Se la pandemia costringe a stare molto tempo a casa e il libro diventa lo strumento migliore per continuare a viaggiare con la mente “La bellezza nella mente” di Nicola Gronchi e Liliana Dell’Osso, Felici Editore (Pisa,2021) ci fa viaggiare tra i manicomi degli anni più bui per la psichiatria.
Sono struggenti e drammatiche le immagini realizzate dal fotografo Nicola Gronchi per questo libro, documentazione visiva sull’abbandono di alcune delle più importanti strutture di ricovero dei “pazzi” del Paese. Quelli che, per più di un secolo, furono luoghi di cura e di accoglienza per i malati mentali gravi, dove spesso furono compiuti passi importanti nel progresso della terapia, versano ora in completo abbandono. Le immagini documentano e insieme suggeriscono la vita che vi è scorsa. Ci restituiscono tutto in una malinconica polisemanticità: luoghi di abbandono e di degrado, che hanno visto passare (e portano i segni di) una furia rivoluzionaria, ma che prima erano stati luoghi di cura, abitati da sofferenza e speranza. E prima ancora luoghi deputati a scopi non sanitari: conventi, ville patrizie, una reggia. Tutto fa pensare al succedersi degli eventi, ai tempi che si sovrammettono, al passato che si stratifica in narrative piene di significato.
Non soltanto un esercizio estetico atto a documentare i segni del tempo, ma anche denuncia dell’incuria volta a rivendicare le ragioni della Storia con la S maiuscola. E dunque stimolo per un lavoro di decifrazione e ricerca del senso delle cose, contributo per una Storia che sia “maestra di vita”..
A corredo delle immagini troviamo i significativi interventi della professoressa lucana Liliana dell’Osso, Direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, dello psichiatria e psicoterapeuta Primo Lorenzi e del professor Ignazio R. Marino, chirurgo e già sindaco di Roma.
Le drammatiche immagini di Gronchi illustrano al meglio lo stato di abbandono di quelli che, per più di un secolo, furono luoghi di cura e di accoglienza per i malati mentali gravi, dove spesso furono compiuti passi importanti nel progresso della terapia, versano ora in completo abbandono. Le immagini documentano e insieme suggeriscono la vita che vi è scorsa. Ci restituiscono tutto in una malinconica polisemanticità: luoghi di abbandono e di degrado, che hanno visto passare (e portano i segni di) una furia rivoluzionaria, ma che prima erano stati luoghi di cura, abitati da sofferenza e speranza. E prima ancora luoghi deputati a scopi non sanitari: conventi, ville patrizie, una reggia. Tutto fa pensare al succedersi degli eventi, ai tempi che si sovrammettono, al passato che si stratifica.