La presentazione a Venosa del libro di Michele Mulieri, “Una stanchezza da meditare”, ha rappresentato una preziosa occasione per riflettere su due personalità eclettiche. Mi riferisco, appunto, a Michele Mulieri, studioso della società lucana, e a Savino Sileno, venosino, intellettuale curioso e poliedrico. Il libro su Mulieri è stato pubblicato grazie ad una serie di materiali raccolti dal compianto Savino Sileno la cui famiglia ha voluto omaggiarlo in una bellissima iniziativa nel Castello Pirro del Balzo.
La pubblicazione su Mulieri ha una duplice valenza: sociale e culturale. Le curatrici del volume, Anna Albanese e Marina Berardi, hanno il merito di averci fatto conoscere una pagina della storia della Basilicata importante, dove si incontra una figura di valore. Mi riferisco a Rocco Scotellaro, da sempre impegnato a denunciare lo stato in cui versava la civiltà contadina e a suggerire proposte per migliorare le condizioni di vita di quelli che potremmo definire i non garantiti. Scotellaro, dunque, non solo poeta, scrittore e politico; ma anche predicatore e veggente del suo tempo.
Per quanto riguarda la figura di Savino Sileno, questi è stato da sempre impegnato ad approfondire la storia di Venosa. È stato un venosino visionario e dallo sguardo lungo. Fiero delle proprie radici. L’assenza nella nostra comunità di figure come la sua come la sua rappresenta un vuoto. Savino Sileno è stato al tempo stesso un intellettuale ed un instancabile animatore culturale. Ma anche un divulgatore, che ha avuto ben chiara la sua missione: il sapere e le conoscenze si tramandano, non sono qualcosa da tenere stretti per sé stessi, come fanno alcuni pseudo-intellettuali, convinti che la conoscenza sia uno strumento per primeggiare sugli altri, per dimostrare superiorità. Sappiamo bene quanto ci sia bisogno di riferimenti nella cultura e nella società civile. Spesso le nostre comunità patiscono l’assenza di riferimenti culturali ed umani: soprattutto i più giovani ai quali dobbiamo rivolgere sempre tutte le nostre attenzioni per colmare vuoti prima di tutto umani. Hanno bisogno di guide per instradarli, consigliar loro buone letture, attrezzarsi ad affrontare al meglio un mondo che va sempre più veloce.
L’omaggio tributato tanto a Savino Sileno quanto a Michele Mulieri è avvenuto all’insegna di una parola che non può andare fuori moda, ma che per me è ancora molto importante: identità. Senza una Identità, delle radici profonde, il nostro futuro sarà meno solido. Savino Sileno aveva bene in mente questo concetto. Era convinto che l’impegno culturale, far conoscere personalità come Michele Mulieri, rappresentavano uno sforzo identitario per la nostra terra, abituata negli ultimi tempi ad ispirarsi a modelli che non ci appartengono affatto. Dei veri e propri corpi estranei. Lo sforzo di difesa identitaria di Savino Sileno è consistito in una appassionata difesa del mondo contadino, fatto di conoscenze antiche, di saperi da custodire e difendere, che si tramandano di generazione in generazione. Questo Savino Sileno lo sapeva bene, ma non gli ha mai impedito di distoglier la sua curiosità rispetto a quanto stava accadendo intorno a lui: le innovazioni e il mondo sempre più veloce e senza confini che dovevano avere degli sbocchi in nuove conoscenze con il coinvolgimento dei più giovani. Per questo Sileno veniva affettuosamente chiamato lo “scienziato”. Le sue esperienze in giro per l’Italia sono state un valore aggiunto, un bagaglio di vita che ha sempre voluto trasferire a chi gli è stato vicino.