In libreria il romanzo storico “Manfredi” di Giovanni Paladini, prefazione di Nicola Montesano, edito dalla Pinacoteca e Biblioteca “Camillo D’Errico” di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza.
Manfredi, già da embrione, comunica col mondo esternando il suo desiderio di nascere a Palatium Sancti Gervasii. E Nicola Montesano riconosce Palazzo San Gervasio come luogo di nascita di Manfredi. Manfredi nacque nel 1232, dalla relazione di Federico II e Bianca Lancia.
Il giovane principe portò il cognome della madre fino a quando l’imperatore non lo legittimò sposando Bianca come sua quarta moglie. Manfredi, quindi, è un re italiano ed è figlio di un imperatore e di una imperatrice italiani.
Il legame di Manfredi con la domus di Palazzo San Gervasio è così stretto che, dopo il matrimonio con Elena d’Epiro, egli sceglie di trascorrervi la luna di miele. Manfredi, così come il padre Federico, ama organizzare battute di caccia, e, tra i suoi luoghi preferiti, ci sono i boschi del circondario di Palazzo San Gervasio.
La lunga serie di scontri con i Papi, di battaglie piccole e grandi con i feudatari e le città ribelli, di alleanze e di tradimenti, rivela le condizioni dell’epoca. I vassalli tradiscono spesso perché di volta in volta si legano al più forte, al probabile vincitore da cui ottenere benefici, privilegi e regalie. La parola data e l’onore cedono all’interesse e al potere. Manfredi, suo malgrado, deve riaffermare continuamente il suo potere regale e conquistarsi il regno ogni giorno, dimostrando di essere il più forte, in grado di concedere privilegi e benefici. La sua indole e la sua cultura lo indirizzerebbero verso altri orizzonti, ma il dovere e la responsabilità lo legano; così la pace, l’armonia e la vera vita diventano un sogno irrealizzabile. Quale contrasto fra le fatiche delle guerre e della gestione dello Stato e il riposo con la figlioletta Costanza al Palatium di Sancti Gervasii e alla Fons Bandusiae.
Manfredi, agli ideologi guelfi che con i loro sofismi cercano di giustificare il potere temporale dei Papi, contrappone la semplicità e la chiarezza del Vangelo. E ciò perché il Cristianesimo è stato una rivoluzione spirituale, non ideologica.
Lo stesso contrasto fra essere e dover essere si trova nel tema dell’amore. La realtà è quella della lunga teoria dei matrimoni combinati per questioni politiche e dinastiche. All’epoca anche nel popolo i matrimoni, per la maggior parte, trovavano motivazioni altrettanto materiali.
Non a caso l’unico vero amore del romanzo, quello fra Bianca e Federico, vive quasi fino alla fine fuori del matrimonio. Manfredi forse non ha vissuto un vero amore, e anche in questo è stato più sfortunato del padre. Però lo ha immaginato e lo ha desiderato.
In quest’opera è più importante la Vita della Storia. La vita lega gli uomini di ogni tempo e permette l’empatia tra i contemporanei e gli uomini del passato. In ogni epoca nei giardini della vita sono cresciuti, anche se rari, fiori nati dai semi del Bene. Bianca e Manfredi emozionano perché sono tra questi.
Nel libro la descrizione dei luoghi di Manfredi e di Federico passa sempre attraverso il loro sguardo, ed è tanto attraente da suscitare desiderio di conoscerli. Giampiero Quarta, nel recensire questo romanzo storico, asserisce che l’autore è stato così abile da “rendere visibile l’invisibile”.
Il libro potrebbe essere il soggetto della sceneggiatura per un film. La moltitudine dei personaggi, la ricchezza delle notizie e dei particolari, la vastità dei luoghi descritti splendidamente fino a farli vedere al lettore, l’alternarsi dei momenti di azione agli intermezzi elegiaci propri dell’animo di Manfredi orientato all’incanto e alla meditazione, le varie tematiche che emergono con decisione sono facilmente trasferibili in un film.
Il monologo post mortem di Manfredi realizza la perfetta identificazione del pensiero del personaggio con quello dell’autore. Non c’è vita e umanità senza Cristo. Il monologo spiega i versi di Dante “Orribilfuron li peccati miei/ma la bontà infinita …” È la sintesi del libro, la storia di Manfredi che ormai si è risolta apparentemente con la morte terrena nella battaglia di Benevento, e che in realtà continua con la vita in Cristo. Come ha parlato prima di nascere, Manfredi non poteva non parlare dopo la morte. Dal Cielo viene e al Cielo ritorna.
Dalla lettura del lavoro di Giovanni Paladini su re Manfredi emergono diversi livelli interpretativi, ma su tutti, quello del Tempo e della memoria è l’elemento che unisce i sette capitoli, più l’addendum, in cui è diviso il volume che consta di 176 pagine. La sintesi fra temi storici (Chiesa, Impero, Religione, Potere) e temi narrativi (l’amore, Cristo, il dramma della vita) appare così riuscita che il libro può essere ritenuto sia un romanzo storico sia una lunga elegia.