L’ingegnere con la passione per il teatro Felice Lafranceschina è tornato con piacere nella sua terra per presentare il volume “Ciarlatani di sempre”. Ferrandinese di nascita, dopo aver conseguito la laurea a Bari l’ingegnere Felice Lafranceschina lascia la Basilicata negli anni ottanta per trasferirsi a Torino. Una scelta sofferta ma inevitabile considerato l’alto tasso di disoccupazione che fa registrare ancora oggi il nostro territorio. A favorire il ritorno di Lanfranceschina nel materano è il volume “Ciarlatani di sempre”, ultima produzione letteraria di un professionista diventato anche socio del Circolo Lucano “Giustino Fortunato” e direttore da vent’anni dello Skander Teatro, una compagnia di teatro amatoriale che si ispira in particolare a De Filippo, Scarpetta e Pirandello. E’ La propensione di Felice Lanfranceschina a rilevare i fatti in modo teatrale a determinare la scelta di dedicare un libro ai ciarlatani. A confessarlo è l’autore durante l’incontro dell’Unitep nella sala consiliare della Provincia di Matera. Dopo l’introduzione del presidente dell’Università della terza età di Matera Angelantonio Pellecchia e le testimonianze storiche dei professori Emanuele Giuliani e Giovanni Caserta è stato l’autore a raccontare la genesi del volume.
“Una delle commedie – spiega Lafranceschina – tra le più rappresentate dalla nostra compagnia teatrale è Sik, Sik l’artefice magico. Edoardo in un viaggio da Napoli a Roma rimase colpito da questo personaggio e volle fissare sulla carta di un panino con la frittata le sue prime impressioni. E’ lo spirito di osservazione è stato fondamentale per fissare anche sulla carta quei ricordi legati ai ciarlatani che hanno segnato le tappe della mia esperienza giovanile. Io sono nato a Ferrandina, in una casa dall’impianto napoletano, con grandi camere fredde e ampie finestre con profondi davanzali. Sovente mi sistemavo sul davanzale per guardare l’animazione della strada. La mia casa dava su via Cassola, dove c’è sempre qualcosa da vedere: da qui passava Giovanni, il banditore, che annunciava l’arrivo del banco del pesce o dello scialapopolo. Sotto casa si fermavano i cosiddetti “guitti”, che oggi chiameremmo attori di strada: loro vendevano oggetti di vetro o cioccolata di Torino. Ma anche a Matera mi sono fermato davanti al banco di Hameluk (già citato in apertura dal professore materano Emanuele Giuliani – ndr). Hameluk era un signore paffuto con baffetti filiformi e fez viola che vendeva le caramelle contro la tosse, confettini alla menta e diverse pomate. Terminati gli studi universitari mi sono trasferito a Torino e qui ho scoperto che c’è il più grande mercato d’Europa, Porta Palazzo, frequentato in particolare da tantissimi emigrati. A favorire questa pubblicazione è stato il gentile omaggio che ho ricevuto da Roberto Leydi, il grande musicologo della tradizione popolare. Leydi mi regalò una bella autobiografia scritta da un grande ciarlatano della fine dell’ottocento. Tutte queste circostanze mi hanno convinto a racchiudere in un libro le storie di questi personaggi, a partire dal cinquecento sino ai giorni nostri. E se un tempo i ciarlatani dominavano le piazze oggi è la tv a favorire le loro attività, favorite certamente da un certo signor “bandana”, che ovviamente rappresenta un nome di fantasia facilmente riconducibile al nostro Presidente del consiglio”.
Particolarmente interessante il contributo legato alla figura del ciarlatano emerso dalla relazione del professor Giovanni Caserta, che spiega l’etimologia del termine secondo le indicazioni fornite dal vocabolario della Crusca. Ciarlatano è una parola che deriva dalla combinazione di due termini: cerretano, da Cerreto umbro e ciarla, chiacchiera. Secondo quanto viene riportato dal Boccaccio a Cerreto era fiorente il ceto dei venditori ambulanti e a pochi chilometri da Cerreto si trova il monastero di San Benedetto da Norcia, nel quale venivano preparati estratti da utiilzzare come medicine. Secondo Voltaire i ciarlatani sono sempre esistiti e hanno fatto sempre leva sulla gente bisognosa. Alla figura dei ciarlatani sono legati i raggiri, la riffa, il gioco del lotto, il gratta e vinci, le superstizioni e le credenze popolari. Caserta ha inoltre raccontato alcuni aneddoti che confermano il legame tra la cultura della salute e l’azione svolta dai ciarlatani dell’epoca. Anche a Matera quando si cercava di allontanare lo stress si andava dal farmacista Guerricchio a chiedere un bicchiere di “giacinto allegro”. Questa bevanda in realtà era un mix di anice e acqua ma i consumatori attribuivano al “giacinto allegro” una sorta di effetto placebo. Non va dimenticato inoltre che la cultura della salute era sempre legata ai Santi: c’era il santo della gola, San Biagio, il santo degli occhi, Santa Lucia e sono stati creati i protettori dei mestieri. La superstizione ha contribuito naturalmente alla moltiplicazione di figure legate alla credenza popolare e il libro ripercorre proprio la storia di questi personaggi che dominavano le piazze già nel sedicesimo secolo. Per avere un’idea della figura del ciarlatano basta pensare alla vecchia tela di Bernardino Mei: il vecchio ciarlatano è seduto sopra un palco di legno circondato da boccette e ampolle di vetro contenenti pozioni dalle improbabili virtù terapeutiche. I ciarlatani si trovano natrualmente anche a Roma in piazza Navona, a Venezia nel campo San Polo o a Parigi sul Pont-Neuf. Proprio qui nella capitale francese arriva Leonardo Fioravanti che stupisce tutti con un’affermazione destinata a far discutere l’opinione pubblica: “In giro si vedono tanti medici ciarlatani e tanti ciarlatani che si spacciano per medici che ricorrono ai consigli del bolognese”. Un’affermazione che affascinerà anche Molière a tal punto da ispirare le sue celebri commedie, in cui spesso attaccherà i ciarlatani e la falsa medicina”. Ciarlatani di sempre naturlamente si occupa anche di quei personaggi che hanno difeso la professione del saltimbanco, come per esempio Vitali. Il viaggio di Felice Lafranceschina si conclude con una domanda. Ma chi è davvero il ciarlatano? E’ uno che vuole cambiare il mondo, perdendo di vista il rapporto con la realtà. Ma è chiaro che rispetto al passato il termine ciarlatano spesso viene attribuito ad un parolaio, ad una persona che vende fumo, ad un politico che non mantiene le promesse. Inevitabili, da parte di Caserta e Lafranceschina, i riferimenti al mister “bandana”. E se il lavoro di Felice Lafranceschina è confortato da testimonianze storiche e dati certi il “bandana” potrebbe meritare il titolo di ciarlatano del terzo millennio.
Michele Capolupo
La fotogallery sulla presentazione del volume di Felice Lafranceschina
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