Domenica 27 gennaio alle ore 19,00 presso Palazzo Viceconte a Matera è in programma il consueto appuntamento con la musica della serie Lucania Musicale, rassegna al terzo anno di vita che inaugura la serie di eventi per il 2018. Frutto della collaborazione tra il Maestro Pietro Andrisani, Palazzo Viceconte cultura, con la partecipazione della Camerata delle Arti.
Obiettivo porre in risalto il grande patrimonio musicale che lungo i secoli ha accompagnato le vicende liete o drammatiche della nostra regione.
Il fenomeno migratorio che in particolare tra la fine dell’Ottocento e la metà del secolo successivo, portò via dalla Basilicata una fetta consistente di popolazione; verrà commentato attraverso brani e canzoni che faranno rivivere le atmosfere, colme di disperazione ma attraversate dalla speranza, disseminate di risentimento e di nostalgia, ma con la voglia di riscatto da parte dei tanti nostri emigranti.
Ideatore e animatore di questo, come degli eventi che si sono susseguiti nella apprezzata rassegna Lucania Musicale è il Maestro Pietro Andrisani che in prima assoluta ci propone questo concerto dedicato a quanti son dovuti partire alla ricerca di una vita migliore.
Come accadde per Teresa, probabilmente partita da uno dei paesini del Lagonegrese per la Merica (come si diceva allora). Suo padre trovò lavoro in Michigan, sull’altra sponda del Lago Ontario di fronte al Canada, nel territorio che fu dei Pellerossa: la penisola di Keewenaw e la cittadina di Calumet. La paga era bassissima ed il lavoro spossante e pericoloso, i crolli erano all’ordine del giorno, con conseguenti morti di minatori. Almeno dieci ore di miniera per meno di un dollaro al giorno. Così gli italiani decretarono lo sciopero. I padroni temevano la direzione dello sciopero da parte degli italiani, (sindacalizzati e capaci di aggregare gli emigrati delle altre nazionalità) e quindi non accettarono di confrontarsi con loro. Dopo lunghi giorni di sciopero, al fine di tenere uniti gli scioperanti, venne organizzata una festa nella casa di mutua assistenza italiana. Nel grande salone erano presenti centinaia di persone che ballavano grazie ad un’orchestrina arrangiata dagli stessi minatori; all’improvviso si udì un grido d’allarme “C’è un incendio! Tutti fuori!”. La luce si spense e la folla presa dal panico si precipitò lungo le scale e poi per il corridoio lungo e stretto. Ma la porta era stata sbarrata dall’esterno e quando finalmente venne sfondata, dall’altra parte vi erano gli scagnozzi del padrone che ridevano divertiti del loro scherzo criminale. Nessun incendio era scoppiato! In quel corridoio, però, trovarono la morte 73 persone delle quali 71 bambini, Teresa era tra questi, aveva appena 7 anni, nel lontano 1913.
Si trattò di un crimine vergognoso, un misfatto inconfessabile per il Governo del Michigan prima e degli Stati Uniti d’America poi. Per prima cosa vennero cucite le bocche ai minatori ai quali venne offerto un nuovo lavoro a Detroit la capitale del Michigan, nelle fabbriche di autovetture e non si badò nemmeno alla paga che venne portata a 5 dollari e venne ridotta persino la durata della giornata lavorativa ad 8 ore. A distanza di un secolo la gloriosa FIAT (Fabbrica Italiana Autovetture Torino) è diventata l’americana FCA di Detroit.
Questa terribile vicenda è pervenuta fino a noi, grazie a Woody Guthrie e alla sua chitarra che nella ballata dal titolo “Il corridoio del 1913”, ha denunciato l’altra faccia dell’America, una ballata, quella di Woody Guthrie, in seguito ripresa da Bob Dylan e Springsteen.
Presenterà la serata Gianni Maragno che ha realizzato le ricerche storiche sulle vicende dei minatori di Keweenaw ed insieme al Prof. Emanuele Giordano, ha redatto il testo della Ballata della FIAT che verrà eseguita nel corso del concerto, dove la chitarra di Woody Guthrie cederà idealmente la scena al pianoforte del Maestro Piero Cassano e la denuncia del cantautore americano si materializzerà attraverso le voci di:
Ilaria Cuscianna, soprano
Lucia Motola, mezzosoprano
Francesco Zingariello, tenore
Non soltanto musica in Lucania musicale, ma una riflessione sul carico di sacrifici e violenze “spesso ignorate dai più” in danno dei nostri connazionali emigrati.