invece la descriveva dall’esterno. Questa doppia prospettiva viene riproposta nel romanzo, ma per trovare un punto di fusione: l’empatia mostrata verso il dramma individuale dei confinati da parte di una collettività fatta da uomini e donne che, pur non essendo intellettuali, militano in difesa della libertà e dell’antifascismo. Per il direttore della Fondazione Sinisgalli, Biagio Russo, l’immagine conclusiva del romanzo – i contadini che occupano le terre dopo la nascita della Repubblica – riassume al meglio le caratteristiche di un territorio non “confinato” dalla storia e che al contrario vive delle sue pulsazioni. La metafora del gallo evocata nel titolo, e non presente nel resto del romanzo, è proprio ciò che sveglia le coscienze degli uomini e li spinge all’azione. È la vitalità con cui Rocco Scotellaro aveva rianimato i contadini del Sud, gettando i primi semi per la Riforma agraria. Intenso l’intervento di Giuseppe Appella, che ha ricostruito la partenogenesi del libro, inquadrandolo storicamente nel vissuto emotivo di Mario Trufelli e nelle sue prime esperienze di scrittura su quella grande rivista che è stata “Civiltà delle macchine”.
In ultimo la parola è toccata al protagonista della serata, Mario Trufelli, il quale ha confessato che dopo essere stato testimone attento e protagonista militante di quanto avvenuto nella nostra Regione dagli anni Cinquanta in poi, ha avvertito la necessità di raccontare in modo più disteso, proprio nella «stagione dell’esistenza in cui si suole voltarsi indietro». Lo ha fatto con passione, non lasciandoci un memoriale, bensì un romanzo, dove sono state rielaborate vicende, persone, emozioni legate alla sua biografia.
Questo stesso percorso all’indietro «per rivedere luoghi e persone che hanno sedotto nel passato» Trufelli l’ha compiuto anche nella Casa delle Muse, dapprima commentando la foto che lo ritrae mentre intervista Leonardo Sinisgalli ad Atella nel 1964 – immagine utilizzata nella locandina dell’evento -, poi ascoltando emozionato la lettura di alcune delle sue prime poesie da parte di Giulia Gambioli e Peppe Viggiano de La Mandragola Teatro, sussurrandole a denti stretti, infine declamando a gran voce, quasi un controcanto, la poesia da lui scritta e dedicata a Leonardo Sinisgalli.
Lug 01