L’accostamento di genio e follia interpretato da psichiatri – Liliana Dell’Osso e Primo Lorenzi – attraverso il complesso rapporto fra spettro autistico e competenze eccezionali. E’ il lavoro -”Genio e Follia 2.0” (Franco Angeli Editori) presentato a Bari da Michele Mirabella con l’introduzione del Direttore Generale dell’Istituto Tumori di Bari “Giovanni Paolo II”, Antonio Delvino, con l’ intervento di Antonello Del Vecchio (direttore Dipartimento materno-infantile Asl Bari).
Liliana Dell’Osso, nata a Bernalda, dopo essersi laureata e specializzata a Pisa, oggi dirige la Clinica psichiatrica e la Scuola di specializzazione in Psichiatria dell’Università toscana, è la prima donna Presidente del collegio nazionale dei professori ordinari in Psichiatria, componente della Top italian Scientists, che riunisce gli scienziati italiani ad alto impact factor, dellaTop italian Women scientists e del club100esperte.it. Autrice di oltre 800 pubblicazioni su riviste scientifiche soprattutto internazionali, alcuni mesi fa ha pubblicato “Fatti di quotidiana Follia” con la prefazione di Carlo Gargiulo (Giunti), una sorta di guida pratica per cronisti di nera, e offre l’occasione per guardare allo stato della psichiatria nel nostro Paese.
Il saggio presentato a Bari è centrato sulla eccezionalità umana, su quelle esistenze “al margine” ove si trovano concentrati, talvolta anche in contemporanea, i vertici e gli abissi del nostro esistere: dall’eroe del mondo antico, al santo medioevale, al genio del Rinascimento, ai leader carismatici della contemporaneità, tutte accomunate da un più facile accesso a forme di pensiero “divergente”. Più originale, più inconsueto, più aperto alla creatività, ma anche alla bizzarria, alle anomalie comportamentali, alla malattia mentale.
Le capacità eccezionali, l’originalità di pensiero che sono proprie del genio emergono dallo stesso fondo neurobiologico che è alla base anche della follia. Attestato di “diversità” e premessa di quell’originalità che ha nella bizzarria uno dei possibili sbocchi, ma a cui si possono ricondurre alcune delle più alte manifestazioni umane. In questo crogiolo, le competenze eccezionali in un’area hanno spesso, come contraltare, ipocompetenze in altri ambiti. Così la via che porta alla genialità appare essenzialmente la stessa che può portare alla follia.
Da queste premesse è scaturito un libro che si fa leggere da un pubblico non solo tecnico. Dunque una lettura che affronta di petto il legame fra follia e doti eccezionali, cercando di dare risposte chiare ed insieme alludendo ad un’ulteriorità problematica che suscita curiosità e nuovi quesiti. Quale è, ad esempio, il confine fra genio e psicopatia, fra pensiero divergente ed agiti criminali? Chiude il libro una breve “intervista impossibile”, che i due autori impongono a un riottoso Sigmund Freud, immerso nel fumo del sigaro nella sua casa viennese. Il dialogo, suggestivo, si conclude quando lo spettro del geniale padre della psicoanalisi si dissolve, pronunciando la mezza (auto)diagnosi di “una leggera forma di autismo”. E così si chiude il cerchio di Genio e follia 2.0.
La Dell’Osso, sin da ragazzina ha sempre avuto una spiccata curiosità per i ghirigori della mente, a cui si è avvicinata – come scrive nel libro – per colpa di Zeus, Apollo e Atena e tra breve pubblicherà un lavoro su Elena e il lato oscuro della seduzione. La scorsa estate ha ricevuto il significativo Premio Pitagora, tra le “personalità magnogreche che più hanno conferito lustro al territorio di Metaponto e più in generale alle terre della Magna Grecia nel corso dell’anno”.
“Oggi la follia – sostiene la psichiatra – ha conquistato la dignità di malattia del cervello. Lo era anche cinquecento anni fa, anche se allora non esisteva neppure la parola psichiatria. La biologia umana è piuttosto stabile nel tempo. Certo è che l’uomo vive in un ambiente – antropizzato o meno – e pertanto questo ha delle influenze sullo stato dell’organismo. Lo psichiatra di oggi, rispetto a quello del passato, ha a disposizione una miriade di strumenti di cura, che prima semplicemente non esistevano. Il paziente di oggi può essere seguito meglio che non ai tempi diKraepelin e Freud. Il problema è costituito dalla cattiva informazione. Su certi temi non si sapeva e non si sa tuttora abbastanza. Semmai direi che, nella società dell’informazione, mi aspetterei un maggiore sforzo divulgativo e una migliore selezione delle fonti. Ci riusciremo, ne sono convinta, ma ci vorrà tempo. Questi strumenti hanno ancora l’aspetto di qualcosa che è troppo nuovo e non riusciamo a padroneggiarli”.
Feb 01