“Sentivo la necessità di approfondire la storia del cinema attraverso lo studio di un grande autore, di un maestro della cinematografia mondiale e così ho pensato di dedicare la mia nuova pubblicazione a Jhon Ford”. Con questa dichiarazione d’amore nei confronti della settima arte Luciano Veglia ha presentato al Circolo La Scaletta di Matera la sua sesta fatica letteraria, “Mi chiamo John Ford e faccio (non solo) western” .
Dopo i saluti del presidente del Circolo La Scaletta Ivan Foccia il sindaco Raffaello De Ruggieri ha annunciato che è entrata nella fase operativa la proposta di realizzare una cinemappa, per scoprire attraverso un’applicazione i luoghi di Matera che sono diventati set a cielo aperto grazie ai numerosi film girati nella città dei Sassi.
Il critico cinematografico Ivan Moliterni, che ha curato la prefazione, ha sottolineato in apertura il lavoro prezioso svolto dal cinefilo Luciano Veglia e l’importanza storica della cinefilia. Moliterni ha ricordato la capacità di Ford di ricostruire attraverso il cinema tutte le declinazioni dell’arte americana: la letteratura, la fotografia e la pittura. Se Ford è riconosciuto come il regista che esalta l’icona del West attraverso la valorizzazione della Monument Valley, Moliterni nel corso del suo intervento fa notare che Ford è stato il regista dei simboli. Innanzitutto è stato il simbolo dell’odissea omerica perchè ha mostrato una forma di narrazione simile a quella utilizzata da Omero: nei suoi film emerge sempre il tema del viaggio, della civiltà da scoprire, il contrasto tra il desiderio di andare e quindi di conoscere nuove terre e la volontà di restare nel focolare domestico. Il secondo simbolo è quello di John Wayne, perchè anche Ford comincia la sua carriera con il cinema muto. Molto interessante è inoltre il rapporto tra il regista e tutte le professionalità che ruotano attorno ad una produzione cinematografica. La pubblicazione di Veglia è di estrema attualità perchè il cinema di Ford non si esaurisce con i film western. Le ricadute sono evidenti in un genere che ha sostituito il western e mi referisco ai film di fantascienza, che ricalcano la stessa struttura narrativa, per esempio Interstellar solo per citare una delle ultime produzioni di questo genere. Ma le ricadute del lavoro di Ford sono evidenti anche in film anti-western come Gli spietati oppure The history of violence”.
Luciano Veglia racconta la genesi della sua ultima pubblicazione legata al mondo del cinema. “Per comprendere il fenomeno cienama dobbiamo conoscere la storia del cinema e John Ford ha fatto sicuramente la storia del cinema. L’approccio storiografico è avvenuto in due maniere. Ho cercato innanzitutto di approfondire le conoscenze sulle cinematografie nazionali per studiare la vita dei grandi maestri, non solo i registi manche anche sceneggiatori, direttori della fotografia. In questo studio sono rimasto affascinato dalla personalità di John Ford, che è stato non solo un grande regista cinematografico ma un profondo conoscitore dei rapporti umani. John Ford è stato il regista che ha portato il genere western ai più alti vertici espressivi. La sua vastissima filmografia, però, comprende opere con ambientazioni e tematiche diverse che meritano di essere conosciute e, se del caso, attualizzate.
In questo saggio – ricorda Veglia – emergono alcuni aspetti sorprendenti della personalità del grande regista, che era naturalmente portato tanto all’epica e al lirismo quanto all’osservazione dei comportamenti umani e all’ironia. Proprio per questo Ford riuscì a raccontare per il cinema alcuni momenti della storia della nazione americana, con sapiente ritmo narrativo e plastiche immagini”.
Luciano Veglia preferisce concentrare il suo intervento proprio sui film che non sono legati al genere western e ricorda la triologia della cavalleria, “Soldati a cavallo”, che lancia un messaggio contro la stupidità degli uomini durante un conflitto bellico, un film a carattere sociale come Furore e due film irlandesi, “Un uomo tranquillo” e “L’ultimo urrà”. Ford è il regista che punta sul divismo descrittivo, colui che sottolinea l’invadenza della tv nella vita quotidiana e che investe sulle sue produzioni proprio per evitare condizionamenti da parte della politica”.
Michele Capolupo