Le parole del silenzio. Un ossimoro ineccepibile dà il titolo al libro di Tommaso Giusto, presentato a Matera nella saletta riunioni della parrocchia Maria Madre della Chiesa. Con l’autore sono intervenuti l’assessore alle politiche sociali Marilena Antonicelli, la giornalista Federica Bjino, Gianleo Josca per il CSV Basilicata, il presidente della sezione Ail di Matera Antonio Stella, il Monsignor Domenico Di Candia, vicario della Diocesi di Matera-Irsina e il giornalista Carlo Abbatino, che ha regalato al pubblico presente una relazione straordinaria e ricca di spunti di riflessione sul tema particolarmente delicato che Tommaso Giusto affronta in questa pubblicazione. Ricordiamo che il ricavato della vendita del libro sarà devoluto all’Ail (associazione italiana contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma) sezione di Matera per finanziare le tante iniziative e attività promosse dall’associazione in favore della ricerca e a sostegno dei pazienti, che quotidianamente combattono la loro battaglia contro la malattia.
La fotogallery della presentazione del libro Le parole del silenzio (foto www.SassiLive.it)
Di seguito il testo della relazione del libro Le parole del silenzio a cura di Carlo Abbatino.
La presentazione del libro “Le parole del silenzio” di Tommaso Giusto mi porta a fare una considerazione della famiglia quale luogo di relazione e di incontro in cui ogni entità contribuisce alla crescita e all’accoglienza dell’altro; è anche l’ambiente ideale dove promuovere la virtualità della crescita influendo sul cambiamento dei suoi membri che costituiscono il capitale sociale, e riguarda la fiducia tra le persone, le attese di aiuto reciproco, la capacità di attivare reti, la solidarietà, la partecipazione e l’impegno della sfera pubblica, ma che non potrebbe esistere se non vi fossero mondi di vita quotidiana, come la famiglia, nella quale esso è generato”
Tutto ciò, spesso, viene meno nelle famiglie “diverse”, in quelle famiglie in cui è presente un figlio diversamente abile. Si tratta di famiglie portatrici di specifici bisogni e che richiedono interventi di sostegno. Essere genitore di un figlio con disabilità non è un ruolo che si sceglie e non si è mai preparati ad affrontare una responsabilità così faticosa e impegnativa. Psicologicamente la nascita di un figlio disabile comporta per i genitori una situazione di perdita e la famiglia, spesso, si sente sola e realmente lo è. E’ innegabile che tutto ciò porta a cambiamenti non previsti, ma questo dovrebbe tradursi in arricchimento, in risorsa per la famiglia se adeguatamente supportata dalla società. Il processo di integrazione, però, seppur con importanti conquiste (anche legislative) e approcci di notevole apertura in campo sociale ed educativo, non è ancora del tutto funzionale a una reale ed effettiva inclusione del diversamente abile, dalla scuola alla società tutta. La presenza del “diverso” non deve portare al crollo e alla chiusura, ma deve poter dare forza, energia e sollecitare una positiva consapevolezza anche nella dimensione del limite e soprattutto una nuova pratica del diritto di cittadinanza, con l’avvio di percorsi di solidarietà sociale e di corresponsabilità nelle scelte politiche. Lo scrittore Giuseppe Pontiggia scrive, in un suo libro dedicato al figlio che i disabili “nascono due volte”: la prima li vede impreparati al mondo; la seconda, quella del mondo sociale, resa più difficile dall’esito della prima, è affidata all’amore e all’intelligenza degli altri. E’ proprio così! Andare oltre il pregiudizio dell’handicap si può, ma è possibile solo educando tutti quelli che non essendo disabili, pensano in qualche modo di non essere sottoposti a nessun handicap. Inclusione significa apertura al diverso, alla diversità che è nell’altro, in ogni altro.
Ecco la recensione di Carlo Abbatino su “Le parole del Silenzio” , edito da Stampagrafica D&B Bongo di Gravina di Puglia.
Ispirato dal grande amore per la figlia Katia e per la famiglia, Tommaso Giusto con anima e cuore ha prodotto un libro carico di straordinario pathos in cui prevalgono emozioni, commozioni, sentimenti, riflessioni e meditazione ed intriso soprattutto di sofferenza che vive quotidianamente la famiglia. Una famiglia che meriterebbe all’impronta il premio Nobel della vita vissuta con grande dignità. Inoltre sarebbe auspicabile che i genitori possano ottenere il riconoscimento della legge relativo al pensionamento anticipato senza ma e senza se da parte di chi è preposto al controllo per vedere i diritti acquisiti. Il libro contiene anche poesie e mi piace citare quella di Madre Teresa di Calcutta: “L’uomo è irragionevole, /illogico /egocentrico: non importa amalo. / Se fai il bene /ti attribuiranno secondi fini egoistici:/non importa/fa’ il bene.
Attraverso questo libro Tommaso Giusto entra nella mente della figlia Katia per darle voce. Le voci del Silenzio appunto ed è la stessa che spiega il suo dramma, la sua diversabilità.
La famiglia Giusto con la moglie Rosetta, la figlia Katia, i fratelli Cristiano e Daniele, vive un film h24 per cui il libro si legge con una speditezza notevole ed alla fine il lettore viene coinvolto nello stato d’animo che prova una famiglia in cui all’interno c’è un diversabile. Le “Parole del silenzio” come dice l’autore – è un appassionante libro per dare voce a chi non ha voce. Dare risposte a chi non può fare domande. Andare incontro a chi vorrebbe tenderti la mano ma che in tanti non vedono neanche. Le parole del silenzio – continua Tommaso Giusto – è un libro denuncia di chi da oltre trent’anni si trova a dover combattere una cruenta battaglia quotidiana contro una nefasta malattia, circondata solo da tanto deserto e nel quale raramente vede spuntare un fiore!”
Katia è un diversamente Gesù e il suo libro la trova nei percorsi della fede, quali Lourdes, Medugorje, Roma, Assisi, la fede che trova nei Santi San Francesco, d’Assisi, Santa Chiara, San Giovanni Bosco. Il libro è arricchito della prefazione scritta nel 1996 da don Franco Conese, Vicario Generale della Arcidiocesi di Matera, deceduto nel 2010. “La prefazione è antecedente a questa pubblicazione- sottolinea l’autore – e poiché monsignor Conese curava tutte le prefazioni dei miei libri – l’ho tenuta da parte aspettando il momento opportuno per rendere omaggio ad un uomo gigante nella fede e nel campo della letteratura”.
Altro documento importante è quello della dottoressa Antonella Dina Favale “che stava curando la correzione di questo mio lavoro e che purtroppo è tragicamente ed immaturamente perita lo scorso anno nel crollo di vico Piave. Di Antonella pubblico un meraviglioso scritto inerente il contenuto di questo mio lavoro letterario”.
Dalla prefazione di monsignor Conese ecco cosa emerge: “Katia che ha difficoltà di parola, riesce a raccontare le sue giornate e dolcemente invita a meditare. Racconta se stessa, i suoi problemi, le sue attese frustrate, il passaggio per le varie case di cura, le sue medicine di ogni giorno i superamenti e le cadute che arrivano a causa di crisi improvvise Katia ci insegna, ci incoraggia, dona conforto a quanti avviliti, restano sommersi dal peso del dolore e dice a quanti leggeranno questo libro: “Vi prego non gettate nel cestino i crocifissi vivi, anche se sono rotti”.
Torno al titolo del libro per sottolineare che “Il silenzio è semplicemente una situazione umana in cui è possibile parlare. Noi parliamo e non siamo consapevoli ma facendo silenzio, facendo pause del silenzio le nostre parole e il nostro linguaggio rappresentano un insieme di suoni ritmato dal silenzio. Chi non è capace a fare silenzio fa rumore, non parla, non comunica, quindi ogni uomo è parola e silenzio e non solo parola. E come dice il saggista Bianchi “ci vuole grande silenzio per sentire la voce di Dio”.
Tommaso Giusto prima di dare voce alla figlia: sottolinea che attraverso questo libro Katia e non solo lei vuole gridare la sua rabbia, la rabbia di chi si trova a convivere il suo dramma quotidiano tra indifferenze, pregiudizi, solitudine. La sua unica speranza è riposta nella propria famiglia. Bisogna ammettere che le famiglie dove sono presenti figli diversamente abili il più delle volte sono abbandonate a se stesse. Solo promesse, prese in giro e… Stato, Comuni, Regioni , Associazioni continuano a latitare”. Scrive l’autore. “Siamo arrivati festeggiare il quindicesimo compleanno di mia figlia Katia. Il miracolo continua. La leucemia che l’aveva colpita all’età di quattro anni è stata sconfitta ma le sue e nostre sofferenze sono spaventosamente aumentate. Da bambina leucemica a ragazza cerebrolesa. E’ tragedia nella tragedia ed a questa si associa il lento e inesorabile tracollo finanziario”.
Da questo momento è Katia che dice “formulando i miei pensieri e le mie parole direttamente nella mente di mio padre, servendomi del suo aiuto per scrivere. Il mio handicap è stato causato dall’uomo in quanto dalla nascita ero perfettamente sana”. Katia ricorda del ricovero al Policlinico di Bari, dove per cura della leucemia i dottori per distruggere le cellule tumorali presenti nel suo midollo osseo causarono la distruzione delle cellule cerebrali “causandomi danni gravissimi ed irreversibili che mi hanno resa cerebrolesa e quasi dipendente dagli altri. Soprattutto dai miei genitori”.
Katia parla anche della sua seconda casa di Venusio, circondata da volontari in prima linea dove si respira a pieni polmoni il Vangelo. Katia intende la Parrocchia dove c’è un padre premuroso e tantissimi fratelli e sorelle ma ammette con grande amarezza che la sua Parrocchia non ha mai cercato di approfondire la reale situazione della sua famiglia “e se non ricevi aiuto e comprensione e condivisione dalla tua parrocchia da chi puoi sperare di riceverli?”. Katia ha la grande speranza di avere sempre la forza e la fede per poter accettare la volontà di Dio nella convinzione più totale. “Così facendo – sottolinea – dono a lui tutte le mie sofferenze per la conversione dei peccatori affinché nel mondo possano sempre regnare la pace, la giustizia, l’amore, la condivisione e la fratellanza”.
Una domanda si pone Katia su come sarebbe stata in un’altra vita senza disabilità e si risponde: “la mia vocazione sarebbe stata quella di volermi consacrare al Signore visto che Lui mi ha dotata di un animo buono e sensibile oltre che innata predisposizione ad aiutare e sostenere i più poveri e bisognosi”. Katia spiega: “ Riuscire a parlare del futuro per me diventa una impresa abbastanza ardua. Basta pensare al mio presente così sofferto, molto incerto e sempre colmo di rischi per poterlo immaginare completamente diverso da come mi si presenta oggi. Per il futuro solo Dio lo sa”.
Katia, comunque immagina e fa sempre lo stesso sogno, lo stesso desiderio che è quello di una grande casa per tutti noi, una casa dal nome “Dimora dell’Amore” dell’accoglienza di “creature indifese e tanto bisognose, gestita da tanti volontari tutti consacrati al nostro servizio, una casa accogliente dove possa regnare l’amore fraterno l’amicizia sincera e disinteressata, la solidarietà e la comprensione. In conclusione Katia sottolinea : “Solo l’amore può dare parole al silenzio. Solo l’amore riesce ad andare oltre ogni handicap, superare ogni barriera, ogni pregiudizio”.
Molto significativa la considerazione che katia fa riferendosi alle gioie e ai beni materiali: “Per chi ha più soldi è abbastanza agevole poter avere sempre quanto desiderato e si arriva al paradosso che più uno ha e più vorrebbe avere. Ed è evidente che la felicità, quella vera non consiste nel possedere sempre e di più ma nel sapersi accontentare e nel saper fare buon uso di quanto posseduto. Per quanto mi riguarda io riesco sempre a sorridere comunque alla vita sia quando sono nella gioia sia quando il dolore mi assale con le sue ombre e le sue fobie. Per quanto riguarda l’amicizia dice: “Una cosa so con certezza, di poter contare su di un vero amico: Gesù, il mio tutto, la mia immensa ed autentica fonte di gioia e di consolazione!
Katia circa la speranza dice: “ Se io continuo ad essere quella che sono, una diversamente Gesù, ho la certezza di andare in Paradiso al termine della mia vita proprio perché non conosco il peccato e di conseguenza non sono nemmeno sfiorata dall’impurità, dai vizi o dall’essere egoista, invidiosa, avara. La mia speranza è di avere sempre la forza e la fede per poter accettare la volontà di Dio e così facendo dono a lui tutte le mie sofferenze per la conversione dei peccatori, affinché nel mondo possano sempre regnare la pace, la giustizia, l’amore e la fratellanza. Spero che per noi “diversamente Gesù” tutto possa cambiare in meglio così da non dover più essere sempre migranti per venire curati e non subire più l’umiliazione di essere evitati dai più oppure essere osservati con snervante insistenza e mai presi in seria considerazione. Spero che questa umanità, il più delle volte indifferente ed egoista, possa trovare quanto prima sia la forza sia la volontà di invertire la rotta prima che sia troppo tardi!”.
La mia relazione finisce qui e voglio sottolineare la forza altamente sociale che questo libro contiene. Lo considero un grande lavoro che mette in risalto la problematica della diversabilità. Ho tratto dalle parole del silenzio di Katia l’essenzialità per concentrarle in questo documento. E voglio altresì sottolineare la nobiltà d’animo e di pensiero dell’autore Tommaso Giusto che donerà all’Ail il ricavato dalle vendite di questo libro.
A Katia
Anche se rivederti
Sarà difficile,
mi ricorderò sempre di te,
e ti porterò sempre nel mio cuore.
Grazie per l’anno così bello,
da non dimenticare mai.
Tu sei come una stellina
che brilla nel nostro cuore.
Ogni volta che mi affaccerò
Dala mia finestra,
e vedrò nel cielo brillare una stella,
mi ricorderò di te, così bella!
Il mare è limpido,
così come i tuoi occhi,
ed io ti auguro
un mare di felicità!
Ciao! Annalisa
(tua compagna della scuola media)