Domenica 12 giugno 2016 alle ore 19 a Matera nella Chiesa del Cristo Flagellato presso l’ex ospedale San Rocco le Edizioni Giannatelli presentano il volume fotografico “Matera passaggi di tufo”.
Fotografie di Michele Morelli
Testi di: Vincenzo M. Spera, Mariavaleria Mininni, Antonio Conte, Maria Onorina Panza, Cristina Dicillo, Mauro Vincenzo Fontana, Pasquale Doria, Francesco Pentasuglia, Giusy Schiuma.
Intervengono:
Vincenzo M. Spera – antropologo, Università del Molise
Mariavaleria Mininni – architetto, DiCEM Unibas
Antonio Conte – architetto, DiCEM Unibas
Michele Morelli – fotografo
Marilina Giannatelli – edizioni Giannatelli
Modera: Pasquale Doria – giornalista
Passaggi di tufo, di Michele Morelli
E’ il risultato di un severo impegno sul territorio, anni di esplorazioni, attente letture, originali punti di vista, spesso insoliti, al limite del curioso. Il materano Michele Morelli è l’autore di un volume destinato a sfidare il tempo, pagine rigorosamente in bianco e nero che raccontano con voce sicura la città dei Sassi, ma spingendo lo sguardo ben oltre gli antichi rioni di tufo, abbracciando il territorio di una vicenda remota eppure sempre capace di rinnovarsi.
S’intitola “Passaggi di tufo” il volume stampato per le Edizioni Giannatelli di Matera. Sarà presentato domenica 12 giugno, alle 19,00, nella prestigiosa sede dell’ex ospedale di San Rocco. Elegante pubblicazione che al racconto della luce – arricchendolo ulteriormente – aggiunge il contributo di un nutrito gruppo di redattori. Hanno sintonizzato i loro sguardi sulle coordinate di una prova divenuta corale, capace di coniugareintensità emotiva e lucidità razionale. Si tratta di docenti universitari, ricercatori, esperti del territorio che apprezzano e conoscono il serio lavoro di Morelli. E’ il caso di Enzo Spera, Mariavaleria Mininni, Antonio Conte, Giusy Schiuma, Francesco Pentasuglia, Pasquale Doria, Maria Onorina Panza, Mauro Vincenzo Fontana, Cristina Dicillo.
Anche loro, come i veri viaggiatori, sanno che esistono luoghi in cui bisogna tornare più e più volte. Nel caso di Matera per attingere a una rara forza evocatrice nascosta tra scalinate, vicoli, ballatoi, loggiati, nomi di antiche vie. Una combinazione di scenografie architettoniche non progettate, capaci di arretrare sullo sfondo e di dare corso a un racconto di pietra che prende vita nella luce di visioni oltre la forma esteriore degli elementi corporei, siano essi materiali o vegetali.
Tanti hanno visitato la città subito dopo lo svuotamento della sua parte più antica. Da allora, anche se i tempi sono mutati, è cresciuta con impeto mai domo un’attrazione difficile da descrivere. Con disarmante semplicità è più facile comprendere, invece, camminando lentamente. A piedi, soprattutto non escludendo nessuno dei sensi, diventa naturale la possibilità quasi ascetica di aggirarsi tra silenzi profondi, rovine, muschi, licheni, erba parietaria all’assalto di ogni frammento di calcarenite da sbriciolare. Sensazioni forti si alternano. Spesso dolorose come un pugno nello stomaco. Altre volte dolci, lievi. Ècoinvolgente, in particolare, l’abbandono a precisi momenti persi nel tempo, nella pioggia d’autunno o nel lucore dell’estate più calda. È allora che si mette in moto una sorta di erranza letteraria, una forza che ad ogni passo, ad ogni angolo si oppone dichiaratamente alla distruzione della memoria. Di più, suscita immagini mentali, apre nuovi spazi a un territorio contiguo, a tratti distinto da quello reale.
È una delle soglie, non l’unica, che invita a varcare il lavoro proposto da Michele Morelli. Chiede di percorrere errabondi sentieri che si alternano tra un fantastico meraviglioso e un ritorno alla quotidianità, a volte tanto meno raggiungibile quanto più appare centrata come intensa riflessione sul presente. Ma in questo teatro di distanze, luoghi solo apparentemente inarrivabili, il percorso disegna anche un perimetro concreto che non conduce unicamente a un consolatorio ritorno simbolico, ai luoghi della memoria. Immagini e parole non sono rivolti a una dinastia di eletti solitari, ma a quanti, nessuno escluso, vorranno amorevolmente riconoscere nella terra sotto i propri piedi una volta di più una madre comune. Mater, Mater(i)a, Matera, matrice capace di donare dal suo seno il puro piacere di una navigazione verso lidi non più lontani: perché è qui la meta perseguita, l’agognato ritorno a casa, il grembo da cui tutto nasce e dove ogni pensiero può tornare a essere più vivo e vicino alla bellezza del vero che mai fugge il sogno.