Si è tenuta oggi a Matera la conferenza stampa di chiusura dell'edizione 2008 delle Grandi Mostre nei Sassi, dedicata all'Antologica di Ibram Lassaw. Alla presenza della figlia dell'artista americano, Denise, e di Raffaello De Ruggieri, presidente della Fondazione Zétema, il presidente del Circolo La Scaletta, Nicola Rizzi, ha tracciato il positivo bilancio dell'iniziativa che avrà un seguito il prossimo anno negli Stati Uniti, ad East Hampton; la notizia è stata data direttamente da Ellen Russotto che ha curato la mostra appena conclusa, insieme a Giuseppe Appella. I visitatori dell'esposizione materana, aperta dal 14 giugno scorso ad oggi, sono stati in tutto oltre 10 mila, di cui il 20% proveniente dall'estero; tra gli italiani, il 45% proveniva dal Nord, il 25% dal Centro ed il resto da Sud ed Isole. All'evento culturale la stampa nazionale ed estera ha dedicato più di 120 articoli, oltre a numerosi servizi televisivi e radiofonici. Al termine della conferenza, il presidente del Circolo ha annunciato che la prossima edizione delle Grandi Mostre sarà dedicata a Dino Basaldella, in occasione del centenario della nascita.
L'antologica verrà inaugurata il 13 giugno e rimarrà aperta fino al 3 ottobre 2009. Come di consueto, verrà ospitata nelle Chiese rupestri Madonna delle Virtù – S. Nicola dei Greci (grandi sculture) e nel Musma. Museo della Scultura Contemporanea (piccole sculture, gioielli, disegni).
La mostra, a cura di Giuseppe Appella che si avvarrà della collaborazione di un gruppo di giovani storici dell'arte tesi ad indagare i primi anni di Dino e gli stretti rapporti con i fratelli, dopo la fondamentale retrospettiva di Mirko e quella che il MUSMA si prepara a organizzare, tra il 26 aprile e il 12 giugno 2009, per Afro, vuole chiarire, una volta per tutte, il destino individuale – e il relativo peso espressivo – del maggiore dei Basaldella, pur nella certezza di una comune matrice.
L'esposizione comprenderà 80 sculture, 50 disegni e 25 gioielli datati 1928-1975, provenienti da Musei e collezionisti privati, oltre a un ricco apparato di immagini e documenti, spesso inediti, raccolti nella mostra biobibliografica abitualmente tenuta nella Biblioteca Scheiwiller annessa al MUSMA.
Evidente, in Dino, fin dalle prime sculture (Ritratto di Sandro Filipponi), il desiderio di rottura con l'accademismo e una sottile vena romantica che mentre lo sollecita a respingere la forma lo incita verso effetti cromatici. Ciò è possibile anche per la evidente maestria artigiana, coltivata con lo zio orefice, e una non comune capacità di lavoro che lo porta a sculture come lo Squalo, realizzato in legno ed esposto alla Biennale di Venezia del 1936. Frutto di una sentita meditazione, dopo l'adesione al post-cubismo, è il trapasso verso forme più consone al tempo, realizzate con tronconi di ferro desunti dai rifiuti delle officine industriali e connessi ad altri elementi tranciati con energia e definiti in una forma tanto nuova da distaccarlo immediatamente da tutti i riferimenti identificabili: Picasso, Gonzales, David Smith, Colla. L'unico punto di riferimento è non il surrealismo o il dadaismo ma il collage dei cubisti, capace di dare al brandello di macchina e allo spezzone di ferro una nuova verginità, tale da proporre senza soste un inedito repertorio di forme aggressive, aperte alla fantasia dell'invenzione, la sola capace di rendere plastica la materia bruta. Con fantasia, dunque, Dino realizza opere (Il quadrante dell'omega e Orecchio di Dioniso del 1963, El Partidor del 1964) che, sfruttando ogni possibilità della materia usurata, raggiungono una dialettica espressiva e una suggestione del tutto arcana ed emblematica.
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Primogenito di Leo Basaldella, pittore decoratore, morto per causa di guerra nel 1918, Dino nasce a Udine il 26 aprile 1909. Insieme ai fratelli Mirko (Udine 1910-Boston 1969) e Afro (Udine 1912-Walenstadt 1976) entra nell'Istituto Evangelico Professionale di Venezia dove frequenta la Scuola Media e il Liceo Artistico che continua per un breve periodo a Firenze. Si diplomerà, infine, a Venezia. Il suo esordio è del 1928, a Udine, con la "Scuola Friulana d'Avanguardia", insieme a Angilotto Modotto e Alessandro Filippini. Dal 1930 al 1935, a più riprese, soggiorna a Roma, mentre partecipa a varie sindacali (Udine 1931, Trieste 1932, Pola, Trieste e Firenze 1933, Trieste 1934). Le prime influenze di Medardo Rosso sono sostituite dal vivo interesse per Arturo Martini presso il cui studio lavora Mirko.
Inizia l'insegnamento nel 1933, nelle scuole tecniche di Trieste, quindi passa a Muggia e tra il 1936 e il 1942 a Gemona del Friuli per il cui Duomo realizza due pannelli lignei.
Nel 1935 è presente alla II Quadriennale di Roma con il Pescatore di anguille e nel 1936 alla Biennale di Venezia e alla Sindacale di Udine con Lo squalo. Ritornerà a Roma per la Quadriennale del 1939 e per la Sindacale del Lazio del 1942. I vivi interessi neo-naturalistici sono approdati a un modellato di ascendenza impressionista e alle luminosità care alla Scuola Romana. Intanto, la produzione orafa si è affiancata a quella scultorea vera e propria.
Dal 1942 al 1947 insegna al Liceo Artistico e all'Accademia di Belle Arti di Venezia, dal 1948 al 1958 all'Istituto d'Arte di Gorizia, dal 1959 al 1969 a quello di Udine e, infine, dal 1970 al 1975 all'Accademia di Brera a Milano.
Nel 1944 tiene la sua prima personale a Udine. Qui, nel 1947, vince il primo premio per la scultura alla Mostra Triveneta del Ritratto. Agli inizi degli anni Cinquanta si accosta all'esperienza post-cubista e, mentre interviene con bassorilievi polimaterici nella sede della Cassa di Risparmio di Latisana, nell'Istituto Tecnico "J. Barozzi" di Modena, nel Municipio di Treppo Carnico, partecipa alla X Triennale di Milano (1954) e al Concorso Internazionale del Bronzetto (1959, 1963, 1971, 1973, 1975). Intanto, scopre il ferro quale personale strumento espressivo e, dopo la sua prima personale a Roma (Galleria La Tartaruga, 1960), nel 1961 si presenta negli USA in varie mostre: al Princeton University Art Museum e al Carnegie Institute di Pittsburgh, oltre che nella personale alla Viviano Gallery di New York.
Le mostre, dopo la grande sala alla Biennale di Venezia del 1964, si susseguono senza sosta, tra Ravne (SLO), nel cui Simposio Forma Viva realizza il monumento Orecchio a Ravne collocata sulla collina circostante, e la IX Quadriennale di Roma (1965) dove ritornerà nel 1972-1973, con cinque opere, tra Basilea e Klagenfurt, Fiume e Anversa, Murska Sabota e Trieste, Bologna e Cortina d'Ampezzo. Tra una esposizione e l'altra, realizza la scultura per il Monumento alla Resistenza di Udine, progettato da Gino Valle e Federico Marconi, l'opera in marmo per la sede INPS di Roma, la cancellata in ferro a Romans d'Isonzo, il pannello per la Banca Nazionale del Lavoro di Milano, la scultura per la Scuola Elementare Manzoni di Cividale del Friuli e quella, alta sei metri, per l'Istituto Kennedy di Pordenone. Muore a Udine il 7 gennaio 1977.
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La mostra, come è ormai consuetudine, sarà allestita dall'arch. Alberto Zanmatti e sarà accompagnata da un catalogo realizzato dalle Edizioni della Cometa che, oltre ai testi del curatore e dei collaboratori scelti per l'occasione, conterrà, per la prima volta, un capitolo completo dedicato a "Vita, opera e fortuna critica".