Sabato 27 aprile 2024, alle ore 18 nel Palazzo Malvinni-Malvezzi in Piazza Duomo a Matera è in programma la presentazione del libro “E’ fatto giorno” con note e commento di Giovanni Caserta, Villani editore, 2024. Intervengono Luciano Garramone del Centro di geodesia Spaziale di Matera, Giovanni Caserta storico e critico letterario, Franco Villani editore. Proiezione del filmato “Giuseppe Infantino ricorda Scotellaro” a cura di Gianni Maragno. Intermezzo musicale di Antonio Guastamacchia di Tricarico.
Dalla premessa di Giovanni Caserta
Nella ricorrenza dei cento anni dalla nascita di Rocco Scotellaro, non vi è chi non abbia riconosciuto che, tolti i primi dieci anni successivi all’inaspettato premio Viareggio 1954, il nome del poeta è scomparso dalle storie letterarie nazionali e dalle antologie scolastiche, mezzo il più idoneo a mantenere il ricordo di un poeta e di uno scrittore
La critica, nei confronti di Rocco Scotellaro, ha avuto due atteggiamenti diversi e, in certo qual modo, opposti. All’inizio, in tempi di neorealismo e di letteratura impegnata, molto si insisté sul messaggio politico-sociale che passava lungo i versi del poeta, esaltato e proposto come socialista, meridionalista, intellettuale organico, protagonista della lotta per la terra, promotore di iniziative sociali, che andavano dalla costruzione di strade e scuole alla costruzione di un ospedale, il terzo della regione. Non si contavano le opere di assistenza sociale, che, a favore dei bisognosi, egli aveva emanato nella veste di Sindaco. Fu il “Sindaco-poeta”, il “Poeta-contadino”, il “Poeta della libertà contadina”.[…]Più che di Scotellaro, autore di versi, si preferì parlare di Scotellaro prosatore, autore di due opere, una autobiografica, l’altra di inchiesta sociale, che però, lasciate incomplete e frammentarie, erano necessariamente inadeguate e lacunose. Si vuol dire di Contadini del Sud (1954)e dell’Uva Puttanella (1955). […]
Fu verso la fine degli anni Settanta, in altro clima politico e culturale, mentre aveva fortuna la critica rivolta alla parola, cioè la critica filologica, fu allora che cominciò la caccia agli appunti e agli inediti di Rocco Scotellaro. In tempi rapidi, si ebbe la pubblicazione di Uno si distrae al bivio (1974), Giovani soli (1984) e Margherite e rosolacci (1978); ci fu anche la riedizione di Èfatto giorno (1982), a cura di Franco Vitelli, che, in Oscar Mondadori, vi aggiungeva poesie escluse da Carlo Levi. Nel 2004 compariva il volume Tutte le poesie (1943-1953), a cura di F. Vitelli e pref. di M. Cucchi, Milano, Oscar Mondadori. Nel 2019, infine, arrivava l’edizione, in unico volume, di Tutte le opere di Scotellaro,sempre Oscar Mondadori, a cura di F. Vitelli, S. Martelli, G. Fofi, G. Appella e G. Dell’Aquila.[…]
Oggi, a cent’anni dalla nascita, si ritiene che il discorso vada ripreso daccapo, compiendo innanzitutto un’operazione antologica, quale fu quella di Carlo Levi, che, però, sia pure con l’aggiunta di alcune poesie dell’ultimo periodo 1950-53, poté operare solo su quanto allestito già da Scotellaro.[…] Quanto al nostro lavoro, siamo convinti che la funzione del critico è quella di mediatore tra autore e lettore. Ci siamo, perciò, avventurati in questa prima impresa, con commento e interpretazione dei testi raccolti da Levi nel 1954, nell’ambizione, o illusione, di restituire Scotellaro a Scotellaro e, scoperto magari il poeta, farne, insieme ad altri, un protagonista della letteratura italiana. […]Certo, non mancheranno, al nostro operato, critiche anche severe. Purtroppo, in Italia, non è senza conseguenze urtare contro i sacrari della critica letteraria. Bisogna, tuttavia, che qualcuno cominci e sbagli, augurandosi che altri, subentrati, correggano e allarghino la scelta a tutta la produzione scotellariana, particolarmente abbondante negli anni 1950-53, quando, periodo della crisi e del disamore, dopo il carcere, la poesia di Scotellaro fu motivo di autoconsolazione, a volte divertissement, ma anche espressione di rabbia e di sfogo.
Molto, in questa operazione critica, sarà espulso dal campo della vera poesia; ma non importa. Forse fu Goethe a dire che la poesia non si misura col metro ed è sempre frammentaria. Prima di lui, Callimaco aveva scritto che la poesia non si misura con la pertica persiana. Furono e sono d’accordo Leopardi, Pascoli, Croce, Montale, Baudelaire, Rimbaud, Montale, Ungaretti, Quasimodo, Luzi, Caproni, Pavese, Sinisgalli… A volte, di un intero poema si salvano, dal punto si vista poetico, solo alcuni passaggi. È da domandarsi, anzi, perché dei poeti appena citati, nelle antologie circolano, all’incirca, sempre e solo le stesse poesie. Una ragione c’è. È che quelle poesie si capiscono; la seconda ragione è che esse vanno al di là del contingente, trovando, nel fatto e nell’individuo, le istanze che sono della vita e dell’uomo di sempre. L’importante è che esse abbiano trovato il giusto “stile”, o, come avrebbero detto i classici della critica e dell’estetica di una volta, siano passate attraverso la giusta forgia della “forma formante”, o processo di “trasfigurazione”.